Siamo alla prima giornata del campionato australiano di calcio e, come spesso accade negli ultimi anni, ci sono alcuni giocatori italiani che ne prenderanno parte.
Tra questi c’è il centrocampista centrale Iacopo La Rocca, oramai trapiantato in Australia da 5 anni.
Durante l’esperienza oceanica il calciatore romano classe 1984 ha avuto modo di indossare tre maglie diverse di squadre militanti in A-League.
Ques’estate si trasferito nella capitale e giocherà per i Melbourne City, ma ha avuto modo di essere protagonista ad Adelalaide e a Sydney.
Come procede la permanenza in Australia? Come pensi che vada questa nuova stagione?
Quest’anno dobbiamo puntare a fare bene, abbiamo le potenzialità per essere davanti ma bisogna partire col piede giusto.
In Australia ho trovato una seconda casa. Ho ottenuto la cittadinanza e mia figlia è nata qui. Con mia moglie ci troviamo benissimo , peccato per la troppa distanza dall’Italia, da parenti e amici.
Com’è stato vincere il campionato australiano ad Adelaide, dove un altro italiano (Del Piero) non c’è riuscito?
Del Piero non ha avuto modo di vincere il campionato, ma la sua presenza ha portato un cambiamento radicale al calcio australiano, lui non è solo una leggenda per noi italiani ma in tutto il mondo.
Per me vincere il campionato è stato incredibile, un’atmosfera unica con lo stadio pieno. Per me, inoltre, c’è stata doppia soddisfazione perché abbiamo battuto la mia ex squadra, i Western Sydney.
Hai avuto modo di vincere anche la Champions Asiatica e poi partecipare anche al Mondiale per club, dove ha segnato il terzo gol di un italiano nel torneo, dopo Inzaghi e Nesta. Cos’hai provato?
Vincere la Champions League Asiatica con il Western Sydney Wanderers è stato qualcosa di inaspettato. In Australia nessuna squadra c’era mai riuscito. È stata una bella impresa soprattutto contro i colossi economici cinesi con budget illimitati. Partecipare poi al Mondiale per club in Marocco è stata una bella soddisfazione. Peccato aver perso ai tempi supplementari contro il Cruz Azul su un campo impraticabile.
Ho saputo solo dopo di essere insieme a Nesta ed Inzaghi tra gli unici italiani ad aver segnato in questa competizione due grandissimi campioni. Per me che sono romano e tifoso della Lazio, avere qualcosa che mi associa a Nesta mi rende molto orgoglioso.
Nel 2014 hai ottenuto anche il Joe Marston Medal.
Il Joe Marsten medal è una medaglia che assegnano al miglior giocatore della finale, è un importante riconoscimento ma avrei preferito senza dubbio vincere la finalissima, peccato aver perso ai tempi supplementari.
Come mai ha preso un aereo per l’Australia? Lo rifaresti?
Avevo un’offerta in Svizzera e in campionati dove non ero molto affascinato e convinto della proposta; poi il mio procuratore mi ha parlato di una squadra in Australia. Ci ho pensato, ma l’idea di andare a vivere in una delle città più belle del mondo Sydney, conoscere un nuovo Paese e una cultura differente mi ha convinto. Tuttavia è una scelta che rifarei, c’è meno stress rispetto alla Serie C italiana, dove se perdi un match sei subito contestato.
Hai avuto modo di giocare anche in Svizzera. Com’è andata?
La Svizzera è una nazione tranquilla molto simile all’Australia. Gli stadi sono bellissimi e ho un bel ricordo: la promozione nella serie A con il Bellinzona e l’aver giocato con Il Grassoppher, la squadra più titolata e una delle più forti elvetiche.
Sei cresciuto nella Lazio, senza mai esordire. Hai qualche rimpianto?
Ho giocato per 9 anni nelle giovanili dei biancocelesti e non nascondo che certo mi sarebbe piaciuto giocare con la prima squadra. La Lazio è la squadra per la quale faccio il tifo da bambino, ma sono comunque soddisfatto di quello che ho ottenuto e non ho nessun rimpianto.
Quando non ha gli allenamenti come trascorri il tempo libero?
Il tempo libero lo passo con mia moglie e mia figlia di 20 mesi. dedico il mio tempo alla mia famiglia. Siamo fortunati perché abitiamo vicino al mare e quindi ci concentriamo su ciò che è meglio per la piccola.
Dario Sette