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Nel 1997 papà Enrico è inserito nella lista dei papabili vincitori del Pallone d’Oro. A ottobre, nella famiglia Chiesa, nasce il primogenito Federico, negli anni in cui papà è Parma dopo gli anni tra Sampdoria, Cremonese e Modena. Oggi quel piccoletto ha 21 anni, gioca nella Fiorentina che visto protagonista anche il padre e rappresenta il presente e futuro del calcio italiano. Federico Chiesa sta vivendo la stagione della consacrazione in maglia viola. È il punto fermo della squadra di Stefano Pioli, impegnata questa sera nell’anticipo contro il Frosinone.

Giovanni Simeone sta vivendo finora una stagione opaca, Marko Pjaca gioca poco anche perché non sta rispettando le aspettative su di lui. Gerson va a corrente alternata, Thereau è scomparso dai radar. Chiesa è il vero leader della Fiorentina, capace di seminare il panico nelle difese avversarie grazie alla sua versatilità. Ala destra e anche sinistra, rifinitore delle punte, ora c’è qualcuno che lo vorrebbe alla Mertens come punta centrale. Tant’è che le voci di mercato di un futuro lontano dal “Franchi” si fanno sempre più insistenti. Juventus e Inter hanno messo gli occhi sul talento viola.

Federico è però concentrato sul campionato dei viola, con l’obiettivo di tornare in Europa. Due i gol finora siglati in questo campionato, contro Chievo e Spal, con un ruolo da protagonista nell’autorete di Skriniar in Inter Fiorentina. La Nazionale di Roberto Mancini non può più fare a meno di lui e Chiesa spera di seguire le orme di Bernardeschi, tra i capisaldi degli Azzurri dopo essere cresciuto calcisticamente a Firenze. L’esterno della Fiorentina ha ancora enormi margini di miglioramento, soprattutto in fase realizzativa e nella capacità di giocare a testa alta. La sua corsa e il suo talento sono però letali, ma deve stare attento a non incollarsi l’etichetta di cascatore. L’episodio del rigore contro l’Atalanta ha fatto molto discutere e anche nella sfida contro l’Inter Asamoah ha utilizzato parole poco dolci nei suoi confronti (“La sfida con Chiesa? Ho giocato contro di lui 3-4 volte: è forte, ha gamba, è intelligente A un certo punto però non lo sopportavo più perché andava giù senza che facessi nulla”).

Al Franchi di Firenze va in scena una classica del calcio italiano: Fiorentina – Roma. Una partita storicamente ricca di gol con giocatori di spessore.

Su tutti un doppio ex da capogiro come Gabriel Omar Batistuta. L’argentino arrivato in Italia proprio grazie alla Viola e che poi si è trasferito a Roma dove ha vinto uno Scudetto.

Un centravanti fortissimo che ha fatto la fortuna di entrambe le squadra quando ha giocato, oltre che all’Argentina.

Tantissimi i gol messi a segno prima con la Fiorentina dell’era Cecchi Gori e poi con la Roma targata famiglia Sensi.

Con la maglia viola oltre 200 gol di cui 168 in Serie A, con la Roma 30 reti in campionato di cui uno proprio contro la sua ex squadra nell’annata del terzo scudetto della storia giallorossa.

Una rete che i tifosi romanisti ricordano bene perché ha regalato 3 punti pesanti per quella trionfale stagione. Ventisei novembre 2000, marcatura al 38esimo della ripresa in una partita imbrigliata sullo 0-0. Batigol la risolve con una bordata da fuori area che non lascia scampo al portiere Francesco Toldo.

La vena realizzativa e la cattiveria sotto porta è quella che contraddistingueva Batistuta e che sta mancando un po’ agli attaccanti delle due squadre: Simeone e Dzeko.

L’argentino in questa stagione è partito decisamente sottotono. Finora il Cholito ha messo a segno solamente due gol con prestazioni spesso insufficienti e scarse occasioni da gol. La viola è calata molto a livello di gioco e ovviamente l’attacco ne ha risentito molto, specie Giovanni Simeone.

Stesso discorso vale per Edin Dzeko. Al bosniaco in realtà manca solamente il gol in campionato dato che in Champions League e in nazionale ha realizzato diverse marcature. Contro il Napoli partita anonima per il numero 9 balcanico che vuole rifarsi e vuole provare a timbrare il cartellino per il bene della Roma.

Quella contro l’Atalanta è forse la partita in cui ha giocato peggio e anche molto contestata per via di un rigore decisivo assegnato erroneamente su simulazione di Chiesa. Ma i tre punti conquistati hanno rilanciato nuovamente la Fiorentina, ora terza in Serie A con 13 punti. Un buon, sorprendente inizio, impreziosito da un altro dato: la squadra titolare di Stefano Pioli è la più giovane dei cinque maggiori campionati d’Europa, come evidenziato dall’ultimo studio del CIES.

Nei primi mesi di campionato, infatti, la Fiorentina ha giocato con una formazione di età media pari a 23.79 anni, la più giovane fra i primi cinque tornei continentali che comprende oltre l’Italia, Francia, Spagna, Germania e Inghilterra. Un esempio su tutti: il suo portiere titolare, il francese Alban Lafont, arrivato in estate dal Tolosa, ha 19 anni.

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La seconda squadra più giovane è il Mainz, con 23.93 anni di media, mentre sul gradino più basso c’è il Nîmes con 24.20 anni di media. Il dato è significativo perché questa Fiorentina, piena zeppa di qualità e sfrontatezza, ha tutte le carte in regola per piazzarsi tra le prime sei squadre a fine campionato, ma non solo: è un dato altrettanto rilevante in una Serie A che conta cinque squadre fra le prime dieci con l’età media più vecchia d’Europa (le prime tre sono tutte italiane e sono Chievo Verona, Parma e Juventus).

La morte del capitano Davide Astori, deceduto per arresto cardiaco nella notte fra il 3 e 4 marzo 2018, ha segnato profondamente i ragazzi, la società e tutta la città di Firenze. Nonostante la perdita umana e lo shock, la squadra ha reagito con grinta sul campo, iniziando a vincere partite su partite, sfiorando anche la qualificazione all’Europa League. Astori viene costantemente ricordato dal popolo viola: Pezzella, attuale capitano, porta la sua fascia al braccio, mentre al termine di ogni match i giocatori si avvicinano al pubblico facendo un saluto militare, sempre in ricordo di Davide.

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E poi ci sono gli acquisti che portano principalmente la firma di Pantaleo Corvino, uno noto nel calcio per avere occhio, lungimiranza e saper puntare sui giovani promettenti. Jordan Veretout, piacevole sorpresa della scorsa stagione, si sta confermando su livelli altissimi così come Giovanni Simeone e Federico Chiesa. Poi c’è il giovane difensore serbo Nikola Milenkovic, uno dei migliori della sua nazionale ai Mondiali in Russia e ora, a vent’anni, è un punto fermo della difesa della Fiorentina così come Cristiano Biraghi, terzino, e Marco Benassi, centrocampista, entrambi cresciuti nell’Inter.

Da quest’anno lì davanti c’è anche Marko Pjaca, che quando nel 2016 la Juventus lo comprò dalla Dinamo Zagabria era considerato uno dei migliori giovani esterni d’attacco europei. Poi ha avuto un grave infortunio al ginocchio che lo ha bloccato per quasi un anno, ma ora a Firenze sta tornando lentamente in forma.

I suoi 195 centimetri imporrebbero una forzatura di ruolo, quasi scontata: il difensore centrale. Invece ci si accorge che ha anche corsa, che segue i movimenti e le sovrapposizioni. E che è in grado di segnare. E non solo di testa, una bella incornata proprio come ha fatto contro la Spal; no, sa segnare gol fantastici, come contro il Chievo Verona alla prima giornata di Serie A.

Nikola Milenkovic è uno dei tanti volti positivi di questo inizio di stagione tra le fila della Fiorentina. Nel club viola che sa esprimere talento e offre ogni anno nuovi interessanti giocatori, tra Chiesa e Simeone, tra Veretout, Pjaca ed Eysseric, c’è anche il difensore numero 4. Che con i suoi 195 centimetri non ha iniziato la stagione come centrale di difesa, ma come terzino destro.

Un ottimo Mondiale giocato con la Serbia nonostante Brasile e Svizzera a complicare la vita, poi il rientro a Firenze e alla Fiorentina che nell’estate del 2017 l’ha prelevato dal Partizan Belgrado, puntando su di lui e spendendo una cifra attorno ai cinque milioni di euro. Ma gli occhi dei club europei sono su di lui, quelli dell’Atletico Madrid in particolar modo, ma non spostano le convinzioni dei Della Valle: tutti i giocatori sono confermati, non va via nessuno.

 

 

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Altra giornata fantastica si vola per sognare tutti insieme!! Davide sempre con noi!!! Grande Viola!! 💜💜💜💜💜💜💜💜

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Così Milenkovic, che compie 21 anni ad ottobre, accetta le indicazioni di Pioli, a testa bassa inizia a pedalare. Non solo perché manca un terzino davvero tale, ma anche perché la coppia dei due centrali sta dimostrando affiatamento e buon rendimento: il capitano German Pezzella, e la sorpresa Vitor Hugo che dall’anno scorso ha fatto un miglioramento esponenziale diventando una vera e propria sicurezza per la retroguardia viola.

Cinque partite questa stagione in Serie A, due gol e diverse discese. Qualche bonus tra +3 di gol e +1 di assist: Milenkovic può essere la sorpresa del Fantacalcio.

 Alberto Gilardino lascia il calcio, ma solo quello giocato. La notizia non è ancora ufficiale, ma sembra che il campione del Mondo 2006 sia pronto ad appendere le scarpette al chiodo per intraprendere la carriera in panchina: ha sostenuto a Coverciano l’esame per ottenere l’abilitazione da allenatore Uefa pro. Di fatto Gila dice addio al calcio visto che la licenza Uefa A e B è incompatibile con la carriera di calciatore.

Alberto Gilardino a Piacenza

Nato a Biella il 5 luglio 1982 (la stessa data di Italia Brasile del Mundial di Spagna), Gilardino è esploso nel Piacenza con l’esordio in A il 6 gennaio 2000 contro il Milan, squadra che tornerà nel suo destino. Poi Verona e la consacrazione a Parma: 50 gol in 96 partite, con lo spettacolare poker condiviso con Cristiano Lucarelli in Parma Livorno del 2005 (finita 6-4).

Il salto di qualità definitivo è il passaggio al Milan: nei tre anni in rossonero vince la Champions League nel 2007 (contribuendo al trionfo europeo con il gol in semifinale contro il Manchester United) il Mondiale per club e la Supercoppa europea. Esaurito il ciclo al Milan, Gila passa alla Fiorentina, club con cui tornerà ai massimi livelli raggiunti a Parma: memorabile il suo esordio in viola, con gol del pareggio in extremis contro l’odiata Juventus. Dopo Firenze, dal 2012, l’attaccante prosegue la sua girandola di squadre: due volte al Genoa, Bologna, in Cina al Guangzhou, di nuovo alla Fiorentina, Palermo, Empoli, Pescara e Spezia. In Liguria ha disputato la sua ultima stagione, con 16 presenze e 6 reti in serie B (e il contestato rigore fallito nell’ultimo match contro il Parma).

Alberto Gilardino con la Fiorentina

Gilardino chiude la sua carriera con 273 gol in 755 presenze, di cui 19 reti in Nazionale e 188 in serie A (9° marcatore di sempre con Del Piero e Signori). Memorabile, in maglia azzurra, resta il Mondiale vinto in Germania nel 2006, con la rete messa a segno contro gli Usa nella seconda giornata, seguita dall’immancabile esultanza con il violino. Indimenticabile anche l’assist a Del Piero per il 2-0 con cui l’Italia sconfisse i padroni di casa tedeschi in semifinale.

L’esultanza con il violino dopo il gol agli Usa nel 2006

Con il ritiro di Gila, restano ancora in attività tre campioni del mondo, o forse quattro. Sono Buffon, Barzagli e De Rossi: di Zaccardo, dopo l’annuncio di lavoro su Linkedin per trovare una squadra e l’esperienza nel campionato maltese, non si hanno notizie sul prosieguo della sua carriera.

Sono passati quasi 29 anni da quel 17 settembre 1989 in cui un giovanissimo Roberto Baggio salì in cattedra al san Paolo di Napoli per segnare un gol “alla Maradona”.

Un match sentitissimo quello tra i partenopei, guidati dal Pibe de Oro, e la Viola da un promettente Divin Codino che, da lì a poco, diventerà icona del calcio mondiale.

Un Napoli ricco di campioni, capace di vincere poi il secondo scudetto della storia, e una Fiorentina incognita che poi chiuderà a 28 punti, raggiungendo a fatica la salvezza.

Quella partita però è rimasta nella storia del calcio italiano, non tanto per il risultato, ma per come è stata interpretata soprattutto dal giovane Baggio. Complice l’assenza di Diego Armando Maradona, lasciato il primo tempo a a riposo in panchina, il numero 10 viola è riuscito a mettere in mostra tutto il suo talento.

In effetti, nei primi 45 minuti il funambolico fantasista viola realizza una doppietta, portando i toscani sul 2-0 all’intervallo, davanti a uno sorpreso Maradona, fremente in panchina.

Baggio segna una doppietta: la prima rete  su rigore al 22esimo minuto dopo che lui stesso se lo procura. Il numero 10 entra in area dribblando Renica che da terra lo stende. Dal dischetto Roby non sbaglia.

Ma il meglio deve ancora venire. Nove minuti più tardi Baggio decide di prendere palla a centrocampo e partire puntando diritto verso la porta napoletana. Salta nuovamente il difensore Renica e anche un terzino, per poi trovarsi di fronte il portiere Giuliani. Diagonale? Scavetto? No! Il numero 10 decide di spostarsi la palla con la suola (tocco di pura classe), mettendo a sedere l’estremo difensore, per poi calciare a porta vuota. San Paolo annichilito e Roby Baggio scrive una bellissima pagina di calcio a casa di Maradona.

Il match poi sarà vinto dal Napoli grazie a una grandissima rimonta guidata da Maradona, ma in quel giorno a brillare è stata la stella di Baggio, stella che continuerà a brillare per tantissimi anni.

Il dramma legato al calciatore della Fiorentina, Davide Astori, è ancora una ferita aperta. Ma, nonostante il lutto, alcune questioni puramente pratiche e potremmo definire anche più superficiali, devono ugualmente essere affrontate, soprattutto se collegate all’immagine del capitano viola recentemente scomparso. 

Uno di questi problemi lo ha dovuto affrontare la FIFA, in relazione al celebre videogame FIFA 2018. Ecco il dubbio: è giusto mantenere Astori come attuale capitano e difensore della Fiorentina all’interno del gioco?

Dopo un confronto con il team viola l’Electronic Art ha preso la sua decisione e ha diramato questo comunicato:

Siamo rimasti sconvolti come l’intero mondo del calcio, per la prematura scomparsa di Davide Astori. Dopo esserci consultati con la Fiorentina nei giorni seguenti la scomparsa di Davide, abbiamo deciso di intraprendere le seguenti azioni per assicurarci di onorare al meglio la sua memoria: su richiesta del club, Davide Astori continuerà a far parte della rosa attuale della Fiorentina in FIFA; Gli oggetti FUT di Davide Astori verranno rimossi dai pacchetti; la fascia di prezzo massima per gli oggetti FUT di Davide Astori verrà ridotta

La EA Sport ha messo in chiaro soprattutto il punto relativo agli oggetti FUT perché dalla morte del giocatore si è assistito ad episodi speculativi inerenti le carte di Davide Astori, che hanno triplicato il loro prezzo.

Rinnovando le condoglianze per la famiglia, si è cercato di mantenere vivo il ricordo del capitano e nello stesso tempo impedire che fosse utilizzata la sua immagine per tentativi di sciacallaggio decisamente di cattivo gusto.

Il mondo del calcio è di nuovo in lutto: dopo la recente quanto sconvolgente morte del calciatore Davide Astori che si è spento nel sonno, ora è la volta di un allenatore, Emiliano Mondonico, amato da tutti per il suo modo schietto e spontaneo di rapportarsi con gli altri. 

L’allenatore “pane e salame”, così chiamato perché cresciuto imparando a giocare a pallone all’interno di un oratorio, era semplice, sincero e molto determinato. Comincia la sua carriera da calciatore quasi in sordina, militando nelle squadre di Cremonese, Torino, Monza e Atalanta. Siamo negli anni ‘70 e le sue qualità in campo si fanno subito notare. Quando decide di smettere di giocare non se la sente di abbandonare il calcio completamente e cambia solamente il ruolo in campo. Da calciatore ad allenatore, e comincia questa sua avventura proprio allenando quella Cremonese con la quale tutto è iniziato.

Da quel momento ha inizio per Mondonico un percorso ricco di successi, che lo vede prima allenare la Cremonese nella stagione dal 1981 al 1985, anno in cui intraprese l’esperienza di ct del Como e poi dell’Atalanta, ripresa poi nel 1994/95. Poi fu la volta di Torino e infine la memorabile panchina con la Fiorentina, nel 2003/2004, riuscendo a riportare in serie A anche la squadra viola.

Quel suo siparietto in Coppa Uefa è l’aneddoto che lo accompagnerà per sempre, tra un sorriso e una lacrima, per aver portato anche in Europa la sua autentica schiettezza, che in quel caso gli costò la squalifica di una settimana. Era la partita Torino-Ajax, la finale del 1992 giocata ad Amsterdam, e verso il termine del match le due squadre stavano a 0-0. Un pareggio che per il Mister non era giusto, per colpa di quell’arbitro che non assegnò il rigore a favore della sua squadra.

Mondonico allora fece quel gesto che tutti oggi ricordano: alzare la sedia in cielo in segno di protesta. 

 

Un episodio che non ha avuto alcun effetto negativo sulla sua carriera di commissario tecnico. Anzi, poco tempo dopo fu osannato per aver accompagnato proprio il Torino alla vittoria della Coppa Italia, che sconfisse in finale la Roma.

Anni di gloria che furono poi bruscamente interrotti da un malore circa sette anni fa, periodo in cui allenava l’Albinoleffe in serie B. Le sue condizioni misero in luce un tumore, contro il quale cominciò la partita più difficile della sua vita.

Ecco cosa diceva del suo male, dopo aver subito un intervento:

Ho conosciuto un avversario particolare in corso d’opera, ma non posso ancora dire di averlo sconfitto.

E queste le sue parole proprio qualche mese fa:

Ci sono trenta possibilità su cento che la Bestia ritorni. Il calcio mi dà la forza di per continuare la sfida

E quella bestia è tornata davvero e se l’è portato via a pochi giorni dal suo 71esimo compleanno. Adesso, con voce univoca, si esprime il cordoglio dei membri del mondo del calcio, dalle squadre che ha allenato e portato alla gloria, ai compagni d’avventura che hanno condiviso con lui gioie e dolori. 

E tra le parole di commiato per la famiglia da parte di amici e colleghi, piace a tutti ricordarlo come colui che si batteva per le ingiustizie in campo, amava il pallone in modo incondizionato e seguiva con passione i Rolling Stones, per ascoltare i quali era anche capace di farsi squalificare quando ancora non aveva appeso le scarpe al chiodo. 

Ieri, a Firenze, è cominciato l’ultimo viaggio di Davide Astori, accompagnato da tutta la città e da tutte le persone che gli hanno sempre voluto bene, dai familiari ai compagni di squadra fino alle migliaia di tifosi accorsi davanti alla basilica di Santa Croce per onorare il capitano viola per l’ultima volta. 

Il funerale del calciatore fiorentino, la cui vita si è spenta domenica per un arresto cardiaco, ha riunito persone appartenenti al mondo dello sport, della politica e anche della gente comune, con grande commozione e lacrime persino da chi non lo conosceva personalmente, ma ha imparato ad amarlo per il suo modo semplice e genuino di rapportarsi con tutti, anche nel calcio. 

Ed è così che lo ricorda nel suo discorso toccante il compagno di squadra Milan Badelj, che parla non solo a nome della Fiorentina ma di tutti i presenti: 

Sei il fratello o il figlio che tutti avrebbero voluto avere. I tuoi genitori non hanno sbagliato nulla con te, neanche una virgola. Tu non sei come gli altri, tu sei il calcio, quello vero, quello puro dei bambini. Il nostro pensiero va a tua mamma e tuo papà, ai tuoi fratelli, a Francesca e alla Principessa Vichy. Sei stato un uomo con la u maiuscola e noi dovremo dirlo a lei. Tu sei luce per tutti noi 

E aggiunge anche:

Non sapevi parlare le lingue, però ti facevi capire da tutti perché parlavi con il cuore e questo è un dono di pochi eletti

La voce rotta dall’emozione di chi vuole ricordarlo durante la celebrazione e le lacrime che inevitabilmente solcano i volti di tutti quelli che sono lì presenti per omaggiare Davide Astori sono la testimonianza di un affetto sincero che va aldilà dei colori della maglia.

E con la stessa sincerità viene accolta una fitta rappresentanza della Juventus, con a capo Gigi Buffon, seguito da Chiellini, Rugani, Barzagli, Benatia, Pjanic, De Sciglio e Allegri, che arrivano direttamente da Londra, dove hanno disputato il match di Champions League contro il Tottenham.

Ma il mondo del calcio non vuole e non può mancare per l’ultimo saluto al capitano della Fiorentina. Dalle alte rappresentanze come il Ministro dello Sport Luca Lotti, il presidente del Coni Giovanni Malagò, il commissario straordinario della Figc Roberto Fabbricini e il suo vice Alessandro Costacurta e l’ex commissario tecnico Gian Piero Ventura alle delegazioni di tutte le squadre.

E tantissimi giocatori, del calcio contemporaneo e di quello del passato: Francesco Totti, Marco Van Basten, Filippo Inzaghi, Andrea Pirlo, Francesco Toldo, Sebastien Frey, Marco Tardelli, Bruno Conti, ed Emilio Butragueno e tanti altri nomi che sarebbe impossibile citare tutti.

La cerimonia funebre, celebrata dall’arcivescovo di Firenze, è stata seguita con un silenzio solenne anche dalla grandissima folla fuori dalla chiesa: circa 10.000 persone venute solo per Davide Astori, che ascoltano le parole dell’omelia del cardinale Giuseppe Betori:

Il suo ruolo di capitano e i suoi valori lo consacrano per sempre alla storia della Fiorentina, il suo inserimento nella città lo rende fiorentino da sempre e per sempre

Al termine del funerale, il feretro è stato accolto con lunghi applausi, fumogeni viola e quel coro che saluta Davide con l’inno della Fiorentina. E, tra le voci che gridano “C’è solo un capitano”, qualcuno dice:

Ci vediamo domenica allo stadio, Davide 

Non c’è pace tra i tanti cari, familiari, amici, colleghi. L’incredulità è nei loro occhi e nei loro cuori, immobili, dopo la notizia della morta di Davide Astori. Riccardo Saponara, centrocampista della Fiorentina e suo compagno di squadra, ha deciso di pubblicare attraverso il suo profilo Instagram, una lunga, intensa e commovente lettera. Lui aspetta ancora il suo capitano…

O capitano, mio capitano.
Perché non sei sceso a fare colazione insieme a tutti noi?
Perché non sei passato a riprendere le tue scarpe fuori dalla camera di Marco e non sei venuto a bere la tua solita spremuta d’arancia?
Ora ci diranno che la vita scorre, che lo sguardo va puntato in avanti e dovremo rialzarci, ma che sapore avrà la tua assenza?
Chi arriverà ogni mattina in mensa a riscaldare l’ambiente con il proprio sorriso?
Chi ci chiederà incuriosito ciò che abbiamo fatto la sera precedente per riderci su?
Chi sgriderà i più giovani e chi responsabilizzerà i più esperti?
Chi formerà il cerchio per giocare a “due tocchi” o chi farà ammattire Marco alla play?

O capitano, mio capitano. Perché non sei sceso a fare colazione insieme a tutti noi? Perché non sei passato a riprendere le tue scarpe fuori dalla camera di Marco e non sei venuto a bere la tua solita spremuta d’arancia? Ora ci diranno che la vita scorre, che lo sguardo va puntato in avanti e dovremo rialzarci, ma che sapore avrà la tua assenza? Chi arriverà ogni mattina in mensa a riscaldare l’ambiente con il proprio sorriso? Chi ci chiederà incuriosito ciò che abbiamo fatto la sera precedente per riderci su? Chi sgriderà i più giovani e chi responsabilizzerà i più esperti? Chi formerà il cerchio per giocare a “due tocchi” o chi farà ammattire Marco alla play? Con chi dibatteremo sulle puntate di Masterchef, i ristoranti fiorentini, le serie TV o le partite disputate? Su chi appoggerò la mia spalla a pranzo dopo un allenamento estenuante? Torna dai, devi ancora finire di vedere LaLaLand per poterlo analizzare come ogni film appena uscito. Torna a Firenze, ti attendono in sede per rinnovare il contratto e riconoscerti il bene e la positività che doni quotidianamente a tutti noi. Esci da quella maledetta stanza, ti aspettiamo domani alla ripresa degli allenamenti. Nella vita ci sono persone che conosci da sempre con le quali non legherai mai, poi ci sono i Davide che ti entrano immediatamente dentro con un semplice “Benvenuto a Firenze Ricky”. Ovunque tu sia ora, continua a difendere la nostra porta e dalle retrovie illuminaci il giusto cammino. O capitano, mio capitano. Per sempre mio capitano.

Un post condiviso da Riccardo Saponara (@rickinara) in data:


Con chi dibatteremo sulle puntate di Masterchef, i ristoranti fiorentini, le serie TV o le partite disputate?
Su chi appoggerò la mia spalla a pranzo dopo un allenamento estenuante?
Torna dai, devi ancora finire di vedere LaLaLand per poterlo analizzare come ogni film appena uscito.
Torna a Firenze, ti attendono in sede per rinnovare il contratto e riconoscerti il bene e la positività che doni quotidianamente a tutti noi.
Esci da quella maledetta stanza, ti aspettiamo domani alla ripresa degli allenamenti.
Nella vita ci sono persone che conosci da sempre con le quali non legherai mai, poi ci sono i Davide che ti entrano immediatamente dentro con un semplice “Benvenuto a Firenze Ricky”.
Ovunque tu sia ora, continua a difendere la nostra porta e dalle retrovie illuminaci il giusto cammino.
O capitano, mio capitano.
Per sempre mio capitano.