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Hamsik

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L’addio era nell’aria da diversi mesi ma è arrivato nel momento in cui tutti non ci pensavano più.

Marek Hamsik o Marekiaro, come lo chiamano i napoletani, ha deciso di lasciare la città del Vesuvio che lo ha accolto quando era un semplice ragazzino ventenne.
Ora va via da campione, ha deciso di accettare la proposta dei cinesi del Dalian.

Le sirene d’oriente si erano accese già l’estate scorsa poi, con l’arrivo di Carlo Ancelotti, tutto ha fatto intuire che sarebbe rimasto e così è stato. Dopo la partita contro la Sampdoria al San Paolo, però, c’è stata la sorprendente notizia dell’addio. Durante il cambio, la solita standing ovation del pubblico, risposta con una mano al cuore, come a dire “sarete sempre qui”.

In pochi sapevano della sua decisione prima di quello che in fondo è stato il suo ultimo match con la maglia del Napoli davanti al pubblico che lo ha amato. Capitano, leader, simbolo del Napoli che, dopo essere tornato in Serie A, ha trovato nello slovacco il calciatore da dove ripartire.

È stato il calciatore che, nonostante gli arrivi e le partenze di campioni come Lavezzi, Cavani e Higuain, lui c’è sempre stato. Seppur di nazionalità slovacca, Hamsik si è sempre sentito napoletano.

Lascia il Vesuvio da campione che ha segnato la storia azzurra: 520 presenze dal 2007, superato di 8 partite lo storico capitano Bruscolotti, e soprattutto 121 reti. Lo slovacco, infatti, è il miglior marcatore del Napoli, sei in più del grande Maradona. Numeri che gli hanno permesso di scrivere il suo nome a caratteri cubitali nella storia del club partenopeo.

L’ARRIVO IN ITALIA

Hamsik giunee in Italia grazie al Brescia che lo preleva dallo Slovan Bratislava quando aveva solo 17 anni. Nella società del presidente Corioni resta per 3 anni prima dell’offerta di Luigi De Laurentis che gli prospetta un lungo futuro all’ombra del Vesuvio, e così è stato.

Comprato per poco più di 5 milioni di euro, sceglie la maglia 17 (non un bel numero per i napoletani) quella che, però, poi indosserà per oltre 500 volte. Alla sua prima stagione in Serie A segna nove reti, da lì in poi vederlo segnare con costanza diventerà un’abitudine.
La prima rete la segna il 15 agosto 2007 nel match del primo turno di Coppa Italia al San Paolo contro il Cesena. Un piattone destro a beffare il portiere romagnolo. Il look di Marekiaro era con una cresta, ma non così evidente come negli anni successivi.

Da quel gol ha poi frantumato una serie di record, superando miti come Careca e soprattutto Maradona. Al termine della stagione 2009-2010, con 12 gol in 37 partite, è capocannoniere della squadra per il terzo anno consecutivo; l’ultimo calciatore a riuscirci per almeno tre stagioni di seguito era stato proprio El Pibe de Oro.

Nel corso degli anni diventa e resta uno dei tenori principali dell’attacco azzurro, prima in coppia con Lavezzi e Calaiò, poi gli arrivi di Cavani, Callejon, Higuain e Mertens.

Dopo l’addio di Paolo Cannavaro nel 2014 diventa stabilmente il capitano e il leader dello spogliatoio. Nel corso delle annate rifiuta tante offerte importanti, perché Napoli è casa sua. Da qualche stagione però qualcosa si è rotto, ha avuto annate un po’ altalenanti e qualche giorno fa è giunta l’offerta economica difficile da rifiutare.

I tifosi napoletani non l’hanno presa bene, forse si saranno sentiti traditi anche da Marekiaro. Il pubblico l’ha amato e che, nonostante tutto, lo continuerà ad amare.

Dries Mertens per tre fa 98, meglio di Careca. La nuova formula matematica in casa Napoli arriva dopo la roboante vittoria casalinga contro l’Empoli (5-1). La tripletta del belga, unita alle reti di Insigne e Milik, consente alla squadra di Ancelotti di issarsi momentaneamente solitaria al secondo posto. Ciò nonostante il tecnico azzurro ha voluto sottolineare i meriti della formazione toscana, punita eccessivamente nel punteggio. Dopo un periodo di appannamento, Mertens ha segnato sei reti nelle ultime quattro partite (Udinese, Psg, Roma ed Empoli).


Con il primo gol all’Empoli, Mertens ha superato Antonio Careca nella classifica dei migliori marcatori della storia del Napoli. Non a caso, subito dopo aver trafitto Provedel, Dries ha esultato imitando il celebre balletto del brasiliano con cui festeggiava ogni gol segnato. In realtà sembra che sia stato un omaggio a sua moglie Karin, protagonista in patria nella trasmissione tv “Ballando con le stelle“. Ora il belga è al sesto posto di questa speciale classifica. Al vertice c’è Marek Hamsik con 120 reti, seguito da Maradona (115), Sallustro (108), Cavani (104), Vojak (103). Mertens aveva già superato Gonzalo Higuain fermo a 92 centri.


Ed è proprio all’argentino che l’attaccante del Napoli deve, in parte, le sue fortune. Dopo la cessione del Pipita alla Juventus, e complice il primo grave infortunio a Milik, Maurizio Sarri ebbe l’intuizione di trasformare l’esterno belga in centravanti puro. Risultato: 28 gol in campionato nella stagione 2016-2017, 34 totali in 46 partite.

L’inizio con Carlo Ancelotti non è stato dei più felici, il tecnico emiliano ha fatto con Insigne quello che Sarri aveva fatto con Mertens. Trasformare il fantasista napoletano in attaccante vero, con il conseguente exploit del folletto di casa (9 gol in 13 partite finora in questa stagione). “Ciro” è così finito a volte in panchina, anche per via del turnover di massa adottato come regola aurea da Ancelotti.

Ai microfoni di Sky Sport, Dries sembra avere le idee chiare dopo la tripletta all’Empoli:

Non dico di voler giocare titolare sempre, ma mi sento bene e volevo giocare una gara importante. Ero un po’ arrabbiato, poi ho parlato con Ancelotti e si è risolto tutto. Stasera non era facile, l’Empoli gioca bene. Titolare martedi contro il Psg? Sicuro

 

Il calciomercato spesso lascia increduli di fronte alle decisioni dei calciatori, che raramente rifiutano offerte imperdibili, cambiando maglia a seconda dei loro interessi.

Ma sarà davvero così? La storia calcistica ci insegna che un calciatore ha anche degli ideali legati alla propria squadra e spesso rifiuta il cosiddetto salto di qualità verso una squadra considerata “big”.

Proprio di recente è un giocatore del Bologna che si è reso protagonista di un rifiuto che ha fatto subito notizia: si tratta di Simone Verdi, che ha gentilmente declinato l’offerta del Napoli per rimanere ancorato alla sua maglia.

Non c’è da stupirsi se non ha colto quella che per molti era considerata la sua grande occasione. Molti prima di lui hanno fatto lo stesso e il passato conserva ancora tutti i nomi di chi ha detto no.

Il primo e sconvolgente rifiuto storico è stato quello di Gigi Riva, grande giocatore del Cagliari, che non ha ceduto alle lusinghe della Juventus che voleva a tutti i costi conquistare il suo talento. Siamo negli anni ’70 e, nello stesso periodo, un altro calciatore diventato celebre per le sue prestazioni in campo fu oggetto di un’allettante proposta del Napoli, seccamente rifiutata. Stavolta il protagonista è Paolo Rossi, che oggi commenta con queste parole la scelta di Verdi:

Credo abbia avuto timore di non sapere quante gare avrebbe potuto giocare, perché sul fatto che il Napoli sia competitivo non ci sono dubbi. Questione di titolarità o anche di crescita graduale? Se da una parte credo sia un obbligo del giocatore cercare di migliorare, ecco, penso altresì che Verdi abbia ritenuto il momento non opportuno, che la sua fase di crescita definitiva potrà raggiungere l’apice con altri cinque mesi di titolarità in un Bologna in cui gioca sicuro

Poi è stata la volta di Francesco Totti, emblema della fedeltà assoluta alla propria maglia giallorossa. Nonostante le offerte eccezionali da parte del Real Madrid, il calciatore non ha mai voluto abbandonare la Roma.

Ma la lista è ancora lunga e comprende anche nomi come Kakà, che rinunciò al Manchester City per rimanere fedele al Milan, e Totò Di Natale, che non cedette alla corte insistente della Juventus, nonostante l’Udinese fosse pronto a lasciarlo andare.

Più recenti in ordine di tempo arrivano i rifiuti di altri grandi nomi nel calcio internazionale: Marek Hamsik è un altro di quelli che hanno detto no. Il calciatore rifiuta l’occasione offerta dal Milan per rimanere a giocare con il Napoli.

Ma non è l’ultimo a chiudere questa carrellata di rifiuti storici: Milinkovic-Savic, Domenico Berardi e Nikola Kalinic sono altri illustri nomi che hanno fatto saltare trattative già in atto, spinti da motivazioni più forti degli interessi economici che ruotano attorno al calciomercato.

Che Verdi sia un’eccezione non è quindi affatto vero, ma che si approvi o meno la sua decisione, bisogna prendere atto del coraggio che ha avuto a dire di no. Chi prima di lui ha seguito lo stesso percorso oggi non può che appoggiarlo e sostenerlo.