Uno era bello, spregiudicato, esuberante. L’altro freddo, meticoloso, calcolatore. Si rincorrevano a vicenda, l’uno stimolo dell’altro. Non sarebbero stati gli stessi se non ci fosse stato l’altro. Lo sport si nutre di sane rivalità e quella tra James Hunt e Niki Lauda ha caratterizzato la Formula 1 degli anni 70. Quelle corse che somigliavano a una gara per la sopravvivenza più che a un campionato del mondo piloti. Dei 32 morti durante un gran premio, in 27 hanno perso la vita tra il 1953 e il 1978, anno in cui morì Ronnie Peterson. Altri si sono miracolosamente salvati, come Lauda appunto a Nuerburgring nel 1976.
Ritornati a correre insieme #NikiLauda (Ferrari 312T) e #JamesHunt (McLaren M23) Addio leggenda 💐 pic.twitter.com/q1GPwUa3m1
— Giuseppe Filippini (@filippiniphoto) 21 maggio 2019
Niki e James
James Hunt non aveva paura di morire. Si nutriva di quella paura per andare avanti, per vincere contro il suo carissimo nemico, Niki Lauda. Il film Rush di Ron Howard nel 2013 racconta bene l’acerrima rivalità nel circus di oltre quarant’anni fa. In realtà, dietro le quinte, i due erano più amici di quanto non sembrasse. Hunt, nato a Londra nel 1947, conquistò l’agognata Formula 1 con grinta e ribellione dalla sua famiglia. Non gli interessava fare il professionista, gli interessava diventare campione del mondo anche solo una volta. Fu nella massima competizione automobilistica solo per sei anni, dal 1973 al 1979. Gli anni in cui James e Niki sfrecciavano sui tracciati con le loro McLaren e Ferrari.
“Ti voglio bene Niki. Sei l’unico che ustionandosi il volto è migliorato.” James Hunt #NikiLauda #21Maggio pic.twitter.com/bltw6IneYb
— matteo (@oettam_93) 21 maggio 2019
Bello e maledetto
Spavaldo in macchina come fuori, amava la bella vita, l’alcol e il sesso. Una sorta di George Best con i guanti da pilota. Il suo matrimonio con la modella Suzy Miller nel 1974, durato solo due anni, riempì le pagine dei rotocalchi. Hunt riuscì a coronare il suo sogno nel 1976, l’anno dell’incidente di Lauda. Fu in testa al Mondiale solo una volta, quella decisiva, nell’ultima gara in Giappone, nella pioggia di Fuji. Dopo le polemiche per l’incidente che costò la vita al suo amico Peterson nel 1978, correrà un altro con la Wolf. Nel 1979 annunciò il suo ritiro a 32 anni. Divenne così opinionista televisivo per la BBC con il suo stile, senza peli sulla lingua, polemico e fuori dal coro. Morirà nel 1993 a 45 anni per un attacco cardiaco.
Lascio ora e definitivamente perché l’uomo non conta più.
James Hunt, 1979
Se non altro ora potrai continuare le chiacchiere e le sfide con James Hunt#RIPNiki #RIPLauda pic.twitter.com/iY19ZK0geu
— Robbie (@RobbieGalante) 21 maggio 2019