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Uno dei Gran Premi più travagliati nella storia della Formula 1, quello che si disputa il 27 aprile 1975 sul circuito del Montjuic a Barcellona, ma anche a suo modo storico e unico. Per la prima volta, e tutt’oggi unica, una donna ottiene punti iridati. Maria Grazie Lombardi, detta Lella, è stata la seconda pilota in assoluto a guidare una monoposto di Formula 1, l’unica a giungere in zona punti nonché quella che ha disputato più Gran Premi, 12 contro i 4 di Maria Teresa de Filippis, che l’aveva preceduta negli anni cinquanta.

Dopo una lunga gavetta tra kart e formule minori, nel 1974 la pilota di Frugarolo finalmente fa il suo ingresso nella Formula 1, esordendo nel Gp d’Inghilterra alla guida di una Brabham BT42 della scuderia Allied Polymer Group. Questa esperienza però non è delle più brillanti e l’anno successivo entra nella scuderia March Ford Cosworth con il debutto stagionale il 26 marzo, sul circuito di Kyalami in Sudafrica.

Lella Lombardi, pilota sognatrice - Athleta Magazine

Il 27 aprile 1975, il circus si sposta sul circuito del Montjuic in Spagna, quarta prova mondiale,  e questo segna il momento storico di Lella che acquista credito e credibilità. Ma la gara non inizia con i buoni auspici: i piloti boicottano le prove del venerdì per protesta nei confronti del pessimo stato delle barriere di sicurezza. Lavori frettolosi e le minacce legali degli organizzatori riescono a salvare le prove del sabato. Al volante di una March 751 della Lavazza March, Lella si qualifica col 24º tempo, a 7 secondi dalla pole position di Niki Lauda mentre lo schieramento alle sue spalle è il seguente: Regazzoni, Hunt, Andretti, Brambilla, Watson, Depailler, Pryce, Stommelen, Jarier, Mass, Peterson, Schekter, Pace, Reutmann, Ickx e così via. Emerson Fittipaldi, pilota McLaren, rinuncia alla gara, il fratello Wilson e Arturo Merzario, rispettivamente al volante di una Fittipaldi e di una Williams, decidono di fermarsi dopo un solo giro per protesta.

Lella Lombardi, pilota sognatrice - Athleta Magazine

Il dramma avviene al 25° giro: la Hill di Rolf Stommelen perde l’alettone e vola in mezzo alla folla, provocando quattro morti e numerosi feriti: la gara viene interrotta di lì a poco, ma nel caos di quei giri Pace si ritira a causa dei rottami dell’incidente di Stommelen; Jochen Mass vince così la sua unica gara in carriera. Il punteggio, per la prima volta nella storia della Formula 1, viene dimezzato, non essendo stati percorsi i tre quarti della gara. Al momento dell’interruzione del Gp, Lella Lombardi, partita ventiquattresima, si ritrova al sesto posto e viene quindi onorata di un simbolico mezzo punto, che rimane tuttora il record di punti conquistati da una donna nel campionato di Formula 1.

In seguito a quella tragedia il Montjuic non verrà più scelto per ospitare il Gp di spagna.  Lella, invece, si è ritirata nel 1988 diventando team manager, aprendo la scuderia Lombardi Autosport. E’ morta di cancro poco prima di compiere 51 anni, il 3 marzo 1992 a Milano.

Maria Grazia Lombardi (Lella), la Signora delle corse | Ohga!

Allora come oggi lo si vede in giro nei circuiti automobilistici con in testa un vistoso cappello cowboy. Un po’ guascone un po’ falso americano. Arturo Merzario ha 77 anni, la maggior parte di questi vissuti in un abitacolo.
Dal rally al GT, Merziano è stato un distinto pilota: dal 1972 al 1979 ha gareggiato nei circuiti di Formula 1 con diverse scuderie, tra cui la Ferrari, mentre nel 1976 disputò il campionato mondiale di F1 alla guida di una March 761 della canadese Wolf Williams. Il primo agosto 1976 era in programma la decima gara stagionale sul prestigioso circuito del Nürburgring che si snoda intorno al Castello di Nürburg, in Germania.

Poco prima della corsa, la pioggia aveva reso i 22,835 km della Nordschleife insidiosi, ma nonostante la sollecitazione di qualche pilota, la direzione optò per scendere in pista. Tra i meno convinti c’era Niki Lauda, campione iridato in carica e leader della classifica generale.
Passarono solamente tre giri e si assistette all’evento che cambiò la Formula 1: poco dopo la curva Ex-Muhle e il tornante Bergwerk, Lauda perse il controllo della sua monoposto, la Ferrari 312 T2, schiantandosi contro una parete rocciosa prima di essere rimpallato in pista. Nel colpo perse il casco, mentre poco dopo la sua vettura venne colpita da quelle di Harald Ertl e Brett Lunger e iniziò a prendere fuoco. Il pilota austriaco, ancora cosciente, venne così avvolto dalle fiamme.

Passarono qualche secondo e sul luogo dell’incidente si fiondò anche Arturo Merzario. Sarebbe potuto andare oltre, ma d’istinto si bloccò e scese per soccorrere il suo collega intrappolato. Ecco cosa dirà anni dopo:

Dell’incidente di Lauda bisogna analizzare tre aspetti: ha perso il casco nel primo impatto e per questo è stato esposto alle fiamme e alle bruciature, le esalazioni di magnesio lo stavano ammazzando e non da ultimo, è stato davvero difficile estrarlo dalla macchina. Gli altri usavano l’estintore, io non riuscivo a schiacciare la levetta per sbloccare la cintura perché si dimenava: la sua fortuna fu quella di svenire così io riuscii a liberarlo. Un’altra sua fortuna è stata la respirazione artificiale che ho imparato al militare e che gli ha consentito di rimanere in vita per circa 10 minuti prima dell’arrivo dei soccorsi

Lauda venne trasportato in tre ospedali differenti, aveva uno zigomo fratturato, ustioni di primo grado alle mani e di terzo grado al volto. Per tutto il pomeriggio piloti, staff, moglie e familiari rimasero con il fiato sospeso temendo il peggio. Poi arrivò il bollettino positivo che allontana il rischio di morte, ma consegnò un Lauda a pezzi e avrebbe dovuto affrontare una lunga, lunghissima guarigione. Con un monito: l’austriaco rischiava seriamente di non poter più gareggiare.

Il 12 settembre 1976, appena 42 giorni dopo il rogo del Nürburgring, Niki Lauda si ripresentò in pista e tagliò al quarto posto il traguardo del Gran Premio di Monza. Quell’anno avrebbe vinto il suo storico rivale James Hunt, ma la stagione successiva fu tutta per l’austriaco che vince il secondo dei suoi tre titoli mondiali.
La curva dello schianto è stata rinominata Laudakurve, Niki è rimasto nel mondo automobilistico con il suo inconfondibile berretto rosso e ha dovuto fare autocritica. Quando tornò in pista, infatti, Lauda non si fermò mai a salutare Arturo:

Venne a trovarmi in Austria qualche mese dopo e fece il gesto di togliersi l’orologio per regalarmelo. Io lo presi e lo lanciai via. I meccanici dell’Alfa lo raccolsero, vennero da me e mi fecero un sacco di paternali, forse avevo sbagliato, ma io c’ero rimasto male

Ha impiegato tre decenni per ringraziare Arturo per il gesto che gli ha salvato la vita. Anche lui, ancora oggi ricorda quei momenti drammatici. Sempre con il cappello da cowboy sempre in testa.

 

Fonte: video Rai

Dal suo esordio in Formula 1, nel 1996 con la Minardi, Giancarlo Fisichella ha aspettato ben otto stagioni prima di trionfare per la prima volta in un Gran Premio. E come se non bastasse l’attesa e la trepidazione, per il pilota romano nato il 14 gennaio 1973, la premiazione fu rimandata al successivo circuito per un disguido dei commissari Fia.
Sì perché il Gp del Brasile del 2003 che vinse il pilota passato nel frattempo alla Jordan fu semplicemente uno dei più rocamboleschi, assurdi, potenzialmente pericolosi e imprevedibili degli ultimi decenni. Sicuramente del nuovo secolo.

È il 6 aprile 2003, lo scenario è il circuito di Interlagos a San Paolo, terza gara della stagione appena cominciata. “Fisico” nei due precedenti Gp in Australia e Malesia non ha visto la bandiera a scacchi, essendosi ritirato prima della conclusione del tracciato. In Brasile pioveva copiosamente e sull’esito finale peserà la decisione delle scuderie, risalente all’ottobre precedente, di utilizzare un solo tipo di pneumatici da bagnato per evento. Questa scelta, motivata con la necessità di tagliare i costi, spinse Michelin e Bridgestone a fornire alle scuderie gomme intermedie, caratterizzate da una maggiore versatilità, tuttavia, queste coperture si rivelarono inadeguate in caso di forti precipitazioni come quelle avvenute nella gara brasiliana.

Poco prima della partenza sul circuito di Interlagos cominciò a diluviare così la partenza fu rinviata di un quarto d’ora, in modo da attendere la diminuzione dell’intensità e la gara fu fatta partire in regime di safety car. Frentzen, Verstappen, Fisichella, Panis, Pizzonia e Firman approfittarono della situazione per rifornire mentre gli altri proseguirono dietro alla vettura di sicurezza, che si fece da parte dopo otto giri.

Iniziò così lo show che alla fine contò 10 ritiri:  all’ottavo giro, a Nick Heidfeld cedette il motore, mentre otto giri dopo Justin Wilson andò in testacoda e anche lui è costretto al ritiro. Durante il 18º giro sulla vettura di Firman si ruppe senza preavviso la sospensione anteriore destra e la monoposto dell’irlandese, senza più controllo, si schiantò contro quella di Panis ed entrambi i piloti furono costretti al ritiro. Montoya, nel corso del 25º passaggio, uscì di pista alla curva Do Sol, andando a sbattere violentemente contro le barriere. Nello stesso punto uscirono di pista anche Pizzonia, la cui Jaguar colpì la monoposto del colombiano ferma nella via di fuga, e, due giri più tardi, Michael Schumacher.

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Con una continua e incessante presenza della safety car, il Gp stava procedendo a singhiozzo. Al giro 33, anche il pilota inglese Jenson Button della BAR uscì di pista alla curva Do Sol; poco prima, invece, si era ritirato per un testacoda dovuto ad un suo errore anche Jos Verstappen su Minardi, che al momento era ottavo. Il pilota olandese era partito con il serbatoio completamente pieno di benzina e, come ammise anni dopo l’allora proprietario del team faentino Paul Stoddart, se non avesse compiuto errori e fosse arrivato al traguardo avrebbe potuto conquistare il podio o addirittura la vittoria. La Minardi aveva infatti pianificato una strategia di gara che prevedeva un caos totale derivante da un possibile nubifragio.

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La gara ripartì al 34º passaggio, con Coulthard in testa davanti a Barrichello, Ralf Schumacher, Alonso, Räikkönen e Fisichella. Con la pista che si stava asciugando gradualmente il pilota finlandese risultò tra i più rapidi ad adattarsi alle condizioni variabili, portandosi rapidamente in terza posizione alle spalle di Barrichello. Quest’ultimo recuperò terreno su Coulthard, mettendo pressione all’avversario e sopravanzandolo nel corso del 44º passaggio. Una volta in testa alla corsa, Barrichello fece segnare il giro più veloce in gara, staccando nettamente Coulthard, ma tre tornate più tardi il pilota brasiliano fu costretto al ritiro per un problema di pescaggio del carburante.

Coulthard tornò quindi al comando davanti a Räikkönen, Fisichella, Alonso, Frentzen, Villeneuve, Trulli e Webber: lo scozzese rifornì per l’ultima volta cinque giri più tardi, rientrando in pista in terza posizione. Räikkönen, in crisi con le gomme, commise un errore, cedendo la posizione a Fisichella e rientrando ai box a sua volta nel corso del 54º giro. Nel frattempo, però Webber perse il controllo della sua Jaguar nelle ultime, veloci curve che precedono il rettilineo d’arrivo, andando a sbattere violentemente contro le barriere e disseminando il tracciato di detriti. Alonso, arrivato troppo velocemente nella zona dell’incidente, colpì una delle ruote della monoposto dell’australiano, sbattendo a sua volta contro le barriere di protezione. La gravità di questi incidenti, in particolare quello del pilota spagnolo che fu trasportato in ospedale per accertamenti, spinse la direzione gara ad esporre la bandiera rossa interrompendo la gara.

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Al momento dell’interruzione Fisichella, in testa alla corsa, aveva appena completato il 55º giro, iniziando il 56º. Secondo il regolamento la classifica avrebbe dovuto essere stilata in base all’ordine dei piloti due tornate prima della sospensione della gara, quindi al termine del 54º passaggio. Tuttavia, per un errore del sistema di cronometraggio, la direzione gara considerò il Gran Premio concluso prima del transito di Fisichella sotto il traguardo, riportando quindi l’ordine di arrivo al 53º giro, quando Räikkönen era al comando della gara. Il pilota finlandese fu dichiarato vincitore, davanti a Fisichella, Alonso, Coulthard, Frentzen, Villeneuve, Webber e Trulli.

Accortasi dell’errore, la Fia convocò una riunione al termine della quale fu ristabilito il corretto ordine di arrivo e Fisichella fu proclamato vincitore. Il pilota romano, vincitore per la prima volta in carriera, ricevette il primo premio da Räikkönen in occasione del successivo Gran Premio di San Marino. “Fisico” fu il primo italiano a vincere una gara di F1 dopo ben undici anni di digiuno: l’ultimo a riuscirci è stato Riccardo Patrese al Gran Premio del Giappone 1992.

L’avevano definito di ghiaccio, non incline a far trasparire sentimenti, seguendo un classico stereotipo da uomo tutto d’un pezzo tedesco. Del resto Michael Schumacher parlava in pista, con le vittorie, i sorpassi, i contatti aggressivi.
Nella sua lunga e dominante carriera in Formula 1, l’ex ferrarista solo poche volte ha esternato i suoi sentimenti più personali, privati. E’ successo nel 2000, al termine del Gran Premio di Monza, gara che rimarrà tristemente nota per i rocamboleschi incidenti avvenuti a inizio tracciato che causarono la morte al commissario di gara Paolo Gislimberti, colpito al torace ed al volto da una ruota e da un pezzo di sospensione staccatisi dalla Jordan di Frentzen.

A Monza, però, si celebrò il ritorno prepotente di Schumacher nella lotta per il titolo iridato. Quando mancavano solo quatto circuiti alla fine della stagione, il ferrarista, infatti, compì il cosiddetto Grande Slam ottenendo vittoria, pole position e giro veloce. Fu la carica, la marcia in più, per arrivare, alla fine dell’anno, davanti a tutti: Schumi, infatti, dopo una serie di ritiri e secondi posti, inanellò quattro vittorie di fila, tenendosi dietro i rivali Mika Häkkinen e David Coultard.

A fine gara, durante la conferenza con le domande di rito, gli appassionati scoprirono il lato umano di Schumi. Un giornalista gli chiese:

Michael, hai raggiunto le 41 vittorie di Ayrton Senna, significa molto per te?

Il glaciale teutonico si sciolse, riuscendo solo a dire «Sì significa molto per me…», per poi abbassare la testa, nascondersi dietro il cappello rosso, lasciandosi andare in un lungo, sincero e spontaneo pianto. L’importante accostamento al talento brasiliano, un traguardo individuale maestoso, ben 41 vittorie, toccarono le corde dei sentimenti del pilota tedesco. Häkkinen, sincero, amico e rivale d’onore, lo consolò appoggiandogli un braccio, in una conferenza che diventò surreale, tutto divenne spontaneo e genuino e nessuno volle rovinare quel momento magico.
Il cuore di Schumacher, tante volte visto in pista, si mostrò quella volta al mondo intero. Senza casco.

Oltre al danno, la beffa. La stagione di Formula 1 per la Ferrari si sta archiviando nel peggiore dei modi possibili, mostrando platealmente tutte le difficoltà di una scuderia che non riesce a imporsi nelle gerarchie dei suoi due piloti. Al termine di una domenica bestiale Max Verstappen ha conquistato il GP del Brasile di F1: il pilota della Red Bull ha mostrato i muscoli e si è preso la vittoria con due sorpassi da urlo su Hamilton. La follia, invece, si è manifestata dietro tra Leclerc e Vettel che si sono buttati fuori nel finale. Secondo Gasly con la Toro Rosso dopo due safety car, mentre Hamilton è stato penalizzato per il contatto con Albon e ha perso il terzo posto che è andato a Sainz.

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Idue piloti Ferrari, Sebastian Vettel e Charles Leclerc, hanno letteralmente perso la testa, commettendo un errore gravissimo buttandosi fuori a pochi giri dalla fine quando erano in lotta per la quarta posizione. Nessun ordine di scuderia dal muretto e i due piloti hanno deciso di dar vita a una lotta all’ultimo sangue che li ha penalizzati. Contatto e foratura per entrambi che sono stati costretti a parcheggiare le loro SF90 nell’erba. Il tedesco è stato opaco per tutta la gara perdendo la posizione al via da Hamilton e poi da Albon nel corso della gara. Più pimpante il monegasco che, scattato dalla 14.esima piazza, stava rimontando alla grande.

Un finale di gara grottesco, che sottolinea ancora una volta la convivenza ormai impossibile tra chi ha vinto quattro titoli mondiali  ai tempi della Red Bull  e un ragazzino baciato dal talento che non ha alcuna voglia di mettere la divisa del gregario. Una squadra in difficoltà vede finalmente la luce, ma a spegnerla a intermittenza sono proprio i suoi piloti.

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Uno, due, tre, quattro, cinque e sei. Lewis Hamilton ha conquistato il suo sesto titolo mondiale in Formula 1. Al pilota Mercedes è bastato il 2° posto nel GP degli Stati Uniti per laurearsi aritmeticamente campione e avvicinarsi a – 1 dal record assoluto di Michael Schumacher. Ad Austin la vittoria è andata all’altra Mercedes di Bottas, con la Red Bull di Verstappen a completare il podio. Giornataccia per la Ferrari: 4° Leclerc, ritiro per uno sfortunato Vettel.

Il conto alla rovescia era iniziato ormai da tempo e al Circuit of the Americas si è infine interrotto. Hamilton è campione del mondo per la sesta volta in carriera, la terza consecutiva. Un titolo arrivato al termine dell’ennesima stagione di dominio per la Mercedes, in cui il fuoriclasse di Stevenage ha portato a casa 10 vittorie e 4 pole position, su un totale di 14 e 9 per il team. La nota stonata, per un perfezionista come il britannico, è che ancora una volta non è riuscito a festeggiare con una vittoria nella gara decisiva, com’era accaduto anche nel 2017 e nel 2018. Poco male per Lewis, che già nel 2020 potrà mettere nel mirino quel settimo titolo che lo porterebbe a eguagliare il mito di Schumi.

C’è stata gloria per Bottas nella domenica di Austin: il finlandese è stato autore di una partenza impeccabile dalla pole e la strategia a due soste (contro quella singola del compagno) alla fine lo ha premiato. Si è dovuto accontentare invece del terzo posto Verstappen, che nel finale non è riuscito a infilare Hamilton nonostante la differenza di ritmo, anche a causa di una bandiera gialla nel secondo settore che non gli ha permesso di attaccare.

Domenica totalmente da dimenticare per la FerrariVettel è stato autore di una partenza disastrosa, dovuta a qualche evidente problema tecnico sulla sua SF90. Si è ritrovato 7° dopo un paio di giri ed è stato poi costretto al ritiro a causa di un incredibile cedimento della sospensione posteriore destra sulla sua vettura; Leclerc ha invece chiuso 4°, la sua posizione di partenza, con il “contentino” del giro veloce, senza però mai dare l’impressione di poter tenere il ritmo dei tre davanti. Ennesima prova di come, tanto in termini di affidabilità quanto in termini di passo, la Ferrari abbia ancora un evidente gap da colmare nei confronti della Mercedes.

Alle spalle di Leclerc ha chiuso l’altra Red Bull di Albon, seguito dalla Renault di un super Ricciardo. In settima e ottava posizione le McLaren di Norris e Sainz, a conferma del ruolo di “best of the rest” per il team britannico. A chiudere la top 10 Hulkenberg con l’altra Renault e Kvyat con la Toro Rosso.

Charles Leclerc ha vinto il GP d’Italia e riportato una Ferrari sul gradino più alto del podio di Monza a 9 anni di distanza dall’ultima volta. Il monegasco ha trionfato al termine di una gara tiratissima, in cui ha dovuto tenere a bada le scatenate Mercedes di Bottas e Hamilton, rispettivamente 2° e 3° al traguardo. Gara buttata da Sebastian Vettel, che è finito in testa coda in avvio, è stato penalizzato e ha poi chiuso addirittura 13°.

Il digiuno è finito. Dopo aver regalato il primo successo stagionale alla Rossa a Spa, Charles ha anche riportato a Maranello la vittoria più ambita, quella nel GP di casa, che mancava dal trionfo di Alonso del 2010. Lo ha fatto al termine di una battaglia al cardiopalma con le Mercedes, prima quella di Hamilton, poi quella di Bottas, arrivato nel finale con gomme molto più fresche dei due rivali. Come in Belgio, il monegasco è stato fenomenale nel resistere alla pressione, nonostante un paio di errori (e un paio di ammonizioni da parte dei commissari), che hanno fatto salire il cuore in gola alla marea rossa dell’autodromo.

Alla fine, però, i tifosi hanno potuto esultare. Il tutto nonostante la domenica da incubo di Sebastian Vettel. Il tedesco è finito in testacoda (da solo) alla variante Ascari, mentre si trovava al 4° posto e stava spingendo per provare ad agguantare la coppia Mercedes. Finito nella ghiaia, è poi rientrato improvvisamente in pista, andando a colpire la Racing Point di un incolpevole Stroll. Una manovra piuttosto pericolosa, che gli è costata anche un’inevitabile penalità: 10 secondi di stop and go. Risultato finale: un 13° posto che fa male a lui e a tutti i tifosi della Rossa. Ennesimo pasticcio per un pilota che sembra ormai l’ombra di se stesso.

La notizia positiva è che Charles Leclerc parte in pole nel GP d’Italia. La quarta stagionale e la seconda consecutiva dopo Spa per il pilota monegasco. La notizia negativa è che la prima casella della griglia di Monza è arrivata al termine di un Q3-farsa, in cui tutti i piloti hanno rallentato per cercare le scie e poi hanno preso bandiera a scacchi, senza poter migliorare il tempo del primo stint. Secondo Hamilton, in seconda fila Bottas e Vettel.

Una qualifica mai vista prima, una situazione quasi “da Moto3“, che non dà certo una bella immagine della F1. Quello di Monza è stato senza dubbio il Q3 più bizzarro della stagioneLeclerc ha chiuso in 1’19”307 il primo stint, tenendosi alle spalle le due Mercedes di pochissimo (+ 0”039 Hamilton+ 0”047 Bottas). Vettel aveva ottenuto il 4° tempo (+ 0”150), senza riuscire a prendere neanche una scia, a differenza dei tre rivali. Poi, la farsa: piloti fuori a 2 minuti dalla fine della sessione, continui rallentamenti in pista per cercare di prendere la scia migliore e passaggio sul traguardo quando la bandiera a scacchi aveva già cominciato a sventolare.

Una grossa delusione per Seb, che aveva tutte le carte in regola per fare benissimo e regalare ai tifosi una prima fila tutta rossa. Hanno ottenuto il massimo invece le Mercedes, che sembravano destinate a inseguire a distanza e invece si sono ritrovate lì, pronte ad attaccare Charles in partenza e con un passo gara eccezionale. Il giro conclusivo è stato messo sotto investigazione, ma Hulkenberg, Sainz e Stroll sono semplicemente stati richiamati con una reprimenda ufficiale mentre le riprese tv non hanno chiarito se Vettel, nel giro che gli è valso il quarto tempo, avesse oltrepassato il bordo pista alla Parabolica e quindi non sono stati presi provvedimenti.

L’appuntamento con la gara è alle 15.10 in diretta esclusiva su Sky Sport F1 (canale 207) e Sky Sport Uno (canale 201).

 

Jean Todt, ex manager della Ferrari e oggi presidente della Fia (Federazione Internazionale dell’Automobile), torna a parlare dell’ex pilota di F1 Michael Schumacher, a sei anni dal terribile incidente sulle piste da sci avvenuto a Meribel, nelle Alpi francesi, il 29 dicembre 2013.

Todt, intervistato da Radio Monte Carlo, ha parlato delle attuali condizione del campione e del rapporto di amicizia che li lega ancora oggi, seppure in maniera diversa: «Sono sempre molto cauto quando faccio queste dichiarazioni, ma è vero: ho guardato con lui le gare di Formula 1 nella sua casa in Svizzera. Michael non si arrende, continua a combattere ed è nelle migliori mani», ha dichiarato l’ex manager facendo riferimento al team che segue il campione in questa lunga fase di riabilitazione a cui è sottoposto.

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Oltre ad aver ammesso di aver visto il Gp di Hockenheim, durante l’intervista, Todt ha anche rivelato che, anche se oggi non c’è più la comunicazione di un tempo, a legarli c’è ancora una grande amicizia, nata nella lunga esperienza condivisa in Ferrari dal 1996 al 2006, durante la quale Schumacher ha vinto ben cinque Mondiali. Poi ha aggiunto: «Michael continua a lottare, e con lui la sua famiglia».

Intanto Mick Schumacher, il figlio 20enne di Michael, ha intrapreso la strada di suo padre. Pilota di formula 2 e membro della Ferrari Driver Academy, nel Gran Premio di Hockenheim ha avuto occasione di guidare la monoposto dell’indimenticabile campione.

 

Gara pazza, suggeriva il meteo. E gara pazza è stata, tra pioggia a intermittenza, innumerevoli Safety car (4 più 3 virtual), incidenti a ripetizione e un numero nemmeno quantificabile (non in tempo reale) di cambi gomme. L’ha vinta Max Verstappen tra il tripudio dei tifosi arancioni che hanno trasformato anche Hockenheim in un circuito olandese. Bravo, Max, a sopravvivere, rimediando anche a un testacoda e a scappare quando è stato il momento. Per una vittoria che resterà nella memoria della Formula 1. Secondo Sebastian Vettel, che era partito ultimo. Bravissimo, dunque. A scattare avanti mangiandosi via una grossa fetta del gruppone. Poi ha faticato un po’ sul passo. Ma a differenza di tutti gli altri non ha mai sbagliato e ha sfruttato l’occasione nel finale, quando la Safety car lo ha portato sotto il gruppo di outsider che si è sorprendentemente trovato in lotta per il podio. Sul quale è salito Daniil Kvyat, per la prima volta sulla Toro Rosso (nel 2016 ci salì con la Red Bull). La Toro Rosso non ci saliva da 11 anni, da Monza 2008 con Vettel. Sì, perché le due Mercedes e la Ferrari di Charles non sono arrivate in fondo, come anche la Red Bull di Pierre Gasly. Tutte e tre hanno sono uscite di scena nel cambio di direzione del Motordom. Talmente insidioso da diventare una specie di Trattoria al Curvone di Fantozzi. Con continue uscite di pista. Dalla battaglia esce felice anche Antonio Giovinazzi, ottavo, miglior piazzamento in carriera.

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Al via Verstappen si inchioda e volan davanti le due Mercedes: 1° Hamilton, 2° Bottas. Dietro Leclerc balza da 10° a 6° e Vettel da 20° a 14°. La prima Safety entra al 3° giro per l’incidente Sergio Perez. Girandola di cambi per mettere le gomme intermedie. Vettel continua a risalire, arriva all’8° posto. Dal 23° giro qualcuno comincia ad azzardare le gomme slick, comincia Magnussen, poi Vettel (rosse), Verstappen (gialle) e via via tutti gli altri, sfruttando la Virtual safety car decretata per un lungo di Lando Norris (uscito di scena). Solo che con le slick non si sta in pista. Tutti gli errori sono nel cambio di direzione al Motodrom, le ultime due curve : Verstappen si gira, un 360°, ma resta in pista. Leclerc no, si schianta e si impantana nella ghiaia, disperato. Poco dopo sbaglia anche Hamilton, nello stesso punto. Danneggia l’ala, ma riesce a ripartire, entra ai box, tagliando malamente la traiettoria (si prenderà 5” di penalità) i meccanici non hanno le gomme pronte, il pit durerà 50”. Ancora Safety car, e ancora tutti dentro a rimettere le gomme verdi-intermedie. Davanti c’è Verstappen, secondo Hulkenberg, terzo Bottas, quarto un eccellente Albon, quinto Hamilton, Vettel è ottavo.

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Le due Mercedes si prendono seconda e la terza posizione. Davanti Verstappen allunga. È il giro 41 quando nel solito punto va a sbattere Nico Hulkenberg. Safety car, allora. Ancora un giro di pit per rinnovare le verdi, ma non per tutti. Il che rimescolerà molto le carte. Perché al 48° giro non piove, la pista va asciugandosi di nuovo e c’è la processione ad andare a montare le rosse. In testa rimane Verstappen, ma dietro è bagarre: secondo Stroll, terzo Kvyat, quarto Bottas, quinto Sainz; Vettel è nono, Hamilton dodicesimo, Giovinazzi tredicesimo. Kvyat passa Stroll; Albon supera Gasly per il 7° posto. Al 52, incredibile, sbaglia ancora Hamilton, un 360° senza urti, che lo sbalza ultimo, cioè 15°, dietro anche alle povere Williams: alla fine chiuderà 11°. E tre giri dopo scivola via anche l’altra Mercedes: Bottas si stampa sotto al solito Motodrom. Con l’ennesimo boato degli olandesi in tribuna. Torna dentro la Safety car, che ormai ha fatto quasi gli stessi giri delle auto in corsa. E si ricuce tutto: Vettel è quinto, davanti ha Sainz, Stroll e Kvyat. Il podio è a portata. Al giro 60 si prende Sainz. Sul rettilineo del 62° si fuma Stroll. Al 63 si prende Kvyat ed è secondo. E contento, un’iniezione di fiducia di cui aveva tanto bisogno.

 

 

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That’s one VERY happy podium 🥳🍾 . Epic race, guys 👏👏👏 Enjoy your celebrations! . #GermanGP 🇩🇪 #Formula1 #F1

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