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Megan Rapinoe, campionessa del mondo in Francia con la nazionale femminile degli Stati Uniti, lunedì 23 settembre sera ha ricevuto alla Scala di Milano, il premio come miglior calciatrice FIFA del 2019 e nel suo discorso di ringraziamento non si è fatta mancare parole di cuore contro il razzismo e l’omofobia, per la parità dei sessi nella vita e nello sport con l’invito di cogliere occasioni come queste come spunto per cambiare il mondo.

Rapinoe, che il 5 luglio ha compiuto 34 anni, ai recenti Mondiali ha vinto la Scarpa d’Oro con sei reti realizzate,  ha deciso la finale, realizzando il suo cinquantesimo gol con la maglia della Nazionale, e ha ricevuto il premio come miglior calciatrice in assoluto della competizione iridata. E dopo Francia 2019 è anche diventata una sorta di ambasciatrice del movimento femminile, del calcio e di tutte le atlete che faticano a trovare spazio nel mondo dello sport.

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Così, anche a Milano, nel suo discorso, ha voluto rimarcare i valori che per lei sono fondamentali:

Anzitutto, voglio ringraziare la mia famiglia, la mia sorella gemella, la mia ragazza che non può essere qui, per tutto il supporto ricevuto in questo anno. Un grazie anche a tutti gli allenatori che ho avuto nel corso della mia carriera e a tutti i compagni che ho avuto. Il mondiale è stato incredibile, averne fatto parte è stato indescrivibile e la qualità in campo è stata fantastica

Nel suo discorso, una prima parte è dedicata appunto ai successi personali e con la maglia statunitense, ma poi la Rapinoe apre il cuore e continua:

Voglio parlare di alcune storie che mi hanno colpito di più: Sterling e Koulibaly, che hanno attaccato il razzismo che li affligge da tutta la vita. La ragazza iraniana che si è suicidata, tutti coloro che combattono l’omofobia. Queste sono le storie che mi ispirano, ma mi rendono anche triste: io penso che, se vogliamo avere dei cambiamenti, è necessario che anche altri, oltre a Sterling e Koulibaly, siano arrabbiati quanto lo sono loro. E la stessa cosa vale per chi difende i diritti LGBT, o la tutela delle calciatrici. Noi abbiamo tanto successo, a qualsiasi livello. Quello che voglio dire a tutti, con tutto il cuore, quindi è: condividete il vostro palco con le altre persone, lasciate che ci salgano, condividete il vostro successo. Usate questo splendido sport per cambiare davvero il mondo. Fate qualcosa, qualsiasi cosa: abbiamo un poter incredibile in questa stanza

 

È tristemente noto che la Russia è molto severa con chi viola le regole legate all’omosessualità. Nessuna propaganda gay è considerata lecita e, di conseguenza, tutti i riferimenti alla cultura LGBT sono banditi dal paese.

Pena l’arresto, per chi decide di sfidare il governo in tal senso.

E anche durante la manifestazione mondiale, che da un mese circa ha attirato per le sue vie persone provenienti da tutto il mondo, niente è cambiato in termini di tolleranza.

Ma c’è chi decide di svincolarsi da questa legislazione discriminativa e camminare apertamente mostrando i colori dell’LGBT. Geniali quanto originali, un gruppo di attivisti ha sfoggiato una bandiera arcobaleno del tutto in tema con il clima calcistico del momento e pertanto non passibile di alcuna accusa.

Ecco come si presenta la cosiddetta “The Hidden Flag”, o bandiera nascosta, con i sei colori dell’arcobaleno LGBT realizzati attraverso le maglie di alcune squadre partecipanti alla rassegna iridata: Spagna, Olanda, Brasile, Messico, Argentina e Colombia.

Un effetto ottico che rimanda immediatamente alla comunità attivista per i diritti sui gay, ma che può circolare per il paese senza subire alcuna condanna.

L’idea è di un’agenzia pubblicitaria spagnola, con l’intento di dare una scossa alla burocrazia russa e indirizzare il paese verso una maggiore tolleranza della diversità.

Ecco come giustificano questa trovata:

Quando Gilbert Baker disegnò la bandiera arcobaleno nel 1978, lo fece per creare un simbolo e un’icona per la comunità Lgbt. Un simbolo, riconoscibile in tutto il mondo, che le persone potessero usare per esprimere il loro orgoglio. Purtroppo, 40 anni dopo, ci sono ancora Paesi in cui l’omosessualità è perseguitata, a volte anche con il carcere, e in cui la bandiera arcobaleno è vietata. La Russia è uno di questi Paesi. Per questo motivo, abbiamo approfittato del fatto che il Paese ospita la Coppa del mondo contemporaneamente al Pride Month, per denunciare questo comportamento e portare la bandiera arcobaleno nelle strade della Russia. Sì, alla luce del sole, di fronte alle autorità russe, alla società russa e al mondo intero, sventoliamo la bandiera con orgoglio

I sei coraggiosi attivisti sono ormai delle celebrità, soprattutto tra le fila dei sostenitori del movimento LGBT. I loro nomi sono Marta Márquez (spagnola), Eric Houter (olandese), Eloi Pierozan Junior (brasiliano), Guillermo León (messicano), Vanesa Paola Ferrario (argentina) e Mateo Fernández Gómez (colombiano).

Che siano tifosi o meno delle nazionali di cui indossano la maglia non è importante. Ciò che conta è che il loro escamotage è di sicuro un ottimo modo per sostenere la propria causa e al contempo promuovere iniziative volte al confronto e all’unione anche tra nazionalità diverse.

I Mondiali di Russia 2018 sono ormai all’atto conclusivo e domenica 15 luglio conosceremo il nome dei nuovi Campioni del Mondo, ma fino ad allora la bandiera LGBT ha il “permesso” di continuare ad aggirarsi per le strade della Russia e diffondere i suoi colori, nella speranza di ottenere da parte del governo un’apertura che al momento è solo un’utopia.

Per la comunità LGBT è cominciato il mese dell’orgoglio. Anche nel mondo calcistico si è deciso di unirsi alla ricorrenza e proclamare a gran voce i colori dell’arcobaleno anche in campo.

Così si è giocata l’amichevole tra l’Irlanda e gli Stati Uniti con un kit completamente nuovo che ha segnato l’aggiunta di una nuova bandiera a colori, per promuovere la diversità. Il match, che si è concluso con la vittoria dell’Irlanda per 2-1, ha fatto parte di un’iniziativa promossa dalla Uefa Equal Game.

La Repubblica d’Irlanda ha voluto anche motivare la sua scelta e lo ha fatto proprio attraverso il canale twitter, dove si legge:

Non solo un numero, questa è una dichiarazione, l’Irlanda, che sostiene i diritti LGBT

E non è la sola. Nel mondo dello sport e dello spettacolo sono in tanti quelli che hanno deciso apertamente di schierarsi con l’associazione a favore e tutela delle differenze culturali legate alle identità di genere.

Il “pride month” esiste proprio per non dimenticare quello che nel 1969 ha scosso l’intera comunità gay e di cui ancora oggi si parla come gli scontri di Stonewell. Da quel 27 giorno, giorno di inizio della rivolta che ha coinvolto gli omosessuali e i poliziotti, è nato il movimento di liberazione gay nel mondo.

La comunità LGBT, per celebrare l’anniversario di quello storico episodio, è stata sostenuta sia dagli Stati Uniti che dall’Irlanda di Martin O’Neill durante l’amichevole giocata il 2 giugno nel campo di Lansdowne Road a Dublino. Le loro maglie, appositamente modificate per l’evento, hanno fatto il giro del mondo, e hanno permesso di catturare l’attenzione su una realtà sempre più diffusa che per molti risulta ancora inaccettabile.

Pian piano emergono anche le testimonianze di alcuni sportivi che, nel passato, hanno dichiarato di non essere concordi con i principi del movimento LGBT e hanno rinunciato a prendere parte al gioco di squadra per non venire meno alle loro idee.

Ma non è stato così per irlandesi e americani che hanno voluto dare in questo modo il loro contributo ai “colori dell’arcobaleno e della diversità”.