Se andate su Youtube alla ricerca dei 10 calci di punizioni più famosi della storia probabilmente trovate il siluro di Roberto Carlos contro la Francia o la pennellata di David Beckham con la maglia dell’Inghilterra che diede la qualificazione ai Mondiali del 2002 a tempo scaduto contro la Grecia.
Tra le tante punizioni, però, una è drammaticamente celebre, passata alla storia come la “punizione calciata al contrario”. E’ la Coppa del Mondo 1974, quella disputata nella Germania Ovest e che già aveva regalato un momento da incorniciare e racchiudere nelle narrazioni future: quel derby tedesco Ovest-Est vinto dagli orientali con la rete di Jürgen Sparwasser. Ma qui siamo nel girone 2, ultima partita, Brasile contro Zaire.
Il Paese africano, oggi conosciuto come Repubblica Democratica del Congo, era alla sua prima apparizione assoluta nella manifestazione iridata. Arrivò in Germania con un po’ di curiosità degli addetti dopo la vittoria della Coppa d’Africa dello stesso anno e un look sfrontato con magliette giallo-verdi e un leopardo ruggente disegnato all’interno di un cerchio.
L’esordio contro la Scozia non fu dei migliori: lo Zaire perse 2-0, ma si vide un buon spirito e voglia. Tutto spazzato via nella seconda partita del torneo: la Jugoslavia rifilò ben 9 reti. E successe di tutto: l’allenatore Vidinic, sul 3-0, sostituì il portiere Kazadi con il secondo Tubilandu che fu costretto a raccogliere la palla ben sei volte dal fondo della rete. E poi avvenne un episodio curioso, genesi senza il quale non avremmo la punizione al contrario.
L’attaccante Mulamba Ndaye venne espulso perché rifilò un calcetto all’arbitro colombiano Delgado. In realtà era stato Joseph Ilungua Mwepu a compiere quel gesto, ma il direttore di gara confuse i due e non cambiò idea nemmeno dopo l’ammissione di colpa dello stesso difensore.
Mwepu era dunque in campo nell’ultima sfida, quella contro il Brasile. Già eliminato, lo Zaire precipitò in un incubo: dalla gioia euforica del Mondiale alla condanna a morte. Letteralmente. E qui entra in scena l’antieroe di turno: in quegli anni lo in Zaire era sotto la dittatura di Mobutu Sese Seko, il maresciallo-presidente, al potere da oltre 30 anni. Mobutu, come buon tiranno che si rispetti, vedeva nel calcio uno strumento di propaganda tanto che pagò personalmente tutti i giocatori zairesi che giocavano all’etero e soprattutto in Belgio per rientrare nel proprio paese d’origine. Il 9-0 subito contro la Jugoslavia fu troppo umiliante e prima della gara con il Brasile era arrivata la minaccia alla squadra: se avessero perso più di 3-0, nessuno sarebbe tornato a casa vivo.
Allo stadio di Gelsenkirchen mancavano pochi minuti al termine del match tra Brasile e Zaire. I verdeoro erano in vantaggio proprio di tre reti sugli africani e beneficiarono di un calcio di punizione da posizione insidiosa. Rivelino, che poco prima aveva trafitto il portiere zairese, confabulava con gli altri compagni. Dall’altra prospettiva, i giocatori dello Zaire, così in fila a formare la barriera tanto da sembrare davanti a un plotone di esecuzione, sentivano la tensione e vivevano con terrore la possibile metamorfosi del tiro in condanna a morte.
A un tratto dalla barriera si staccò uno, uno che non voleva subire passivamente e voleva provare a essere per l’ultima volta artefice del suo destino. Ilunga Mwepu corse ad ampie falcate e scaraventò il pallone lontano con tutte le sue ultime forze. Rivelino per poco non venne colpito. Tutti, intorno, rimasero increduli, lui venne ammonito e per mesi e anni, stampa e appassionati di calcio sbeffeggiarono il terzino sinistro reo, secondo loro di non conoscere le regole del calcio.
Ma eravamo noi occidentali a non conoscere la sua storia nascosta che rivelò dopo anni di silenzi, solo nel 2002. Voleva riscrivere la sua vita con un gesto istintivo ed eclatante. La punizione al contrario con cui salvò la sua pelle e quella dei compagni.
Il Guardian ha pubblicato una serie di clip girati in stop-motion, in cui vengono ricreati con i Lego alcuni tra gli episodi più iconici dei Mondiali di calcio e tra un Maradona e un Zidane che rifila la testa a Materazzi, per l’edizione del 1974 c’è proprio l’atto di Mwepu.
Joseph Ilunga Mwepu è morto a Kinshasa, l’8 maggio 2015 dopo una lunga malattia.
Fonte: Ultimo Uomo