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Inizio di stagione 2004. Federer è reduce dal successo di Wimbledon, conquistato nel 2003, e Nadal era un ancora ragazzino, ma in rampa di lancio pronto a esplodere. In quel momento la differenza di Slam vinti tra i due futuri campionissimi era pari a uno, ovviamente.

Eppure quel momento lì, agli esordi di quello che poi sarebbe consacrato come il duello del nuovo secolo nel tennis, è stato l’unico e il primo con il minimo scarto di Slam vinti. Prima di oggi. Con il successo agli US Open contro il russo Daniil Medvedev, il maiorchino ha infatti quasi completato la sua rimonta: è tornato vicinissimo a Re Roger anche se le bacheche dei due sportivi sono leggermente più piene.

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Roger Federer 20 titoli dello Slam, Rafael Nadal 19 e mettiamoci anche Novak Djokovic che di successi ne ha 16. In totale, 55 Majors conquistati da tre soli giocatori in un lasso di tempo di 66 tornei: gli altri stanno a guardare mentre i tre scrivono ancora livelli che nessuno poteva immaginarsi a inizio degli anni 2000. Prima dell’avvento di Roger Federer, infatti, resistevano i 14 titoli della Slam di Pete Sampras e già quello sembrava un limite impossibile.

Ma al contrario di quanto successe anni fa, quando Roger era già affermato (nel 2004 vinse tre Slam), adesso è Rafa a viaggiare alla velocità maggiore. «Quando aggancerà Federer?», è stata una delle domande più gettonate del post sfida a Medvedev. Pochi hanno trovato una risposta convincente, anche se l’evento potrebbe verificarsi già la prossima primavera, con il nuovo Roland Garros. Sedici anni sono passati, dalle prime acerbe sfide…vorremmo rivivere tutto per almeno altrettanti 16 anni.

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Una partita che entra di diritto nella storia e nella leggenda del tennis, la prima conclusa a Wimbledon con la nuova formula del tie-break sul 12-12.  E la più lunga finale nella storia del torneo londinese, giocata ad un livello a tratti straordinario, ha decretato Novak Djokovic ancora una volta vincitore.

Il tennista serbo ha battuto in finale lo svizzero Roger Federer in cinque set con il punteggio di 7-6,1-6,7-6,4-6,13-12. È stata una finale molto combattuta e avvincente, in uno dei tornei più importanti al mondo, il più prestigioso giocato sull’erba: è durata quasi cinque ore e tre dei cinque set sono stati decisi al tie-break, compreso il quinto.  La partita era particolarmente attesa, perché Federer (37 anni) e Djokovic (32 anni) sono considerati tra i più forti tennisti degli ultimi 10 anni e tra i più forti di sempre. Entrambi, poi, hanno sempre ottenuto ottimi risultati a Wimbledon: Djokovic prima di oggi aveva vinto quattro volte (l’ultima nel 2018), Federer ha invece vinto 8 volte, come nessun altro (la prima volta nel 2003, l’ultima nel 2017).

Per il 32enne Djokovic, già campione lo scorso anno, è la 16esima prova del Grande Slam e vista l’età ora può puntare deciso a raggiungere i suoi grandi rivali Federer e Rafa Nadal. Per Federer resta l’amarezza per i due match-point falliti sul 9-7 a suo favore nel quinto set, con il servizio a disposizione. A quasi 38 anni, il fuoriclasse svizzero fallisce l’assalto alla nona corona a Wimbledon e al 21esimo torneo del Grande Slam. Con questa vittoria Djokovic consolida ovviamente il primato nel ranking ATP.

Federer, numero 3 al mondo secondo la classifica ATP, era arrivato in finale dopo aver eliminato in un’altra bellissima partita Rafael Nadal, altro suo storico rivale degli ultimi anni insieme a Djokovic. Quest’ultimo, numero 1 al mondo, aveva invece eliminato Roberto Bautista Agut. Il torneo femminile, finito sabato, è stato invece vinto da Simona Halep, che ha battuto in finale Serena Williams.

Roger Federer:

Finale da ricordare? Io cercherò di dimenticarla. E’ stata una grande partita, è stata lunga, ma devo essere soddisfatto della mia performance. Devo farmi le congratulazioni. Spero di avere dato ad altri la possibilità di credere che a 37 anni non è tutto finito. Adesso devo recuperare, però sono ancora in piedi. La mia famiglia è orgogliosa? Non saranno contenti magari del piatto

Novak Djokovic:

Se non la più eccitante, questa è stata una delle migliori finali che io abbia mai giocato, contro uno dei più grandi di tutti i tempi, per il quale ho molto rispetto. Purtroppo in questo genere di partite uno dei due alla fine deve perdere. Ognuno di noi ha avuto le proprie chance, io ho recuperato due suoi match point, ed è stato strano giocare il, tie-break sul 12 pari. Roger ha detto di dare ad altri 37enni le speranze, ma di sicuro lui ispira anche me. So di averlo già detto, ma quando ero un bimbo di cinque anni sognavo di diventare un tennista e questo è sempre stato il ‘traguardo’, volevo giocare e vincere qui, perché è una cosa superspeciale. E ora voglio dividere questo trofeo con mio figlio e miei genitori, che hanno sofferto in tribuna. E’ un sogno diventato realtà anche l’aver vinto davanti a loro

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Volendo prenderla con le stesse parole di Matteo Berrettini, alla fine è stata solo una lezione di tennis durata 74 minuti. L’ottavo di finale più veloce della storia di Wimbledon. Sul centrale davanti, probabilmente, al tennista più forte di tutti i tempi e a uno dei migliori sportivi della storia. Roger Federer ha disintegrato le speranze del tennista romano non ancora 23enne in poco più di un’ora. 6-1, 6-2, 6-2, tre set a zero, solo cinque game concessi in un match che è sembrata una montagna impossibile da scalare.

La partita

Impaurito, spaesato, alienato da chi aveva di fronte in un teatro così prestigioso. Ai limiti della figuraccia più volte durante la gara. Berrettini, numero 20 al mondo, ha tutto per riprendersi dopo la “stesa” presa dal maestro Federer. È stato lo stesso svizzero a consolare Matteo a fine partita, mentre era proiettato sui quarti di finale con vista semifinale contro Nadal.

Forse era nervoso all’inizio, non ha giocato al meglio, io ho risposto molto bene. È importante che non sia troppo deluso, ha fatto un grande torneo e deve guardare avanti (…) Ricordo quando agli US Open presi 6-1 6-2 6-4 contro Agassi. Sei schiacciato, vai a casa, non capisci cosa ti sia successo. Capisci che devi lavorare più duro. Un’altra volta, sempre a New York dovevo giocare con Mirny, aspettai dieci ore a causa della pioggia e alla fine persi nettamente. Certe sconfitte non le puoi spiegare, l’importante è che in questi momenti non ti lasci andare

Berrettini, reduce dalla vittoria dell’Hungarian Open di Budapest e della Mercedes Cup di Stoccarda, ha mostrato la propria maturità quando ha commentato l’esito del match ai microfoni:

Lui mi ha fatto i complimenti per la mia stagione sull’erba. Io gli ho detto “grazie per la lezione, quant’è per la lezione?”

È da qui che Berrettini deve ripartire. Dalla pacca sulla spalla di un fratello maggiore come Sua Maestà Roger Federer.

 

Sono trascorsi 18 anni da quella prima volta nel capoluogo lombardo nell’indoor 2001, ma Roger Federer non si è mai fermato e ha tagliato il traguardo dei 100 titoli in bacheca, risultato che lui stesso non si sarebbe mai immaginato di raggiungere.

Ebbene sì, con la vittoria all’Atp di Dubai contro Tsitsipas (che lo aveva eliminato agli Australian Open) lo svizzero ha ottenuto l’ennesima vittoria di una grandissima carriera per colui che è sicuramente tra i primi cinque tennisti più forti della storia di questo sport. Prima di lui solamente a Jimmy Connors era riuscita questa impresa (109 ATP/150 totali). Negli anni ’80, però, era tutto un altro tennis.

Oggi, a quasi 38 anni, è ancora sui campi a dettar legge e a confrontarsi con altri campioni e giovani sicuramente con più fisicità. Ma dalla sua King Roger ha il talento, la classe, l’esperienza e la passione. Caratteristiche che, come spesso gli è accaduto, riescono ancora a essere abbastanza per battere gli avversari.

Amato da tanti, Federer con la vittoria di Dubai ha scritto un’altra pagina storica della sua sontuosa carriera fatta di tante vittorie, di duelli e rivalità che hanno segnato il mondo della racchetta.

Come detto la scalata ai 100 trofei è iniziata in Italia nel 2001 sul cemento di Milano, dopo un brutta e prematura eliminazione a Melbourne; dopodiché non si è più fermato e ne sono arrivati altri 99 in maniera costante. Tra tutti i trofei accaparrati c’è il record personale di 20 Slam. Per il fenomeno di Basilea è anche l’ottavo successo a Dubai e la sua gioia l’ha condivisa sui social:

 

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👋👋

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Tornando a quelli che sono stati i successi, l’elvetico annovera: nove vittorie ad Halle e nel torneo di casa di Basilea, i sette nel Masters 1000 di Cincinnati e, soprattutto, gli otto allori a Wimbledon. Il tutto in 152 finali giocate. Ventisette invece i titoli nella categoria Masters 1000, con 18 titoli sull’erba e 68 sul cemento (record in entrambe le superfici).

 

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All of @rogerfederer’s 100 titles 🙌 . #tennis #tennistv #federer #rogerfederer #atp #atptour #sports #instasport #history #rf100 #dubai #100

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E, scherzandoci su, potremmo immaginare gli scaffali di casa Federer ricca di coppe in cui è difficile trovare spazio per aggiungerne altre.

Ma a noi piace così perché Federer è un atleta completo che non ha intenzione di fermarsi e continuerà a regalarci gioie.

Andy Murray getta la racchetta a terra ed esce dal campo. Il 31enne tennista scozzese ha annunciato il suo ritiro in una conferenza stampa dall’Australia. Il dolore all’anca gli impedisce di proseguire la carriera all’altezza dei suoi standard. La notizia arriva alla vigilia degli Australian Open dove Murray ha disputato per 5 volte la finale, non riuscendo mai a vincere. Il campione britannico vorrebbe arrivare a Wimbledon in estate, ma non sa se ce la farà. Il timore è quello di chiudere la sua epopea tennistica proprio oltreoceano.

Gli Australian Open potrebbero essere il mio ultimo torneo, vorrei continuare fino a Wimbledon, ma non so se ci riuscirò. Ho troppo dolore, è molto dura

Murray ha più volte interrotto la conferenza stampa dai singhiozzi dell’emozione. E’ reduce da un ultimo anno da incubo in cui ha disputato solo 16 match. Il suo calvario dura da quasi due anni. Venti mesi di cure, operazione e riabilitazione che non hanno completamente risolto i suoi problemi all’anca destra. Alla BBC il suo medico ha dichiarato:

Non è detto che la situazione sia completamente risolta, non si poteva riportare l’anca alla situazione pre infortunio. Andy dovrà convivere con il dolore

E lo stesso campione ha raccontato le difficoltà degli ultimi mesi:

Smetto perché voglio tornare a fare le cose comuni, come mettere una scarpa o un calzino, senza avere dolore. Ho l’anca davvero molto danneggiata, il chirurgo che mi ha operato lo scorso anno me lo ha confermato. L’intervento dello scorso anno non è servito a ridurre il dolore. Continuare solo in doppio? No, non rischio la mia salute

Murray ha assicurato che dovrebbe scendere in campo nel primo turno degli Australian Open contro lo spagnolo Bautista Agut. Se confermato, lascerebbe uno dei Fab Four della racchetta degli ultimi anni, insieme a Federer, Nadal e Djokovic. Ha vinto titoli ATP, di cui tre tornei Grande Slam (Us Open 2012, Wimbledon 2013 e 2016). Record di due ori olimpici consecutivi (Londra 2012, Rio 2016). E’ stato il primo tennista britannico a diventare il numero 1 al mondo nel 2016, restando in vetta per 41 settimane. Proprio con la Gran Bretagna ha vinto una Coppa Davis nel 2015.

Sul piano tecnico non c’è partita, ma John Millman porta con sé un capolavoro che è un po’ uno spartiacque per il prossimo futuro del tennis mondiale. Non per l’exploit del 29enne di Birsbane, ma per l’incertezza che lascia la brutta sconfitta di Roger Federer agli Us Open. Il tennista australiano, infatti, partito dai sessantaquattresimi nel torneo americano, lungo il suo percorso ha prima eliminato l’italiano Fabio Fognini per poi, con grande stupore, far fuori King Roger: John Millman ha giocato la partita della vita e, con molta compostezza e tranquillità, ha superato lo svizzero in quattro set, 3-6 7-5 7-6(7) 7-6(3), chiudendo il match in 3 ore e 34 minuti.

«Ho battuto il mio eroe», ha detto Millman alla fine cercando di trattenere la gioia davanti al suo idolo. Per il 37enne campione di tutto, una serata da dimenticare che conferma la sua allergia ai campi di Flushing Meadows. Millman è numero 55 del mondo e ha sfruttato i 76 errori non forzati di Roger, che non usciva così prematuramente in uno Slam dal 2015.

Rimangono in gara così quattro ex vincitori del torneo: due nella parte alta (Nadal e Del Potro) e due nella parte bassa (Cilic e Djokovic). E sarà proprio Nole, l’avversario dell’australiano ai quarti di finale del torneo di tennis che chiude il Grande Slam.

Il serbo, dopo aver lasciato un set a testa agli avversari dei primi due turni, ha poi proseguito senza più concedere nulla. Sul piano tecnico non c’è partita, dicevamo, e la lettura del match proposta da Replatz conferma l’impressione: Djokovic è più che favorito e dato a 1,04 per la vittoria nell’incontro in programma giovedì sei settembre alle 2.15 di notte, mentre il risultato esatto di 3-0 è proposto come opzione più probabile a 1,44. Per Millman, che tra l’altro ha perso 6-2 6-1 l’unico confronto con Nole, un altro successo “clamoroso” varrebbe otto volte la scommessa.

Con Federer fuori, Djokovic rimane il favorito per il trionfo finale, seguito da Rafa Nadal, vincitore della scorsa edizione.

 

Con la vittoria contro Roger Federer (6-4 6-4) nella finale del Master 1000 di Cincinnati Nole Djokovic ha messo la ciliegina sulla torta di una resurrezione in cui pochi credevano. A 31 anni compiuti il serbo è invece ripartito dal punto più basso della carriera per tornare quel cannibale che aveva dominato il circuito tra il 2015 e il 2016. Se il recente trionfo di Wimbledon era stato il primo segnale importante, è arrivata la vittoria nel 1000 americano a confermare la fine del periodo buio. E ora il serbo diventa il favorito per gli Us Open insieme ai due campioni intramontabili, Rafa Nadal e Roger Federer.

Durante tutto il torneo americano gli appassionati di tennis hanno ammirato il gioco che aveva fatto di Nole il prototipo del giocatore moderno: eccellente risposta, colpi profondi, il rovescio lungolinea come arma letale, il dritto sempre preciso e una capacità di muoversi per il campo e recuperare la posizione ai limiti dell’umano. Un dinamismo che non ha lasciato scampo a Re Roger, apparso frastornato in finale e incapace di trovare contromisure all’altezza per scardinare la difesa del serbo.

E pensare che appena 9 mesi fa tutti lo davano per finito. Djokovic invece ha reagito. Toccato il punto più basso della carriera è ripartito dalle sue certezze, dallo staff storico e dall’appoggio della famiglia, per tornare a dominare. In una stagione partita sottotono, l’ex numero uno del mondo ha prima vinto a Wimbledon il 13° Slam per poi confermare le quote di www.sportpesa.it/scommesse che lo vedevano tra i favoriti a Cincinnati. Una vittoria, quella americana, che ha regalato a Nole anche il Golden Masters, ovvero il riconoscimento per la vittoria di tutti i 1000 presenti in calendario. É il primo tennista della storia a riuscire nell’impresa.

Alzi la mano chi, dopo il tonfo fragoroso a Wimbledon 2016 e le ultime due stagioni negative avrebbe pronosticato una rinascita di questo livello.

Completato il Career Grand Slam con la vittoria del Roland Garros 2016, Djokovic era pronto a dominare anche sull’erba di Wimbledon. Fu invece Sam Querrey al terzo turno a mettere fine a una corsa che si preannunciava trionfale. E se la stagione si chiuse comunque con la vittoria del Masters 1000 di Montreal e la finale degli US Open, il serbo apparve svuotato di energie e lontano dai suoi abituali standard di rendimento.

Il vero anno terribile fu però il 2017. Nello Slam preferito, gli Australian Open, Djokovic esce al secondo turno contro Istomin ed è costretto ad assistere da spettatore all’ennesima finale Federer – Nadal. Per la prima volta dal 2008 il serbo esce al secondo turno in uno dei major.

Non andrà meglio a Parigi dove Nole viene dominato da Thiem (con cui aveva vinto i 5 precedenti) per 3 a 0 con l’umiliazione del 6-0 dell’ultimo parziale. A Wimbledon compariranno anche i primi problemi fisici: un infortunio al gomito lo costringe al ritiro dopo un’ora nei quarti contro Berdych. Sarà il primo stop serio della carriera che lo costringerà alla chiusura anticipata della stagione e alla rinuncia agli Us Open.

A inizio 2018 Djokovic sembra ancora la sua controfigura. Sconfitto a Melbourne da Chung, da Taro Daniel a Indian Wells e da Benoit Paire a Miami, il serbo decide di operarsi al gomito. È il punto più basso della carriera ma anche il turning point della rinascita. Ancora in fase di riabilitazione, il serbo ad aprile decide di lasciare Agassi come coach e torna ad affidarsi allo staff di Vajda per ricreare quell’ambiente che gli aveva permesso di issarsi al numero uno del mondo.

Sarà la scelta vincente. I progressi iniziano a vedersi a partire dal Roland Garros dove solo un Cecchinato in stato di grazia gli impedirà l’accesso alla semifinale. Il resto è storia recente. A Wimbledon Nole conquista il tredicesimo Slam in carriera e sul cemento americano di Cincinnati completa l’opera di rinascita dominando Federer in finale.

Quel cemento americano che sarà teatro dell’ultimo Slam della stagione, gli Us Open. Grazie agli ultimi due successi, Djokovic diventa il candidato numero uno alla vittoria a New York. Per trasformare la stagione del rilancio in un vero e proprio trionfo dovrà sfidare i rivali di una vita: Rafa Nadal e Roger Federer. Ben tornato Nole.

 

Per l’ottava volta in carriera, Roger Federer ha trionfato nello “Swiss Indoors”, torneo Atp 500 dotato di un montepremi di 1.837.425 euro che si è concluso sul veloce indoor di Basilea, in Svizzera.

Per il “padrone di casa”, numero 2 del ranking mondiale e primo favorito del seeding, tornato da protagonista dopo aver saltato per infortunio l’edizione dello scorso anno, la finale è stata una rimonta esaltante contro l’argentino Juan Martin Del Potro, numero 19 Atp e quarto favorito del seeding, reduce dal trionfo bis a Stoccolma ed ancora in piena corsa per le Atp Finals di Londra: 6-7(5) 6-4 6-3, in due ore e mezza di gioco, lo score in favore del 36enne fuoriclasse di Basilea, al suo 18esimo successo in 24 sfide con il sudamericano che era riuscito a batterlo ben due volte in finale a Basilea, nel 2012 e nel 2013, sempre in tre set.

Per Federer, che vede ridursi lo svantaggio nei confronti del numero uno del mondo Rafael Nadal, si tratta del 95esimo titolo in carriera (ora secondo assoluto nella speciale classifica alle spalle di Connors) su 144 finali disputate, l’ottavo a Basilea, il settimo in questo suo straordinario 2017 (uno più di Nadal).

Quest’anno ‘King Roger’, che ha giocato solo 11 tornei, ha vinto sette delle otto finali disputate: Melbourne, Indian Wells, Miami, Halle, Wimbledon, Shanghai e Basilea, ed ha perso solo quella del “1000” di Montreal contro Alexander Zverev.

Tra gioie e delusioni, nei campi di tennis si assiste anche a momenti di forte commozione, come quello avvenuto recentemente tra due grandi amici, le cui carriere prendono da oggi una strada diversa.

Parliamo di Roger Federer e Marco Chiudinelli, che non sono riusciti a trattenere l’emozione durante l’ultimo saluto al mondo del tennis da parte di uno dei due.

È in corso di svolgimento la competizione Atp 500 di Basilea e Chiudinelli sta disputando il suo incontro con Robin Haase. C’è grande ansia in tribuna, soprattutto da parte di un grande campione lì presente per sostenere l’amico, Roger Federer. Lui, insieme a pochi altri, sa bene che quella partita potrebbe essere l’ultima per il tennista che a pochi intimi di recente aveva confessato di volersi ritirare.

Così è stato: Chiudinelli perde il suo incontro e saluta il pubblico e il mondo del tennis per l’ultima volta. Una grande commozione che coinvolge tutti è ciò che Chiudinelli ricorderà per sempre di questa giornata, con tutto il pubblico in piedi ad applaudirlo. Così commenta quei momenti:

Mi sento come se avessi vinto un grande torneo: sto provando emozioni enormi, ma forse ancora devo realizzare davvero. Di certo è un momento cruciale della mia vita, vedere la mia gente in piedi ad applaudirmi è indescrivibile

E proprio in mezzo al pubblico c’è anche il suo carissimo amico d’infanzia, Roger, che non può mancare in questo giorno memorabile. Insieme hanno vissuto diversi momenti nei campi da tennis e hanno condiviso vittorie e delusioni senza che mai la competizione prendesse il sopravvento sulla loro amicizia di vecchissima data. Nel 2014 hanno anche gareggiato in coppia e vinto la Coppa Davis.

Certo, le due storie hanno prese due pieghe completamente differenti e Chiudinelli non ha mai avuto lo stesso successo dell’amico, ma chiude una carriera comunque degna di riconoscimenti e il suo nome non sarà sicuramente dimenticato, soprattutto qui a Basilea, un luogo molto significativo per il tennista anche per il suo match proprio contro il suo migliore amico nel 2009.

Roger Federer, campione indiscusso del mondo del tennis e numero 2 del ranking mondiale ATP, è stato sempre vicino all’amico Marco: insieme nel tennis e anche insieme nel calcio (chi l’avrebbe mai detto!) hanno condiviso esperienze importanti e proprio in nome di questa grande amicizia il tennista ha deciso di informare proprio Federer dei suoi progetti di ritiro. Un addio, il suo, definitivo: sembra infatti che Chiudinelli abbia deciso proprio di dedicarsi ad altro e appendere per sempre la racchetta al chiodo. 

Siamo sicuri, però, che tornerà sui campi da tennis come spettatore, per tifare il suo grande amico e vederlo vincere ancora nelle prossime competizioni. Del resto tra i due oltre ad esserci una profonda amicizia c’è anche un grande rispetto, come si intuisce dalle parole dello stesso Federer:

Sono un grande sostenitore di Marco: come giocatore, come persona e come carattere. Sono un po’ triste perché ho sempre conosciuto un tour con lui presente, ma lui non deve esserlo. Stiamo festeggiando la sua carriera e sono felice che stia vivendo questo momento 

 

Roger Federer trionfa nella finale dello ‘Shanghai Rolex Masters’ (cemento, montepremi di 5.924.890 dollari) battendo per la quarta volta consecutiva quest’anno il numero uno del mondo,Rafael Nadal, col punteggio di 6-4, 6-3 dopo un’ora e 11 minuti di gioco.

Il match dice Federer sin dall’avvio: Nadal perde immediatamente il servizio, mentre lo svizzero non sbaglia un colpo, concedendo solamente quattro punti in cinque turni alla battuta e tenendo a zero l’ultimo turno valido per il 6-4. Discorso leggermente diverso nel secondo set, con Federer che ha bisogno di cinque game per trovare il break decisivo. Una volta sul 3-2, “King Roger” è chirurgico al servizio, lasciando anche in questo set solamente quattro punti nei suoi turni di battuta. Un dominio totale, con Nadal incapace di rispondere e di trovare anche una singola palla break.

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Si conferma dunque terreno ostico quello di Shanghai per il tennista maiorchino che in carriera non ha mai trionfato nella metropoli cinese: Nadal ha giocato tutte le edizioni dell’appuntamento asiatico, ad eccezione di quella del 2012, ma prima di quest’anno era riuscito solo nell’edizione inaugurale del 2009 a raggiungere la finale dove perse col russo Davydenko.

Il trionfo di Shanghai regala a Federer il sesto successo stagionale, il 94esimo in carriera. Il risultato odierno non basterà però a Federer per strappare a Nadal il primo posto della classifica mondiale. Lo spagnolo vede interrompersi una striscia positiva di 16 vittorie, 65 gli incontri vinti nel 2017. Per ‘King’ Roger Federer si tratta del secondo successo a Shanghai dopo il titolo conquistato nel 2014 contro il francese Simon. Per il 36enne di Basilea è stata la finale numero 143 in carriera, la settima stagionale.