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Ancora una volta il presidente americano Donald Trump è stato capace di mettersi nei guai con le sue stesse dichiarazioni. Stavolta, però, ad essere colpiti duramente sono gli sportivi, che hanno reagito subito con inni di protesta contro il presidente.
Gli sport chiamati in causa sono il basket con l’Nba, il football con la Nfl e il baseball con la Mlb, che hanno iniziato una lotta in cui non intendono affatto cedere, rischiando di far vacillare la posizione del politico che già di recente non gode più dei favori di tutti.

Tutto è iniziato il 22 settembre quando Trump, durante un comizio in Alabama, ha parlato dei giocatori neri di football che si inginocchiano per protesta durante l’inno nazionale prima delle partite, attaccandoli molto duramente. Ha detto che la protesta è una mancanza di rispetto per gli Stati Uniti e che sarebbe bellissimo vedere i proprietari delle squadre dire:

Portate quel figlio di puttana fuori dal campo, fuori, è licenziato

Già da un po’ di tempo, infatti, è in atto una forma di protesta a favore delle minoranze etniche che si esprime proprio nel momento in cui viene cantato l’inno nazionale. I giocatori si rifiutano di cantare e preferiscono rimanere in ginocchio per tutta la sua durata.
Le parole di Trump sono state molto forti: per lui è inaccettabile un comportamento simile e deve avere come conseguenza il licenziamento immediato del giocatore!

Com’era prevedibile la reazione è stata istantanea e forse ancora più grande di quanto il presidente stesso poteva immaginare. Gli sportivi sono tutti uniti nel mantenere attiva questa protesta che sta raggiungendo altissimi livelli e coinvolgendo atleti di punta, come Bruce Maxwell, della squadra degli Oakland Athletics, che è stato uno dei primi a mettersi in ginocchio mentre suonava l’inno americano.

 

Anche i giocatori di Nba non si tirano fuori da questa polemica, anzi possiedono un posto in prima fila dopo la revoca dell’invito di Trump alla casa Bianca, che doveva celebrare la vittoria del campionato dei Golden State Warriors. Pare che il presidente non abbia gradito le dichiarazioni dei giocatori in merito alla questione.
La manifestazione contro Donald Trump raggiunge il suo culmine quando nello stadio di Wembley, a Londra, i giocatori dei Jacksonville Jaguars e dei Baltimore Ravens hanno deciso di mettersi tutti in ginocchio, per sfidare il loro presidente.

Ma la protesta ha coinvolto proprio tutti: non solo gli atleti si sono inginocchiati, ma lo hanno fatto anche tutte le persone che fanno parte del loro team. L’idea di dare una lezione morale a Trump non è arrivata solo nello stadio londinese ma ha percorso un po’ tutti gli stadi che vedevano le loro squadre coinvolte in partite più o meno importanti.

Lo slogan che accomuna tutti è lo stesso:

…e ora licenziateci tutti!

Ma queste proteste non fanno che accrescere ora dopo ora le ire del Primo cittadino americano che non demorde, anzi ribadisce ancora una volta che questi giocatori sono irrispettosi e meritano di andarsene a casa.>
Il mondo dello sport è fortemente amareggiato per la situazione che si è venuta a creare, perché suo malgrado è stato coinvolto in una lotta di interessi politici che rischia di dividerlo. Al momento, però, si mostra molto unito contro un presidenzialismo rigido e discriminante che non intende accettare.