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Calzava 38. Per alcuni addirittura 37.
Era alto più di un metro e novanta. E il 38 di piede fa strano.
Era soprannominato, per ovvie associazioni, “o Magrão”.
Condottiero del centrocampo e della vita.
Era soprannominato anche “o Doutor” perché aveva una laurea in medicina.
Il padre, un buon uomo di sinistra e appassionato di letteratura greca, lo chiamò Sócrates.
In realtà il suo vero nome è Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira.
W la “democrazia corinthiana”. Durante la dittatura in Brasile, siamo alla fine degli anni ’70, Sócrates introdusse nel Corinthians una sorta di autogestione. Dal magazziniere, al presidente, passando per i giocatori, tutti avevano diritto di voto su qualsiasi decisione del club.

Pazzia? Tenacia! La squadra brasiliana così vinse due titoli. E non succedeva da più di un quarto di secolo.
Aveva la numero 8. E sgroppante come una gazzella, schiena dritta, ha segnato il gol dell’1-1 in Brasile – Italia, Mondiali del 1982.
Diavolo se era bello vederlo giocare!

Ha vestito anche la maglia della Fiorentina. Al suo arrivo in Italia, un giornalista gli chiese: «Quale italiano stimi di più, Mazzola o Rivera?».

Risposta:
Non li conosco. Sono qui per leggere Gramsci in lingua originale e studiare la storia del movimento operaio
L’altro suo soprannome era “o calcanhar que a bola pediu a Deus”“Il tacco che la palla chiese a Dio”. E leggetelo ad alta voce anche voi: tutt’attorno si fa magico, una musica leggera, una bosso nova magari, che vi intorpidisce.
E a saperlo che si poteva essere speciali anche con un 38 di piede.
Il calcio ti ringrazia. Anzi o futebol.

Obrigado, Socrates.
Obrigato, Doutor.

Un gol al 93′, in un match tradizionalmente sentito e reso ancor più delicato per i punti Champions League. Il 2 marzo 2008, si giocava allo stadio Olimpico di Torino, sì perché la Juventus era in un limbo tra il vecchio Delle Alpi e il nuovo Stadium. Contro la Fiorentina di Cesare Prandelli che riuscì allo scadere a vincere il match per 3-2. Partita rocambolesca, con gli ospiti in vantaggio con Gobbi, poi Sissokho e Camoranesi ribaltano momentaneamente la gara prima del contro sorpasso viola con Papa Waigo e il colpo di testa di Osvaldo.

Ecco, gli ultimi punti presi dalla Fiorentina in casa della Juventus risalgono alla stagione 2007-2008. Da quando è stato inaugurato lo Stadium la Juventus, in campionato, ha sempre e solo vinto nelle sfide con la Fiorentina: un 8 su 8. E dando un’occhiata anche alle stagioni precedenti scopriamo che i bianconeri sono in serie positiva da 11 match.

JUVENTUS-FIORENTINA 2-3 (Stagione 2007-2008 – 26^ giornata Serie A)
JUVENTUS: Buffon; Zebina, Legrottaglie, Grygera, Molinaro; Camoranesi (21’st Nocerino), Sissoko,
Zanetti, Palladino; Del Piero (26’st Iaquinta), Trezeguet.
In panchina: Belardi, Birindelli, Stendardo, Salihamidzic, Tiago.
Allenatore: Ranieri.
FIORENTINA: Frey; Ujfalusi (16’st Osvaldo), Kroldrup, Gamberini, Gobbi; Kuzmanovic, Donadel, Montolivo; Santana (21’st Papa Waigo), Pazzini, Jorgensen.
In panchina: Avramov, Dainelli, Pasqual, Da Costa, Cacia.
Allenatore: Prandelli.
RETI: 18’pt Gobbi, 29’pt Sissoko, 12’st Camoranesi, 31’st Papa Waigo, 48’st Osvaldo.

Roberto Baggio avrà una storia a lui dedicata su Netflix. Non sarà un documentario ma un film vero e proprio, un biopic. Non si sanno ancora durata e data di uscita, si parla del 2020 o 2021, ma per ora basta l’annuncio: la pellicola si chiamerà “Il Divin Codino”, sarà diretto da Letizia Lamartire, regista pugliese classe ’87 che con Netflix ha già lavorato per la serie Baby e a interpretare il delicatissimo ruolo di Baggio sarà il 26enne abruzzese Andrea Arcangeli, capelli biondi, occhi chiari e uno sguardo che ricorda molto quello dell’ex campione azzurro

Il film coprirà i 22 anni di carriera di Baggio, dagli esordi nel Lanerossi Vicenza all’ultimo step della sua immensa carriera a Brescia, senza dimenticare ovviamente le esperienze in maglia azzurra. Non si parlerà però solo di campo ma si analizzerà anche l’uomo che con il suo carattere introverso e la sua semplicità è riuscito a conquistare il cuore di tutti i tifosi. Lo stesso Roberto Baggio seguirà di persona l’intera realizzazione della pellicola e la regista Lamartire ha detto:

E’ la storia di un uomo umile con un talento smisurato che con le sue giocate ha cambiato il calcio italiano. Racconteremo anche il percorso di una persona che attraverso le sofferenze personali ha raggiunto grandi trionfi in campo

La storia sarà tratta dal libro di Raffaele Nappi che parla di “un ragazzino prodigio, con 220 punti interni di sutura e un menisco perforato a 17 anni. La storia di chi davano tutti per spacciato, e si è ritrovato con un Pallone d’oro tra le mani. Questa è la storia di scontri, tafferugli, incendi in nome di un calciatore. È la storia di un’estate italiana, di piazze e di feste, di bandiere e di vespe, di monaci e di cacciatori. Questa è la storia dell’uomo che non ha nemici. Questa è la storia di una generazione. Questa è la storia di un campione. Questa è la storia di Roberto Baggio”.

Il Divin Codino è una delle sette pellicole che nasceranno dall’accordo fra Netflix e Mediaset: non resta che sedersi in poltrona e aspettare con un pizzico di pazienza l’uscita di questi prodotti italiani che andranno prima su Netflix e poi, a distanza di 12 mesi, su Canale 5.

I numeri e i precedenti di Fiorentina Juventus, match che apre la terza giornata di Serie A. Al Franchi, la squadra di Montella, ancora a zero punti, prova lo sgambetto agli uomini di Sarri. Qual è il risultato più frequente? E, negli ultimi anni, chi ha segnato di più?

 

La Fiorentina toglie, la Fiorentina dà. L’ultima finale di Coppa Italia dell’Atalanta era datata 1996 contro i viola di Batistuta. Non andò bene, visto che i gigliati si imposero sia all’andata che al ritorno e portarono la Coppa a Firenze. Ventitré anni dopo gli orobici ci riprovano. Sarebbe il sigillo al ciclo incredibile di Gasperini, che ha riportato la Dea ai fasti di un tempo. Quelli degli anni ’80, ad esempio, quando i nerazzurri arrivarono in semifinale di Coppa delle Coppe contro il Malines (1987/1988) dopo aver perso proprio una finale di Coppa Italia contro il Napoli.

L’Atalanta di Mondonico e Vieri

Seguirono anni altalenanti tra serie A e B, con un settimo posto nel 1992-1993 con Marcello Lippi in panchina. Nel 1995 il ritorno nella massima serie con una leggenda atalantina alla guida tecnica, Emiliano Mondonico. Orfana di Maurizio Ganz in attacco, la squadra è un manipolo di giovani promettenti che verranno alla ribalta (grazie allo zampino di Mino Favini, scomparso qualche giorno fa). In difesa il pilastro era Paolo Montero, alla stagione d’addio a Bergamo prima del grande salto nella Juventus. Sulla trequarti il talento emergente di Domenico Morfeo, neanche 20 anni. In attacco l’eredità di Ganz era divisa tra Christian Vieri, che aveva iniziato poco più che ventenne il suo giro d’Italia dei club. E Federico Pisani, atteso da un tragico destino nel 1997 (morirà in un incidente stradale).

Curiosamente, anche nella Coppa Italia del 1996 l’Atalanta aveva eliminato la Juventus con un gol di Fabio Gallo nei tempi supplementari. Poi nei quarti e nelle semifinali la squadra di Mondonico si era sbarazzata di Cagliari e Bologna. In finale trovava, nella doppia sfida di andata e ritorno, la Fiorentina di Claudio Ranieri. In quella viola, oltre a Batigol, c’erano Rui Costa, Toldo, Flachi, Lorenzo Amoruso. All’andata al Franchi decide un gol di Batistuta, al ritorno il copione non cambia: 0-2 con le reti ancora dell’argentino e di Amoruso. La Coppa va a Firenze, per la Dea l’unico trionfo resta quello del 1963 con la tripletta di Domenghini che spense le speranze di vittoria del Torino. In attesa del 15 maggio e della sfida tra Correa e Gomez, Immobile e Zapata, Milinkovic Savic e Ilicic.

La sedia di Amsterdam ha perso da un anno il suo padrone. Il 29 marzo 2018 se ne andava Emiliano Mondonico a 71 anni dopo aver lottato contro un grave male. Pioniere del calcio pane e salame, antitesi di quello robotico del calcio totale ieri e del tiki taka oggi. Il suo Mondo di Rivolta D’Adda lo ricorda con una messa, lui che non ha mai troncato il suo legame con la terra natia. Negli ultimi anni, infatti, allenava una formazione di ex tossicodipendenti e alcolisti. Lui che aveva girato l’Italia in panchina, ma non aveva mai reciso il cordone ombelicale con Rivolta.

Da Cremona ad Amsterdam

Cremonese, Como, Atalanta, Torino, Napoli, Fiorentina, Cosenza, Albinoleffe, Novara. Trentacinque anni di panchina, da stratega metodico del calcio più essenziale. Quello catenacciaro all’italiana, per i suoi detrattori. Quello che ci ha fatto vincere quattro Coppe del Mondo, puntando sugli uomini e non sugli schemi. Vincono i giocatori, non i moduli. E non è un reato portare a casa il risultato con un po’ di difesa e contropiede, soprattutto se alleni la squadra più debole tecnicamente.


Eppure Mondonico aveva fiuto per il talento. Basti pensare a Vialli e Inzaghi, lanciati quando allenava Cremonese e Atalanta. Lui li scovava sin da quando erano ragazzini che giocavano all’oratorio. Non a caso il Mondo era testimonial del progetto calcio del Centro sportivo italiano. Perché sapeva cosa significa arrivare in alto, quanto sacrificio occorreva. Lo sapeva anche quella sera ad Amsterdam nel 1992, quando con il suo Toro sfiorò il momento più alto della sua carriera. La vittoria in Coppa Uefa contro l’Ajax, sfumata anche per una discutibile direzione di gara. Domenica il calendario ha voluto che si incontrassero proprio Fiorentina e Torino in campionato. Le sue due squadre del cuore assieme all’Atalanta. Sul maxischermo del “Franchi”, alle 15, ci sarà un omaggio a Mondonico. Il tempo di un morso a un panino col salame e via con il match. Il Mondo approverebbe.

Non è un caso, non può essere uno scherzo di carnevale un match come Atalanta Fiorentina alla vigilia del primo anniversario dalla scomparsa di Davide Astori. La terra che l’ha allevato e quella che l’ha adottato. L’ex capitano viola era nativo di San Giovanni Bianco e ed è sepolto a San Pellegrino Terme, distanti pochi chilometri da Bergamo. E proprio nel suo paese natale, San Pellegrino, questa mattina si è celebrata una messa per ricordare il calciatore andato via nella notte di un anno fa, prima del match con l’Udinese.

La partita di Astori

La bellezza di una partita come Atalanta Fiorentina è stato lo spot migliore per commemorare al meglio un uomo come Astori. Intensità, sportività e una qualità del gioco non banale. E poi quel tredicesimo minuto con Ilicic che calcia fuori il pallone per avviare il minuto di silenzio in memoria del suo ex compagno di squadra. I due hanno vissuto insieme due anni a Firenze, prima che lo sloveno prendesse la strada di Bergamo. La scomparsa di Davide lo ha particolarmente toccato soprattutto quando, la scorsa estate, Ilicic ha avuto un’infezione batterica ai linfonodi del collo. Un problema di salute che ha temuto potesse impedirgli di tornare a giocare, come spiegato al Corriere dello Sport:

Quello che è successo a Davide mi ha fatto passare dei momenti difficili e ho sofferto per tanti giorni. È stata una tragedia terribile che non mi permetteva di dormire. E quando sono stato male io, ho avuto paura che mi potesse succedere qualcosa di simile. Pensavo: “E se domani mattina non mi sveglio? Come farò a non vedere più la mia famiglia?”. C’è stato un periodo in cui avevo paura di andare a letto e addormentarmi. Il calcio non è tutto nella vita, l’ho capito sulla mia pelle

Caro Davide…

Astori è stato ricordato sui campi di tutta Italia al tredicesimo minuto, pari al suo numero di maglia. Emozioni e lacrime hanno spazzato via, per 60 secondi, la tensione della gara. Mentre sul tabellone luminoso compariva la foto del calciatore, la curva atalantina esponeva lo striscione: “Davide sempre con noi”. Ricordo condiviso dalla curva viola accorsa all’”Atleti Azzurri d’Italia”. Non è stato un turno normale di serie A, particolarmente toccato dalla lettera che i suoi genitori gli hanno scritto al figlio. Caro Davide ti scrivo


 

 

La Fiorentina ha assistito sgomenta e profondamente rattristata al susseguirsi di messaggi vergognosi, postati da alcuni individui sui vari canali social ufficiali del Club, che hanno avuto come bersaglio Davide Astori. La Società viola è in contatto costante con le autorità competenti affinché questi sciacalli vengano perseguiti come meritano

Arriva con una nota ufficiale, pubblicata sul sito del club, la presa di posizione decisa e inevitabile della Fiorentina dinanzi all’ondata di odio “social” che ha investito i viola in seguito al discusso episodio arbitrale di domenica sera, nel recupero della partita contro l’Inter, con l’assegnazione del rigore da parte dell’arbitro Abisso alla squadra di Pioli. Nelle ore immediatamente successive, le pagine legate al club sono state bersagliate da messaggi offensivi, tra i quali anche alcuni, vergognosi, che offendevano la memoria di Davide Astori, scomparso un anno fa, il 4 marzo 2018.
«Noi continuiamo a credere nello sport e nei valori che esso rappresenta – si legge ancora nel comunicato della Fiorentina – Un episodio non può scatenare questa rabbia insensata e facciamo appello ai tifosi veri affinché isolino questi individui indegni».

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Sul tema si è espresso anche Andrea Della Valle che conferma la decisione della Fiorentina di sporgere denuncia alla Digos per valutare se siano stati commessi reati e quali, mentre la polizia è al lavoro per risalire agli autori dei vari commenti apparsi nelle scorse ore. Ai microfoni di Sky, ha detto:

La Fiorentina con Davide era riuscita a fare una cosa incredibile: unire tutte le squadre di Italia. Sono senza parole, siamo tornati punto a capo. Quest’odio e violenze verbali per un errore arbitrale non hanno senso. A cosa serve infangare una persona come Astori? Come si sentono queste persone dopo che hanno scritto certe cose? Cosa si dicono quando si guardano allo specchio? O mentre mangiano con i genitori? Mi dispiace perché facciamo sempre dei passi indietro così drammatici

Spal – Fiorentina storicamente è partita sentita e che ha segnato il destino soprattutto dei ferraresi.

Oggi le due squadre si incontrano al Paolo Mazza per un match che per la Viola significa avvicinarsi alla zona Europa e per gli estensi allontanarsi sempre di più dalla zona calda della retrocessione.

Partita che per certi versi richiama quella del 5 maggio 1968 giocatasi al Comunale di Campo di Marte (l’attuale Artemio Franchi) che decretò la retrocessione in Serie B per la Spal dopo essere stata grande protagonista da dopoguerra fino proprio al ’68. Una condanna per il calcio spallino anche perché da quell’anno in poi c’è stata la debacle fino al fallimento del 2004. Solamente nel 2017, grazie all’attuale allenatore Leonardo Semplici, la squadra è tornata nella massima serie.

Nella storica partita del 1968 ci sono diversi spunti attuali. Su tutti c’è quello legato al cognome Petagna. Sulla panchina degli estensi, in quel famoso match, sedeva l’allenatore Francesco Petagna, nonno di Andrea l’attuale attaccante dei biancazzurri. Sì ben cinquant’anni dopo, un nuovo Petagna è entrato a fare parte della società estense.

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Francesco Petagna ai tempi della Spal con il presidente Mazza

Andrea Petagna ora è uno degli attaccanti principali della squadra allenata da Semplici, ma suo nonno è stato l’allenatore spallino che ha fatto vincere un torneo alla società. Infatti, sempre in quel 1968 ancora contro la Fiorentina, a Salsomaggiore la squadra vinse la Coppa “De Martino”, competizione riservata alle “seconde” squadre (che sopravvisse fino al 1971). Il match terminò 1-1 ma a decretare la vittoria per gli estensi fu la monetina.

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I giornali del 25 aprile 1968 che raccontavano la vittoria della Spal grazie alla moneta

In quell’occasione infatti, così com’era successo nella finale dell’Europeo 1970 tra Italia – Urss, la squadra vinse il torneo grazie proprio al lancio della moneta.  Quel giorno a Salsomaggiore, però, la fortuna voltò le spalle ai viola e la Spal mise in bacheca il prezioso titolo, l’anno successivo, però, la Fiorentina vincerà lo Scudetto.

Se il campionato di Serie A sembra un capitolo chiuso già da diverse settimane, alle altre big non resta che provare a spodestare la Juventus almeno dalla Coppa Italia.

In una tre giorni fitta di appuntamenti, bianconeri e company sono impegnati per i quarti di finale della coppa nazionale.
Negli ultimi anni la Juventus ha trovato terreno fertile anche in questo torneo, in cui ha trionfato nelle ultime quattro edizioni in maniera molto agevole.
Il prestigio della Coppa Italia è cresciuto molto, in realtà non si è mai capito il perché tanti club negli anni passati l’avessero snobbata per dare importanza ad altro. La Juventus ha fatto la voce grossa e ora vanta ben 13 successi.

Poiché per le altre società vincere lo scudetto è davvero diventato un miraggio, virare su un altro obiettivo concreto qual è la Coppa Italia può essere un’idea. Giocarsela nelle partite secche può essere un po’ più equilibrato, anche se di fronte ci fosse proprio la Juve.

Si parte con la sfida Milan – Napoli. A distanza di 72 ore le due squadre si riaffrontano. L’esito sicuramente sarà diverso, dato che si tratta di partita secca. I pronostici pendono più per il Napoli che ha qualità maggiore per passare il turno.
Tra i rossoneri debutterà dal primo minuto Piatek. A differenza di sabato, dovrebbe partire titolare Abate al posto di Calabria e Castillejo al posto di uno tra Suso o Calhanoglu.
Tra i partenopei quasi sicuramente ci saranno Allan e Hamsik che hanno saltato la partita di campionato, il primo per i rumors di mercato il secondo di rientro dall’infortunio. In porta torna Meret.

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L’esultanza di Florenzi per il gol del pareggio al Franchi

Domani tocca a Fiorentina – Roma e Atalanta – Juventus.
I giallorossi, dopo l’ennesimo passo falso in campionato, hanno bisogno di fiducia e quale miglior soluzione se non una vittoria e passaggio del turno? Si prospetta una gara ricca di gol poiché sono squadre che creano molte azioni da gol e hanno grossi limiti difensivi. I due allenatori vogliono la semifinale e pertanto se la giocheranno appieno.

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In campionato a Bergamo, l’Atalanta ha fermato la Juve sul 2-2

La Juve è ospite a Bergamo. Allegri conta una rosa validissima anche se ci sono molti calciatori indisponibili per infortunio. In difesa ci saranno Rugani e Chiellini con Alex Sandro e l’ex nerazzurro Spinazzola, in attacco spazio a Bernardeschi con Dybala e Ronaldo.
Per la Dea squadra quasi al completo con qualche innesto per far rifiatare gli altri. A differenza degli undici che hanno giocato contro la Roma, Gasperini inserirà in difesa Masiello e a centrocampo Pessina e Gosens.
In campionato i bergamaschi sono stati bravi a fermare il cammino quasi perfetto della Juventus. Riuscirà a ripetersi anche in coppa? La vittoria dei bianconeri è più alta del solito.

L’ultimo scontro è tra Inter – Lazio. Non in una bella situazione entrambe, i biancocelesti però, arrivano da una grandissima prova contro la Juve, mentre i nerazzurri da una pessima trasferta a Torino contro i granata. Un banco di prova per entrambe, chissà chi avrà la meglio.