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Una lunga malattia se l’è portato via a 71 anni, il 6 aprile 2020. E’ morto Radomir Antic, ex calciatore ed allenatore serbo che in Spagna aveva trovato una seconda patria diventando uno dei pochi tecnici chiamato a sedersi, tra le altre squadre della Liga, sulle panchine di Madrid, Atletico e Barcellona. È stato l’Atletico Madrid a dare la notizia, il club al quale Antic era più legato e dove aveva ottenuto il suo più grande trionfo: il “doblete” del 1996.

 

Antic faceva il difensore e aveva iniziato nello Sloboda di Uzice, passando poi al Partizan di Belgrado col quale aveva vinto il campionato jugoslavo nel 1976. Poche presenze in nazionale e la partenza per l’estero: un anno al Fenerbahce, dove vinse il titolo turco, poi il Saragozza e il Luton Town.

Smesso di giocare nel 1984 Antic era tornato a casa e già nell’85 aveva preso in mano il Partizan, vincendo due campionati nei primi due anni. Chiamato dal Saragozza nel 1988 era tornato in Spagna, dov’è rimasto ininterrottamente per quasi 20 anni. Dopo aver portato il Saragozza in Uefa nel 1990 aveva sostituito Di Stefano sulla panchina del Madrid, facendolo rimontare fino alla terza posizione. Nella stagione seguente, 91-91, fu licenziato alla fine del girone d’andata col Madrid in testa alla Liga.

From Antic to Valverde, dismissals of leaders in the big - archyde

Dopo un brillante triennio all’Oviedo Antic fu richiamato a Madrid, ma da Jesus Gil. E nel 95-96, alla prima stagione, portò il doblete al Calderon, con Simeone come giocatore, entrando per sempre nella hall of fame colchonera. Rimase li fino al 1988 ma fu chiamato poi altre due volte negli anni seguenti per salvare il club. Ci riuscì nel 1999 ma non nel 2000, quando l’Atletico, che aveva iniziato la stagione con Claudio Ranieri ed era stato poi travolto dai guai giudiziari di Jesus Gil, retrocesse in Segunda.

Maglia Ufficiale Simeone Atletico Madrid, 1995/96 - Autografata ...

Dopo un altro passaggio da Oviedo arrivò la chiamata del Barcellona, per sostituire a metà stagione Luis van Gaal coi catalani a 3 punti dalla retrocessione. Antic fece bene ma alla fine della stagione, 2003, ci furono le elezioni: vinse Joan Laporta che aveva altre idee. Da lì Antic ando al Celta e nel 2008 fu chiamato a dirigere la nazionale serba, che portò bene al Mondiale sudafricano dove però fu eliminato nel girone. Da li un paio di esperienze in Cina, l’ultima nel 2015.

El mundo del fútbol despide a Radomir Antic, el único en entrenar ...

Sedici e ventuno. Il primo è un numero molto caro dalle parti dello stadio Ramón Sánchez Pizjuán; il secondo per i tifosi che abitualmente affollano il Cornellà-El Prat. Il 16 era il numero di maglia di Antonio Puerta, un talento in rampa di lancio, nato e cresciuto nel Siviglia. E del Siviglia voleva diventare bandiera tanto che nell’estate del 2007, il Real Madrid aveva provato più volte a ingaggiarlo, ma senza riuscirci.

L’ultimo tentativo qualche giorno prima del 25 agosto, giorno di Siviglia-Getafe. Puerta perde conoscenza in campo  colpito da un arresto cardiaco. I suoi compagni e i medici intervengono immediatamente e Puerta riesce a dirigersi verso gli spogliatoi per il cambio, ma lì viene colpito da altri arresti cardiaci. Condotto all’ospedale più vicino da un’ambulanza, è sottoposto a rianimazione cardiopolmonare. Le sue condizioni rimangono critiche e alla fine, a causa di un peggioramento dovuto a un’encefalopatia post anossica, Puerta muore il 28 agosto, all’età di 22 anni.

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Un momento orribile per il calcio spagnolo che ripiomba nel dolore due anni dopo, ancora in estate, nuovamente ad agosto per la morte di Daniel Jarque, bandiera dell’Espanyol con il suo numero 16 in spalla. Una vita a difendere i colori dell’altra squadra di Barcellona, dalla cantera fino alla prima squadra. E poco prima del suo decesso aveva ricevuto la fascia di capitano da Raúl Tamudo, altra bandiera. L’8 agosto 2009 viene trovato morto nel ritiro della sua squadra a Coverciano e le cause del decesso sarebbero ascrivibili ad una asistolia, occorsa mentre era al telefono con la fidanzata.

L’11 luglio 2010, in occasione della finale del campionato mondiale di calcio tra Spagna e Olanda, Andrés Iniesta, autore della rete decisiva per la vittoria spagnola, ha dedicato la segnatura a Jarque mostrando una maglietta in suo ricordo.

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Ma il loro ricordo corre fino ai giorni nostri. Puerta e Jarque sono stati ricordati domenica 18 agosto durante lo scontro tra Espanyol e Siviglia. Il match di Liga lo ha vinto la squadra andalusa per 2-0, ma la partita si è interrotta proprio al minuto 16 e 21 secondi: mentre sullo schermo scorrevano le immagini dei due calciatori, in campo e sugli spalti tutti si sono fermati per applaudirli. Tante lacrime e un forte e costante scroscio di mani.

 

Un sorriso e un potere in più per i bambini che si curano in ospedale e che si trovano a sfidare partite molto difficili.

Sentirsi forti come i campioni Messi, Griezmann o Sergio Ramos può aiutarli ad affrontare le battaglie con più convinzione.

Maglie di calcio che diventano camici ospedalieri. È un’idea semplice ma profondamente innovativa quella studiata dal mensile spagnolo Panenka, il quale ha lanciato il sito lasbatasmasfuertes.com in cui è presente un videoracconto della quotidianità nei reparti infantili degli ospedali. Ecco nonostante le difficoltà il potere che riesce a trasmettere un camice della propria squadra del cuore è tanto e può dare una spinta in più piccoli pazienti.

La vita in ospedale è difficile ed è per questo che tale progetto può aiutare i bambini e le loro famiglie a combattere con più determinazione i vari problemi, attraverso i fuoriclasse come Suarez, Isco ecc.

La voglia è quella di far abbracciare questa novità a quanti più centri sanitari e ospedalieri possibili, non solo in terra iberica. In effetti, per chi volesse sposare questo progetto potrebbe richiedere informazioni all’indirizzo mail: lasbatasmasfuertes@panenka.org

I sarti all’opera per trasformare le maglie in camici
La 10 di Lionel Messi
Anche per i piccoli tifosi Colchoneros

Un Clasico è sempre una partita a sé, specie per l’atmosfera al Bernabeu e perché c’è un nuovo remake dopo il 3-0 di qualche giorno fa in Coppa del Re con conseguente eliminazione del Real Madrid dalla coppa nazionale spagnola.

In questa partita speciale la Nike, storico sponsor tecnico del Barcellona, ha voluto festeggiare i vent’anni di partnership con i catalani realizzando una maglia speciale che ci fa fare un tuffo nel passato al 1999, anno in cui le due aziende hanno cominciato a lavorare insieme.

Barcelona are set to wear a 1990s-inspired retro shirt in Saturday night's La Liga Clasico 
La maglia di questa sera

Era un altro Barcellona, con altri campioni ma sempre con la stessa tradizione e con i caldi tifosi. Tra le fila degli azulgrana erano presenti tra gli altri: il fuoriclasse brasiliano Rivaldo, l’ex tecnico e attuale ct spagnolo Luis Enrique e il portoghese Luis Figo (allora capitano, prima del “tradimento” con il passaggio ai nemici dei Blancos).

Barcelona wore the simple, sponsorless shirt during their first season with Nike in 1998-1999. The team is (back row, left to right), Sonny Anderson, Rivaldo, Giovanni, Luis Enrique, Abelardo Fernandez, Ruud Hesp; (front row, left to right), Phillip Cocu, Samuel Okunowo, Xavi, Michael Reiziger, Luis Figo.
Barcellona stagione 1998/99. Da sinistra verso destro: Sonny Anderson, Rivaldo, Giovanni, Luis Enrique, Abelardo Fernandez, Ruud Hesp; Phillip Cocu, Samuel Okunowo, Xavi, Michael Reiziger, Luis Figo

Ora ci sono tanti altri grandissimi calciatori guidati da forse il più grande, come Leo Messi. Una curiosità: tra gli undici titolari del 1999 c’era un giovane Xavi che poi è diventato bandiera e simbolo del Barça pigliatutto dell’era Guardiola e della nazionale delle Furie Rosse della Spagna.

Tornando al legame Nike – Blaugrana, lo sponsor tecnico ha voluto dare un forte segnale di questa grande alleanza e per il match di stasera la formazione di mister Valverde indosserà una maglia che rievoca la prima realizzata per il club catalano.

E anche gli spagnoli si sono stancati!

Non piace proprio a tutti il campionato “spezzatino” e, dopo la Germania, anche la Liga ha deciso di dire stop  al Monday Night.

Le proteste dei tifosi hanno fatto sì che le partite del lunedì sera saranno abolite, così da accontentare il pubblico sugli spalti e remare un po’ contro le pay tv.

In effetti non piace proprio a tutti questo calendario che da anni lascia un po’ vago l’appassionato, il quale ha perso la routine della partita domenicale.
È così la federcalcio spagnola ha deciso di accodarsi a quella tedesca e ha preso questa drastica decisione. In realtà sotto esame c’è anche la partita del venerdì sulla quale, però, non è stata data nessuna conferma d’abolizione.

L’annuncio è stato dato direttamente dal presidente della federazione spagnolo, Luis Rubiales

A partire dalla prossima stagione, la Liga si giocherà al sabato e alla domenica. Vediamo cosa fare per i venerdì, se si arriva a un accordo che va bene per tutti. Gli affari sono importanti ma contano più i tifosi.

Come detto la Liga segue la Bundesliga.

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La protesta dei supporters dell’Eintracht Francoforte di qualche mese fa

Le continue lamentele dei tedeschi hanno “costretto” qualche mese fa la federazione calcistica della Germania a cancellare l’appuntamento del lunedì sera. E così è stato anche per gli iberici.

Una tradizione che, a quanto pare, non piace a tutti. Sono stati gli inglesi i primi a lanciare il match del Monday Night nel lontano 17 agosto 1992. La partita è stata Manchester City – Queens Park Rangers, giocatasi al Maine Road e terminata 1-1.

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I tifosi dello United of Manchester che hanno espresso lo scarso feeling con il lunedì

Sebbene abbia ancora successo ci sono anche molti tifosi d’oltremanica che si sono stufati della partita del lunedì. Tuttavia difficilmente per ora la federazione inglese cambierà idea.

Stessa situazione vale per l’Italia. In tanti si sono ribellati per questo continuo caos legato alle partite che, tra l’altro, ha suscitato non pochi problemi anche alla società della Lazio. I biancocelesti, infatti, sono stati costretti a saltare il match casalingo contro l’Udinese e, a causa del fitto calendario, tuttora non si sa quando sarà recuperata.
Comunque sia, nonostante non si è soddisfatti dell’esito dello “spezzatino” calcistico, al momento Lega e Figc vanno a braccetto: ci sono in ballo molti milioni di euro.

Forse dalla Spagna arriva un proposta interessante anche per il calcio italiano: una Supercoppa a quattro squadre, una rivoluzione che la Federcalcio spagnola ha annunciato a partire già dall’estate 2019. A contendersi quello che è solitamente il primo trofeo dell’anno (in Italia, negli ultimi anni si sta giocando nel periodo natalizio) giocheranno le prime due della Liga e le due finaliste della Coppa del Re.

Luis Rubiales, presidente della Federcalcio spagnola, ha annunciato il cambio di format del torneo istituito nel 1982, che mette di fronte la squadra vincitrice della Liga e quella che ha trionfato nella Copa del Rey. Fino al 2018, la competizione si è giocata in doppio confronto con match di ritorno in casa della società campione nazionale. A partire dalla prossima estate, la manifestazione sarà giocata da quattro squadre, ad eliminazione diretta.

 

I tre match, le due semifinali e la finale, (non è prevista la “finalina”, la sfida per il terzo posto) si giocherebbero tutti in una città straniera, nella settimana precedente all’inizio del nuovo campionato. Secondo Rubiales, la Supercoppa diventerà «una festa del calcio e genererà sempre maggiore attenzione» perché il nuovo format ha l’esigenza di espandere ulteriormente il brand del calcio spagnolo. Con tanto di tifoseria che storce il naso per ovvie questioni di costi e di distanze.

Del resto già la recente Supercoppa si è giocata a Tangeri, in Algeria, dove il Barcellona si è imposto per 2-1 sul Siviglia, ottenendo quindi il 13° trofeo, oltre 10 finali perse, un record assoluto in Spagna. Dal 2018, inoltre, si decise che il trofeo sarebbe stato assegnato in gara unica, in modo da poterla disputare all’estero, come accade anche in Italia, ma il regolamento della Supercoppa è cambiato nel corso degli anni.

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Nato nel 1982, prevedeva andata e ritorno, oltre all’assegnazione automatica in caso di double Liga e Coppa del Re come successo al Bilbao nel 1984 e al Real nel 1989. Negli anni ’90 quest’ultima parte venne eliminata: in caso di double (situazione che si verificò in 6 stagioni, compresa l’ultima), avrebbe giocato la finalista perdente di Coppa del Re.

In un calcio in cui si corre di più, si gioca di più, si spende di più e dove l’attaccamento alla maglia è sempre più un miraggio ci sono ancora quei calciatori “veterani” o forse “anzianotti” che riescono ancora a tener testa nonostante l’età.

Se per il calcio italiano Francesco Totti e Gigi Buffon sicuramente rappresentano gli ultimi calciatori a smettere ben oltre i 40 anni e a livelli altissimi, anche negli altri maggiori campionati europei ci sono “vecchietti” che si fanno ancora notare.

L’ultimo in ordine cronologico è stato il peruviano Claudio Pizzarro in Bundesliga. Il sudamericano infatti ha segnato il nuovo record di goleador più longevo nella massima seria tedesca.

 

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Es algo muy especial y me siento muy orgullloso!! Muchas Gracias a todos por las felicitaciones y por el apoyo!!!

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Nel match giocato a Berlino contro l’Hertha, all’età di 40 anni e 136 giorni, Pizarro direttamente da calcio di punizione ha insaccato la rete che è valso il pareggio per il Werder Brema al 96esimo minuto. Un gol che però ha segnato la storia della Bundes e che piazza il peruviano tra i marcatori più anziani del campionato. E questo record lo realizza chi di gol in Germania né ha segnati bizzeffe durante la lunga carriera da professionista, oltre ad aver vinto tutto durante le stagioni al Bayern Monaco e la Coppa di Germania col Werder nel 2009.

SERIE A: BILLY COSTACURTA O SVEND HANSEN?

Su tanti dati statistici è Alessandro Costacurta l’anziano ad aver segnato una rete in Serie A. L’ex difensore del Milan il 19 maggio 2007 a 41 anni e 25 giorni al 57 minuto di gioco segna da calcio di rigore il momentaneo 2-2 contro l’Udinese, in quello che è stato l’ultimo match della sua carriera davanti al pubblico di San Siro.

Tuttavia se facciamo un tuffo agli anni ’50, precisamente nella stagione 1950/51, il centrocampista danese dell’Atalanta, Svend Hansen, il 29 aprile 1951 segna la rete del momentaneo 2-1 per la Dea alla venerandissima età di 44 anni e 282 giorni. Quel campionato lo vinse il Milan con un altro scandinavo come protagonista: il goleador svedese Nordahl che, in quella stagione, realizzò 34 gol.

PREMIER LEAGUE: TEDDY SHERINGHAM
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Sheringham è uno dei calciatori che ha disputato più partite nella storia del calcio inglese

Non ci sono dubbi invece nel campionato inglese. All’età di 40 anni e 262 giorni è l’ex bomber del Manchester United a detenere questo speciale record. Nell’ultima stagione in Premier, quando il numero 10 vestiva la maglia del West Ham United, Sheringham segna la rete del 2-1 contro il Portsmouth nel Boxing day del 2006.

LIGUE 1: BENJAMIN NIVET

In Francia è il centrocampista del Troyes, Benjamin Nivet, il goleador vecchietto con 41 anni e 116 giorni. Classe 1977, il transalpino tuttora è ancora nella formazione della piccola città francese anche se in Ligue 2. La sua ultima marcatura nel massimo campionato risale al 28 aprile 2018 quando ha realizzato il secondo gol contro il Caen, nel match chiusosi sul 3-1. Per lui, capitano e numero 10 della squadra, una rete speciale non solo per l’età ma anche per il gesto tecnico: un colpo di tacco degno dei migliori fantasisti della storia del calcio.
Occhio però a Buffon!

LIGA: DONATO
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Il brasiliano Donato è stato uno dei difensori con più presenze nel Deportivo

Per trovare l’anziano goleador nel campionato spagnolo dobbiamo fare un salto di quasi sedici anni. Il difensore brasiliano del Deportivo La Coruña Donato Gama da Silva, più noto come Donato, realizza a 40 anni e 137 giorni il gol del più longevo calciatore della storia della Liga. La rete viene messa a segno il 17 maggio 2003 nel match tra Deportivo – Valencia, finito 2-1 per i Taronja.

Dall’arrivo dello sceicco Mansour nel 200, il Manchester City è diventato un top club europeo, soprattutto grazie alle innumerevoli risorse della famiglia emiratina.

In dieci anni di presidenza, oltre un miliardo di euro spesi per l’acquisto di tantissimi campioni e allenatori. Nelle ultime stagioni, però, qualcosa sembra sia cambiato. Le operazioni in entrata sono ancora molte, ma ci sono anche parecchi interventi in uscita, che hanno fruttato 150 milioni di euro.

Cessioni soprattutto di giovani, scovati dallo staff degli osservatori Citizens in giro per l’Europa e cresciuti tra i campi dell’Etihad Stadium. Sono addirittura 60 i milioni incassati da calciatori con zero presenze in prima squadra venduti ad altre società inglesi ed europee.

L’ultimo in ordine cronologico è stato lo spagnolo classe ‘99 Brahim Diaz, ceduto al Real Madrid per 17 milioni di euro.

 

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📸🙌 @Brahim #WelcomeBrahim

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Il calciatore andrà a rimpolpare l’attacco Blancos, privo di Cristiano Ronaldo, e che quest’anno sta avendo non pochi problemi in fase realizzativa. L’iberico di origine marocchina era arrivato in Inghilterra dal Malaga a soli quattordici anni, su richiesta dell’ex allenatore Pellegrini. Dotato di una tecnica sopraffina, gli inglesi non hanno potuto dire di no davanti all’offerta del Real. Per il futuro questa operazione, però, potrebbe diventare un grosso rimpianto.

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Jadon Sancho, classe 2000, arrivato al BVB nel 2016

Tra i 13 giocatori in uscita, infatti, c’è qualcuno che ha spiccato il volo e che sarebbe potuto diventare importante per il City. Su tutti il numero 7 del Borussia Dortmund, Jadon Sancho. L’inglese classe 2000 è stato venduto nel 2016 a 8 milioni di euro, ora è punto fermo della formazione giallonera tedesca e ne vale quasi dieci volte tanto.

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Kelechi Iheanacho con la maglia delle Foxes

Tra gli altri talenti dei Citizens c’è anche un altro attaccante: il nigeriano Kelechi Iheanacho. Acquistato nel 2015 dopo un grande Mondiale Under 20, il classe ’96 è stato venduto al Leicester City alla cifra di 27 milioni di euro.

Non solo attaccanti, ma anche qualche difensore. Uno di questi, ma senza grossi rammarichi, è il belga Jason Denayer che, dopo vari prestiti in giro per l’Europa, è stato venduto per 10 milioni al Lione.

Qualche rimpianto, invece, ci potrà essere per Pablo Maffeo e Angeliño. Entrambi classe 1997, il primo è passato allo Stoccarda per 9 milioni di euro e il secondo è finito agli olandesi del Psv per 5.

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Seko Fofana, centrocampista dell’Udinese, arrivato nel 2016

Due acquisti sono stati fatti anche da società italiane. Forse non tutti sanno che il centrocampista Seko Fofana dell’Udinese è stato prelevato dal City per 3,5 milioni di euro nell’estate del 2016. Sicuramente per una futura cessione i friulani riusciranno ad ottenere un profitto nettamente superiore.
L’altra meteora degli Sky blues è stato Olivier Ntcham. Il Genoa lo ha prelevato in prestito per le stagioni 2015/16 e 2016/17, prima di essere definitivamente venduto agli scozzesi per 4,5 milioni di euro.

Un giro di tanti milioni di euro che portano benefici nelle casse del club, ma spesso anche qualche rimpianto sportivo.

C’è chi in un primo momento ha pensato che i giardinieri dello stadio Benito Villamarín abbiano avuto un mancamento o abbiano alzato il gomito durante le festività.

Invece no, la lunga linea di centrocampo dell’impianto che ospita le partite del Real Betis è stata fatta appositamente in maniera ondulata perché fa parte di una campagna mediatica condotta dal club iberico insieme a Uber per sensibilizzare la popolazione sui pericoli della guida in stato di ebbrezza, soprattutto in questo periodo di festività.

 

Significato che va ben oltre l’apparenza, ma che vuole sottolineare quanto la squadra spagnola abbia particolarmente a cuore queste vicende.

L’iniziativa è andata in scena prima del fischio d’inizio del match tra Betis ed Eibar, terminata 1-1. I tifosi biancoverdi hanno apprezzato il gesto della loro squadra nei confronti di un tema importante qual è la guida in stato di ebbrezza che conta molte vittime all’anno, soprattutto tra i giovani.

Nella stessa giornata, c’è stata un’altra singolare atmosfera creata dai tifosi del Betis prima del fischio d’inizio del match. Dagli spalti sono volati una cascata di peluche, donati dal pubblico ai più poveri in vista del Natale. Tutti gli orsacchiotti sono stati regalati ai bambini con più difficoltà. Un gesto bellissimo da parte della gente che ha dato un sorriso a chi soffre.

Un attaccante giramondo che a 42 anni non ha intenzione di fermarsi e ha firmato l’ennesimo contratto da professionista.

Se lo chiamano El Loco un motivo ci sarà, o forse due: in primis perché spesso ha avuto atteggiamenti sopra le righe in campo ma anche per il suo continuo cambiar squadra.

È l’uruguaiano Sebastián Abreu, il quale ha detto sì alla 28esima squadra di calcio. Sì ben 28 club differenti in oltre 24 anni di carriera che gli hanno permesso di entrare addirittura nel libro dei Guinnes World Record già dal 2016, come calciatore ad aver indossato il maggior numero di maglie nella carriera professionistica.

La sua nuova avventura sarà nel Rio Branco, squadra che milita in quarta divisione brasiliana. Proprio in Brasile è già stato protagonista in passato con Gremio (nel 1998), Botafogo e Figueirense (tra il 2010 e il 2012) prima del passaggio al Bangu nel 2017.

La sua lunga carriera è stata ricca di gol e di apparizioni soprattutto in Sudamerica: in Argentina ha giocato con il River Plate, il Rosario Central e il San Lorenzo, oltre alle tante avventure in Uruguay, Paraguay, Messico, Cile, El Salvador ed Ecuador.
Nel gennaio del 1998 si trasferisce in Europa, agli spagnoli del Deportivo La Coruña. L’esperienza non è entusiasmante ed è per questo che poi è iniziato il suo girovagare, affascinato dall’idea di immedesimarsi in nuovi campionati e in diversi Paesi.

Nel 2008 ritorna in Europa, trasferendosi in Israele a Gerusalemme nel Beitar, prima di altre due esperienze nel vecchio continente: ancora in Liga nella Real Sociedad e ai greci dell’Aris Salonicco.

La sua bacheca è ricca di titoli: 5 campionati uruguaiani, 2 argentini, 1 campionato salvadoregno e 1 campionato carioca, oltre a tantissime classifiche di capocannoniere.

Con la Celeste ha giocato ben 70 partite, realizzando 26 reti, tra cui due nella vittoriosa Coppa America del 2011.

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El Loco Abreu durante la trinofante Coppa America 2011

Una sfilza lunghissima di club che forse lo stesso Abreu ha dimenticato. Una cosa è certa: non ha intenzione di fermarsi e il suo obiettivo è quello di dare il massimo per la sua nuova squadra e puntare alla promozione. Chissà poi cosa gli riserverà il futuro.