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Con la prima partita in Italia tra gli azzuri e il Galles allo stadio Olimpico di Roma, prende il via la seconda giornata del Sei Nazioni 2019.
Gli uomini guidati dal ct O’Shea hanno esordito con una sconfitta contro la Scozia e oggi ospitano i dragoni.

Come ogni anno si spera che l’Italrugby non ottenga il tanto odiato “cucchiaio di legno”.
Per l’Italia non uno score grandioso nel Sei Nazioni: dal 2000, anno in cui c’è stata la prima partecipazione al torneo di rugby a cui hanno preso parte le nazionali di Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda, Francia e, appunto, Italia, sono state ben 13 le volte in cui gli azzurri sono arrivati ultimi. Non è un’effige d’onore, ma è una tradizione ormai imprescindibile per la palla ovale.
Il “cucchiaio di legno” è il simbolico trofeo che si assegna alla Nazione peggiore del torneo. Sopra gli azzurri ci sono altre nazioni che però hanno decenni di gettoni alle spalle (pensate che il torneo esiste dal 1883): guida la classifica l’Irlanda con 36 cucchiai, mentre la Francia è a 18.

Risultati immagini per italia rugby cucchiaio di legno 2018
Lo sfottò tra le tifoserie di rugby

Ma come nasce questa singolare tradizione? Probabilmente bisogna partire dall’università di Cambridge all’inizio dell’Ottocento, quando il cucchiaio veniva assegnato allo studente che, pur riuscendo a superare la prova, otteneva il risultato più basso alla prova finale del corso di matematica (erano i “Cambridge Mathematical Tripos”, il più antico dell’università). Nel corso degli anni, verso i primi del Novecento, il cucchiaio raggiungeva addirittura il metro e mezzo di altezza: era molto carnevalesco, con cerimonie e decorazioni varie.
Dalla matematica allo sport, il merito sembra avercelo il canottaggio: sempre in ambito universitario, agli equipaggi britannici classificati per ultimo si donava l’ormai celebre feticcio. Dal canottaggio al rugby, il passo è breve: ormai entrato nel gergo quotidiano, lo scettro dell’ultimo classificato è approdato anche nel torneo del Sei Nazioni verso la fine dell’Ottocento, rimanendo, però, sempre “virtuale”.

Nel torneo, inoltre, ci sono altri riconoscimenti “non ufficiali”. Il cucchiaio di legno, infatti, non deve essere confuso con il whitewash (cappotto), che si assegna quando una squadra finisce il torneo senza vincere neppure una partita e finendo ultima in classifica con zero punti (e, ahinoi, è successo nella scorsa edizione per l’Italrugby).
Per le nazioni d’oltremanica, inoltre, Inghilterra, Scozia, Irlanda e Galles c’è in palio un altro trofeo: la Triple Crown (Tripla Corona), che va alla nazionale che riesce a battere tutte le altre.

Qui, un divertente spot di Sky girato qualche anno fa che ironizza, appunto, sul cucchiaio:

Manca solo una settimana per la chiusura del torneo di rugby Sei nazioni, ma già i giochi sono praticamente fatti.

L’Irlanda, con la vittoria sulla Scozia e il crollo dell’Inghilterra per mano della Francia, è la vincitrice del titolo in questa 19esima competizione.

Riesce quindi, con l’aiuto inaspettato da parte dei francesi, a sottrarre il titolo di campione all’Inghilterra, che avrebbe dovuto vincere la sua ultima partita per avere ancora qualche possibilità di competere nella finalissima. Il dominio inglese, che durava da almeno due anni, finisce qui e passa il testimone nuovamente all’Irlanda, in un head to head che dura già da diverso tempo tra le due nazioni.

Per la terza volta gli irlandesi festeggiano questo grande trionfo, già ottenuto nel 2014 e nel 2015, e stavolta con un match d’anticipo. Infatti, la prossima settimana si giocheranno le ultime partite. Oltre a Francia contro Galles e Inghilterra contro la campionessa Irlanda, anche la nazionale azzurra si giocherà il tutto per tutto nel decisivo incontro contro la Scozia, dove l’unico obiettivo è vincere ad ogni costo.

Il bilancio dell’Italrugby in questa edizione è nettamente negativo: si parla di ben 16 partite perse una dopo l’altra.

Un triste record che neanche l’inizio del Sei nazioni, il 3 febbraio 2018, è riuscito a sfatare. Al momento sono quattro partite su quattro perse e l’Italia si gioca sabato la sua ultima chance per non rischiare il whitewash, che decreta la sconfitta in tutte le partite totalizzando zero punti.

Prima è stata la volta dell’Inghilterra, che vince 46-15, poi dell’Irlanda con 56-19. Alla terza giornata è la Francia che ha la meglio con 34-17 e infine è arrivato il confronto con il Galles.

L’ultimo match è stato altrettanto disastroso per gli azzurri, che sono stati battuti dal Galles per 38-14. Il dato ancora più sconfortante è stato vedere che l’avversaria dopo 6 minuti era già in vantaggio di 14 punti. Inutili i tentativi di rimonta della squadra di rugby italiana e alcuni momenti di grande gioco. Purtroppo, nonostante un Galles che non era nella sua forma migliore, l’Italia non ce la fa e incassa l’ennesima disfatta.

I giocatori azzurri, tra cui Minozzi e Bellini, non sono stati capaci di sovvertire un risultato che fa ancora più male se si guarda all’intero percorso che l’Italrugby ha fatto dall’inizio del sei nazioni fino ad ora.

La nazionale di O’Shea a Cardiff deve piegarsi dinanzi alla forza dei Dragoni: riuscirà almeno a fine torneo ad evitare il whitewash?

Nel frattempo, però, alla nostra squadra spetta un altro poco lusinghiero riconoscimento: il cucchiaio di legno, conquistato suo malgrado per essere arrivata ultima a questa competizione.

L’Italia non vince dal lontano 2015 ed è ora di tornare a dimostrare quanto valgono i nostri giocatori, giocandosi l’ultimo match dando il massimo e non concedendo alcun vantaggio agli avversari scozzesi.

La partita sarà giocata allo Stadio Olimpico, a Roma, sabato 17 marzo in tarda mattinata.

Ha iniziato a giocare con una palla ovale a sei anni quando era un bambino e oggi, con oltre 120 presenze in Nazionale, non ha intenzione di smettere. Si tratta di Sergio Parisse, 33enne rugbista italiano nato in Argentina a La Plata da genitori abruzzesi residenti in Sudamerica per lavoro. Suo padre, Sergio senior, era già stato giocatore di rugby a L’Aquila. Rientrato in Italia in età adolescenziale, si è immerso appieno nel rugby per poi mai staccarsene sino a diventare una bandiera e storico capitano dell’Italrugby.

Leader indiscusso della Nazionale italiana, oltre che del club in cui milita lo Stade Français Paris, il capitano copre il ruolo di terza linea centro come il più classico dei numeri 8.
Parisse è nella capitale francese da dodici anni e ha avuto modo di vincere due campionati, uno nella stagione 2005/06 e l’altro nel 2014/15 ricevendo anche il riconoscimento di miglior giocatore del torneo.

Storica è stata la notizia di qualche settimana fa di un dietro front che ha riguardato proprio la società francese. Per molto tempo si è parlato di una fusione tra il club Stade Français e l’altra squadra parigina e rivale, il Racing 92. La notizia aveva scaturito mugugni soprattutto tra i tifosi, infatti la rivalità tra le due squadre è molto forte, paragonabile ai derby italiani Roma – Lazio e Milan – Inter.
Una vera e propria rivoluzione che per giorni ha reso teso il clima a Parigi e nelle due squadre che insieme contano quasi 90 giocatori. Infatti il progetto societario prevedeva un taglio del 50% dei giocatori facenti parte delle due rose. Taglio che però non avrebbe coinvolto direttamente Sergio Parisse così come non avrebbe interessato Dan Carter, il rugbista neozelandese del Racing 92 nonché il più pagato al mondo. A farne le spese sarebbero stati molti compagni di squadra del capitano azzurro.
Proprio per questo motivo l’intera rosa dello Stade Français, guidata proprio da Parisse, aveva pensato di proclamare un vero e proprio sciopero, interrompendo gli allenamenti e minacciando anche di non scendere in campo per il match di campionato.
Tuttavia attraverso un comunicato ufficiale, il presidente del Racing 92, Jacky Lorenzetti, ha ufficializzato che la fusione non si è fatta più, per la gioia dei tantissimi supporters e dei giocatori.

Aldilà degli aspetti prettamente sportivi, dopo tante stagioni a Parigi, Sergio Parisse è quasi francese d’adozione anche se il suo cuore batte solamente per l’Italia. Negli ultimi anni, proprio il capitano è stato il simbolo di un’Italrugby che ha cambiato look e che si è affacciata a palcoscenici internazionali con una gran voglia di farsi notare.

Il leader della Nazionale vive con la sua famiglia nella capitale transalpina, il tempo libero lo dedica alla sua famiglia e al relax. Piace accompagnare sua figlia a scuola o al parco, ma adora anche dormire, soprattutto le sera dopo un duro match.
Prima del riposo a letto però, Sergio Parisse, a fine gara negli spogliatoi cerca di alleviare la fatica gustandosi una buona birra con i suoi compagni con tanto di selfie. Ovviamente la birra la si gusta meglio dopo una vittoria.

 

A quasi 34 anni è ancora punto di riferimento del suo club e della Nazionale. Il sacrificio, la pazienza  e la costanza hanno fatto sì che diventasse uno dei giocatori più forti della storia dell’Italrugby. Il suo sogno è vincere qualcosa proprio con la maglia azzurra, provando a fare meglio nella prossima Coppa del Mondo in Giappone nel 2019.

Più fattibile è la situazione con il suo club, seppure in questa stagione lo Stade Français non stia brillando. Parisse spera che il prossimo anno si possa ripuntare alla vittoria del campionato magari con un suo “drop”, colpo di rara bellezza ma che il capitano ha già saputo realizzare molto tempo fa.

Dario Sette

Allo stadio Euganeo di Padova, l’Italrugby ha affrontato Tonga nell’ultimo test match di novembre. Dopo la storica vittoria contro Sudafrica della settimana scorsa, i ragazzi di coach O’Shea scivolano sul finale, perdendo 19-17. Partono bene i XV azzurri grazie alla meta di Cittadini e alla trasformazione di Canna. Il 7-0 tiene per buona parte del primo tempo, poi sale in cattedra Takulua che trasforma due punizioni.
Nella ripresa poi la doccia fredda con la meta di Piutau. E’ 13-7, ma dura davvero un giro di lancette di orologio: Allan spacca la linea e realizza la seconda meta azzurra. Ancora Takulua trafigge l’Italia con un calcio, ma segue Padovani per il 17-16. A un passo dallo scadere, ecco la beffa: Takulua con un’altra punizione fissa il risultato sul 19-17.

Ecco di seguito alcune foto realizzate prima e durante la sfida:

 

Non ci sono stati giri di parole o mezzi termini: quella di sabato contro il Sudafrica è una vittoria storica, il trionfo più bello della Nazionale italiana di rugby. Placcati, con il risultato di 20-18, gli Springboks, due volte campioni del mondo e tra le squadre più forti nel panorama mondiali e storico della palla ovale. Fino a oggi, la piccola Italia non era mai riuscita a battere le tre grandi dell’emisfero sud (Nuova Zelanda, Australia e, appunto, Sudafrica) e, allo stadio Franchi di Firenze, la squadra allenata da O’Shea ha celebrato il trionfo grazie alle mete di van Schalkwyk e Venditti.

Nel valzer delle “prime volte”, il ricordo, però, va alla prima celebre vittoria del rugby italiano nel Sei Nazioni, il più importante torneo internazionale di rugby a 15 dell’Emisfero Nord, che prima dell’annessione degli azzurri, era denominato Cinque Nazioni e che, di fatto, ha spalancato agli azzurri le porte dell’élite europeo di questa disciplina. Cenerentola della manifestazione, l’Italrugby esordì il 5 febbraio 2000, allo stadio Flaminio di Roma quasi tutto esaurito, contro la Scozia, nazione detentrice dell’ultimo Cinque Nazioni, vinto nel 1999.

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Sembra un’era fa, l’Italia etichettata come “senza speranza” riuscì nell’impresa di sconfiggere gli scozzesi per 34-20. Una partita intensa, dominata da uno splendido Diego Dominguez, autore di 29 punti (una trasformazione, tre drop e sei calci piazzati – fino ad allora record di punti personali realizzati in una partita nel torneo) e suggellata al 78′ da una meta di Giampiero “Ciccio” De Carli, pilone romano.
E’ il tappeto rosso che si srotola sotto i piedi degli azzurri che, per trovare un nuovo successo nel prestigioso torneo, devono attendere tre anni, quando nel 2003, riuscirono a battere il Galles per 30-22.