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Nell’epoca in cui tutto è smart e tutto è social anche i vip possono trasformarsi in hater. E pagarne le conseguenze. Con una storica sentenza la Uefa ha punito il difensore croato Dejan Lovren per i suoi insulti su instagram a Sergio Ramos. I fatti si riferiscono al post Croazia Spagna di Nations League dello scorso 15 novembre. Il massimo organismo continentale ha punito il giocatore del Liverpool “per aver violato le regole di condotta sportiva” con una giornata di squalifica. Lovren quindi salterà la prima gara di qualificazione a Euro 2020 prevista contro l’Azeirbagian.


La decisione dell’Uefa fa notizia perché non giudica un episodio avvenuto in campo o una dichiarazione fuori le righe in sala stampa. La condotta sportiva è stata violata sui social. Dopo la partita Lovren, durante una diretta instagram si è rivolto proprio al difensore del Real Madrid. «Gli ho dato una bella gomitata, ora parla amico», aveva detto in tono di scherno verso Ramos. Proprio la gomitata durante la partita tra Croazia e Spagna era stata completamente ignorata dalle televisioni. Il difensore del Liverpool era stato poco tenero anche verso l’intera squadra spagnola, definita “un branco di fighette”.

Lovren e Ramos durante Croazia Spagna

Lovren e Sergio Ramos non si sono mai amati, soprattutto dopo la finale di Champions dello scorso anno tra Real Madrid e Reds. Il croato non ha mai digerito il contrasto tra il capitano del Real e Salah che costrinse l’egiziano ad abbandonare il campo. «Sergio Ramos è fortunato. Fa più errori di me, ma gioca nel Real Madrid. Varane è più forte di lui», il giudizio poco lusinghiero di Lovren. Ramos, come prevedibile, gli rispose per le rime l’etichettando l’avversario come un “frustrato”. Nessuno, tra i difensori in attività, ha fatto meglio di Sergio Ramos.

Di certo il centrale spagnolo avrà ben altro a cui pensare dopo aver centrato un prestigioso traguardo in settimana. Con il rigore trasformato contro il Leganes in Coppa del Re, ha segnato la rete numero 100 in carriera tra Real, Siviglia e Spagna. Un numero impressionante per un difensore, che proietta Ramos nella classifica all time: in testa c’è Ronald Koeman con 193 gol, seguito da Daniel Passarella a 134.

Luka Modric ha vinto il Pallone d’Oro, spezzando dopo dieci anni l’egemonia Messi – Cristiano Ronaldo. Il croato, con 753 punti, ha superato sul podio il portoghese (476) e Antoine Griezmann (414). Fuori dal terzetto Kylian Mbappè, che però si consola con il premio “Kopa” al miglior giocatore under 21. Solo quinto Messi, settimo Varane, 15° Pogba. Neymar fuori dalla top ten (12mo), per trovare il primo giocatore della serie A bisogna scendere al 25mo posto con Mario Mandzukic.


Eppure, c’è stato un tempo in cui il neo Pallone d’Oro era considerato come il peggior acquisto della stagione. Nell’agosto 2012 Modric passa dal Tottenham al Real Madrid per circa 33 milioni di sterline. Il calciatore, cresciuto nella Dinamo Zagabria, era esploso a White Hart Lane. A 27 anni, dopo un ottimo Europeo con la sua Nazionale, era pronto per il grande salto. Il debutto è da favola, subito una Supercoppa spagnola conquistata contro il Barcellona. Ma l’ambientamento è più difficile del previsto, Mourinho fatica a trovargli una giusta collocazione tattica. Accanto a sé, Modric ha Xabi Alonso, Khedira e Özil.

Modric ai tempi della Dinamo Zagabria

Così un sondaggio del quotidiano “Marca” a fine 2012 lo elegge peggior acquisto dell’anno nella Liga. Il centrocampista ottiene il 32,2% dei voti, superando Alex Song del Barcellona. I lettori premiavano, invece, come miglior acquisto dell’anno Jordi Alba, passato dal Valencia al Barcellona.

Sei anni dopo Modric ha vinto tutto quello che si poteva vincere a livello di club. Nel solo 2018 ha conquistato Pallone d’Oro, premio calciatore dell’anno Fifa e Uefa, miglior giocatore secondo la Federazione Internazionale di Storia e Statistica del Calcio (IFFHS) e miglior giocatore dei Mondiali in Russia. Con dedica speciale ai lettori di “Marca”, il bruco è diventato farfalla.

Il sospetto è divenuto fondato dopo le ultime gare di Nations League: forse la Nazionale ha un po’ sottovalutato la nuova competizione dell’Uefa? In fondo poteva essere una buona opportunità di rivincita dopo la delusione mondiale. Non solo, il gruppo 3 della Lega A con Polonia e Portogallo (privo di Ronaldo) non sembrava impossibile. Basta dare una rapida occhiata agli altri gironi per rendersi conto delle differenze di livello. Nel gruppo 1 ci sono Francia, Germania e Olanda. Nel gruppo 4 Inghilterra, Spagna e Croazia. Solo il gruppo 2 era abbordabile come il nostro con Svizzera, Belgio e Islanda.

Chiesa e Insigne contro il Portogallo

La sensazione è che l’Italia di Mancini abbia affrontato il torneo un po’ come i club nostrani snobbano l’Europa League. In tempi di magra europea, da quando l’Europa League ha sostituito la vecchia Coppa Uefa, nessuna squadra italiana è riuscita a vincerla o ad arrivare in finale. Gli ultimi sigilli tricolori nelle sorelle meno nobili della Champions League risalgono al Parma (Coppa Uefa 1999) e alla Lazio (Coppa delle Coppe 1999) nello stesso anno.

Basti vedere come, invece, le altre nazionali hanno affrontato le ultime gare di Nations League. Inghilterra Croazia, remake della semifinale di Russia 2018, è stata una formidabile altalena di emozioni. Con la Spagna spettatrice interessata, a Wembley è successo tutto nel secondo tempo. Col pareggio (0-0) che ha retto fino al 57’, Furie Rosse qualificate. Poi il vantaggio della Croazia al 57’ con Kramaric e vicecampioni del mondo avanti. Infine il ribaltone: al 78’ pari di Lingaard (e iberici ancora qualificati), all’85’ il definitivo vantaggio di Kane che spedisce gli inglesi alle final four e retrocede in Lega B i croati.


Emozioni in serie anche a Lucerna nello spareggio Svizzera Belgio del gruppo 2, con l’Islanda da tempo fuori dai giochi. La gara d’andata era finita 2-1 per gli uomini di Martinez, che vanno avanti anche al ritorno con un blitz nei primi minuti dell’Hazard piccolo, Thorgan (0-2 al 17’). Gli elvetici firmano una rimonta capolavoro già nel primo tempo con il milanista Rodriguez e la doppietta di Seferovic, che si ripete dopo l’intervallo per il suo tris dopo il quarto gol di Elvedi. La squadra di Petkovic va avanti, il Belgio si mangia le mani per quello che poteva essere.

Torna la Nations League e tornano anche le belle partite tra le varie nazionali europee, se l’Italia se la vedrà con il Portogallo sabato 17, oggi iniziano diversi match tra cui l’affascinante Croazia – Spagna allo stadio Maksimir di Zagabria.Una partita prestigiosa per due nazionali che in questo 2018 hanno avuto un andamento un po’ altalenante.

La Croazia ha una forte impronta “italiana” grazia alla folta presenza di giocatori che militano in Serie A, è stata protagonista al Mondiale di Russia, arrivando fino in finale, battuta solo dalla Francia, ma in Nations League ha raccolto solo un misero punto finora e rischia la retrocessione in Serie B.
La partita più significativa è stata il roboante 6-0 subito proprio contro la Spagna.

La Spagna, insieme alla Germania, è stata la delusione del Mondiale iniziata con l’esonero di Lopetegui pochi giorni prima del torneo. In Nations League è partita con un altro appeal, anche se la sconfitta contro l’Inghilterra ha rievocato brutti incubi.

Come detto la Croazia questa sera cercherà di fare il risultato per rialzare la testa ed evitare la retrocessione. Tra protagonisti ci saranno proprio gli otto calciatori della nostra Serie A.
Il ct Dalic ha convocato gli interisti Vrsaljko, Brozovic e Perisic, il laziale Badelj, il napoletano Rog, l’atalantino Pasalic, il cagliaritano Bradaric e il viola Pjaca.
Non convocato lo juventino Mandzukic dato che ha dato l’addio agli scaccati poco dopo il Mondiale.

Per Dalic il centrocampo resta comunque l’arma in più della nazionale con tanta qualità e quantità. La qualità è quella di capitan Modric, di Rakitic e di Marcelo Brozovic, perno imprescindibile degli undici nerazzurri di mister Spalletti. C’è chi in estate ha sognato un trasferimento anche del numero dieci del Real Madrid ad Appiano Gentile.

La quantità è dettata da Badelj e Rog. Il centrocampista della Lazio non è ancora al 100% a causa di piccoli infortuni che lo hanno un po’ limitato in questa prima parte di stagione, mentre Marko Rog, nonostante non abbia molti minuti nelle gambe a causa del continuo turn over di Carlo Ancelotti al Napoli, ha ben figurato quando ha giocato. In panchina saranno anche il regista Bradaric e Mario Pasalic. Per il cagliaritano sarà comunque un modo per “rubare” altri consigli a due campioni come Modric e Rakitic.

Some Vrsaljko con la maglia della nazionale croata

Titolarissimi saranno gli altri due interisti Vrsaljko e Perisic. I due sono stati altri importanti protagonisti dell’exploit in Russia, purtroppo però non si sono ancora visti al massimo con la maglia dell’Inter in questa stagione. Il terzino è stato prelevato dall’Atletico Madrid per sostituire Cancelo, fino a causa anche di molti acciacchi non ha reso come ci si aspettava.
Discorso abbastanza simile per Ivan Perisic, l’esterno non ha dato quell’incisività offensiva che si attende da lui per dare il giusto supporto al capitano nerazzurro Mauro Icardi.

Panchina invece per il numero 10 della Fiorentina Marko Pjaca. Dopo una partenza positiva, il talento croato ha perso un po’ la bussola così come tutta la viola che non riesce più a vincere. Difficile il suo impiego dal primo minuto, ma forse il ct Dalic darà a lui una possibilità a partita in corso anche in base al risultato.

Per le Furie Rosse solamente un italiano tra i convocati ed è il milanista Suso. La qualità per i spagnoli è dettata soprattutto dai madridisti e dai catalani.

Luka Modric fa piangere Zvonimir Boban. Il centrocampista del Real Madrid ha vinto il premio “Fifa best player” come miglior calciatore del 2018. Modric ha superato la concorrenza di Cristiano Ronaldo e Mohamed Salah. Per la prima volta dalla sua istituzione (2016) la rassegna non è stata vinta da CR7, fermatosi al 19% dei voti. Il croato, invece, ha raggiunto il 29%, merito soprattutto della Champions vinta con il Real Madrid e della finale mondiale persa con la Francia.

Luka Modric agli scorsi Mondiali di Russia

Durante la premiazione, organizzata alla Royal Festival Hall di Londra, l’ex giocatore del Tottenham si è rivolto a Zvone Boban, presente in platea, e leggenda del calcio croato negli anni ’90. Modric, in particolare, ha rievocato i Mondiali di Francia ’98, quando la Croazia per la prima volta nella sua recente storia (nata dopo la dissoluzione dell’ex Jugoslavia) ha raggiunto una semifinale di Coppa del Mondo. In quella partita, Boban e compagni si arresero solo alla doppietta di Thuram contro la Francia, dopo il vantaggio di Davor Suker. Quella squadra è stata fonte di ispirazione per la Nazionale di Modric e Mandzukic.

La Nazionale croata a Francia ’98

L’ex centrocampista del Milan, seduto nelle prime file e oggi vicesegretario generale della FIFA, non è riuscito a trattenere le emozioni per le belle parole pronunciate in spagnolo e croato da Modric:

In un momento come questo vorrei dedicare un ringraziamento speciale al mio idolo, Zvonimir Boban, il capitano della Croazia che nel 1998 in Francia partecipò al Mondiale e arrivò terza. Quella squadra ci ha dato la speranza di pensare che avremmo potuto fare qualcosa di grande in Russia. Spero che anche la Nazionale croata di oggi possa essere lo stesso per le generazioni future. Questo premio che ho vinto dimostra che ognuno di noi può diventare The Best, con duro lavoro, con fede e sacrificio. Tutti i sogni possono diventare realtà

Il suo nome è Yuri Cortez e nelle ultime 12 ore ha invaso i tabloid per un motivo che prima di Croazia-Inghilterra non si sarebbe mai immaginato: infatti, in occasione del gol decisivo di Mario Mandzukic, il fotografo di AFP è stato travolto prima dal calciatore della Juventus e subito dopo da tutti i suoi compagni di squadra. Un momento esilarante quanto inaspettato che, giustamente, è stato preso con il sorriso dal protagonista di questa storia il quale ha anche ricevuto le scuse dei giocatori croati. Il messicano non ha smesso di immortalare le emozioni neanche quando è stato atterrato regalandoci istantanee che ci fanno capire a pieno la gioia non solo degli undici in campo ma di una nazione che in 27 anni di indipendenza è riuscita a raggiungere due volte le semifinali e, ieri, la prima finale.

Al termine della sfida Yuri Cortez ha raccontato quanto è accaduto: “Ero molto vicino a loro, stavo fotografando e sono stato travolto. Che emozione! Ho continuato a scattare foto perché questi sono momenti unici. Al termine dell’esultanza i giocatori sono venuti ad assicurarsi delle mie condizioni“. Il fotografo, ancora visibilmente emozionato, ha vissuto il suo World Cup moment, i giocatori della Croazia, invece, sperano di travolgerne un altro anche in finale.

Sono rimaste solo due in piedi. Le altre si sono inginocchiate, in lacrime per essere per l’ultima volta  a stretto contatto con il manto erboso di uno stadio mondiale. L’ultima a piegarsi è l’Inghilterra; ad accartocciarsi, semmai per sua stessa colpa e responsabilità. Ma la Croazia è davvero bella bella, non si smonta, si trova sotto di fatto in apertura e nonostante i tre supplementari sulle gambe è proprio oltre il 90’ che completa la rimonta e, domenica 15, affronta la Francia nella suo prima storica finale.

Storica sì perché 4 milioni di abitanti di uno stato che calcisticamente esiste solo dal 1993 si troveranno laddove non sono mai arrivati: esattamente 20 anni fa, alla prima partecipazione ai Mondiali arrivarono in semifinale, contro proprio i transalpini. Un rematch e questa volta Thuram non ci sarà.

E così il football non torna a casa, eppure ora che l’Inghilterra aveva trovato un portiere degno, Pickford, non riesce a completare un’avventura fantastica quanto imprevedibile. La sfrontatezza, l’incoscienza fino ad oggi avevano premiato i ragazzi di Southgate che sono crollati sul più bello.

L’Inghilterra viene rimontata 2-1 e va a San Pietroburgo per la finalina contro il Belgio eppure al 5’ la pennellata magistrale di Trippier su punizione lasciava presagire un altro finale. Anzi l’happy ending.  Era dal 2006, contro l’Ecuador, che l’Inghilterra non segnava su piazzato di prima. E quel tiro partì dal destro di Beckham.
Poi però Kane ha sbagliato il 2-0, il colpo del ko e i fantasmi sono tornati minacciosi: perché il centravanti del Tottenham ha dimostrato di essere freddo per tre volte dal dischetto e di essere fortunato anche con i rimpalli, ma oggi ha tradito. E poi su 12 gol realizzati in questo torneo, gli inglesi hanno piazzato 9 reti da calcio da fermo. Funzionano gli schemi e sanno essere letali e lucidi, certo, ma con questa sconfitta la chiave di lettura viene ribaltata.

Non avevano fatto i conti con gli italiani (ed entrambi ex Wolfsburg) Ivan Perisic e Mario Mandzukic. Nella Croazia che ha riunito sotto l’occhio vigile del ct Dalic calciatori che vengono da 11 campionati, a brillare sono quelli della Serie A, nel periodo dove i riflettori sul campionato italiano sono già accesi e focosi per Cristiano Ronaldo. L’interista pareggia al 68’, si trasforma e potrebbe piazzare la doppietta ma si stampa sul palo, poi lo juventino sentenzia nel secondo supplementare, su assist di testa di Ivan, al 109’. In mezzo c’è l’inglese (del Liverpool) Lovren che, in spaccata, nell’area piccola, spazza un pallone che avrebbe forse messo fine alla sfida.

L’Inghilterra che aveva sfatato i tabù dei rigori si prende gli applausi per un percorso inimmaginabile. Rimarrà la forte delusione per il film di questa partita che i leoncini avrebbero potuto gestire diversamente. Ma Southgate l’aveva detto alla vigilia, è un rodaggio per essere pronti ai Mondiali del 2022. Fata spazio alla Croazia che ha dato al calcio in questi anni talenti cristallini e che ha l’occasione di premiare il più grande: Modric.

C’è un conto aperto dal 1998. Alla Luzhniki Arena, domenica 15 luglio, ore 17.

Ps. Non vorremmo essere nei panni di Kalinic.

Verso la fine degli anni Settanta, quando ormai a fine carriera rimandava il ritiro dal calcio giocando nei Cosmos di New York, Pelé si lanciò andare in una profezia (una delle tante, a dire il vero):

Entro il 2000 una nazionale africana vincerà il Mondiale

Siamo nel 2018, sono passate diverse manifestazioni iridate e il pronostico di O’ Rey è da slittare ancora una volta, anzi l’edizione in Russia ha segnato un andamento negativo per l’Africa: per la prima volta dal 1982 nessuna squadra ha raggiunto la fase a eliminazione diretta.

Ma mentre la delusione è stata difficile da reggere per i tifosi di Egitto, Marocco, Nigeria, Senegal e Tunisia, le semifinali totalmente europee (Francia – Belgio e Croazia – Inghilterra) sono la prova o se volete, l’umana testimonianza, dell’enorme influenza che i figli degli immigrati africani hanno nel calcio europeo e, di riflesso, nell’apice del gioco globale.

Samuel Umtiti, il difensore francese che staccando di testa ha segnato la rete che ha permesso alla Francia di vincere 1-0 sul Belgio e di accedere alla finale 20 anni dopo la prima magica volta, non ha mai avuto dubbi su quale maglia volesse vestire, talmente convinto da non aver neppure vacillato di fronte al mitico Roger Milla che tentava di convincerlo a scegliere il paese dei suoi genitori. Il Camerun. Come il fantasmagorico Kylian Mbappé – figlio di un padre camerunese e madre algerina – e come i suoi compagni cosmopoliti che hanno veicolato un’enfatica risposta al bigottismo che ora sorniona ora esplode in forme di razzismo in casa e in Europa.

In totale 23 giocatori – esattamente il 50% – nelle squadre di Didier Deschamps e Roberto Martínez – hanno antenati nati e cresciuti in Africa. Si stima che il 6,8% e il 12,1% rispettivamente della popolazione francese e belga sia composta da migranti, una statistica che indica quanto sia stata importante una prima fase dell’integrazione. Ma se alcuni critici della Francia sono stati messi a tacere da prestazioni superbe, in Belgio le cose sono andate diversamente fino a poco tempo fa. Romelu Lukaku, attaccante del Manchester United sul tabloid Players’ Tribune aveva detto:

Quando le cose andavano bene, stavo leggendo articoli di giornale e mi chiamavano Romelu Lukaku, l’attaccante belga, ma quando le cose non andavano bene, mi chiamavano Romelu Lukaku, l’attaccante belga di origine congolese

Nella squadra in cui sette giocatori possono risalire a radici nell’ex colonia belga, Lukaku e Vincent Kompany – il cui padre, Pierre, è un diplomatico congolese e lui si definisce “100% belga e 100% congolese” sono emersi come alfieri di una nazione che ha storicamente sofferto di una terribile eredità.
Nel 1958, poco dopo la Svezia e il mondo intero scoprirono il talento dell’adolescente Pelé, a Bruxelles si tenne l’Esposizione universale. Per 200 giorni, la capitale belga fu sede di una fiera che voleva celebrare i progressi tecnologici compiuti dopo la seconda guerra mondiale. Proprio il Belgio, però, aveva ancora in mostra quello che venne considerato l’ultimo “zoo umano”: uomini, donne e bambini congolesi replicavano le loro condizioni native in una scena fabbricata e artificiale di quotidianità all’interno di un villaggio.

Alla fine del secondo conflitto bellico, il Belgio contava 10 uomini congolesi all’interno dei suoi confini, oggi si superano i 40mila abitanti. E il calcio ha aiutato notevolmente: dopo l’introduzione di un programma nazionale per utilizzare il pallone come risorse per facilitate l’integrazione, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. La generazione d’oro del Belgio è emersa.

E poi c’è Danijel Subasic , portiere di quasi 34 anni della Croazia, colui che, impassibile, nei due scontri terminati ai calci di rigore ne ha parati quattro, raggiungendo il record del tedesco Schumacher e dell’argentino Goycochea ai Mondiali di Italia ’90. Nato a Zara nel 1984, figlio di un padre serbo e ortodosso e di una madre croata e cattolica, la sua infanzia è stata tribolata: a sette anni vede dalla finestra la folla che spacca le vetrine dei negozi dei serbi di Zara, mentre a scuola gli insegnano che è colpa sua se stanno cadendo granate sulla città.

Ma chi ha avuto la forza di lasciare tutto questo alle spalle, ora può respirare una Croazia diversa. La nazionale balcanica è quella che ha il maggior numero di giocatori nati fuori dal paese che rappresentano, con il 15,4%. Fare appello ai figli di migranti, come il svizzero Ivan Rakitic e Mateo Kovacic, cresciuto in Austria, è vitale per un paese con una popolazione di poco più di 4 milioni per competere contro alcune delle più grandi nazioni del pianeta.

Ma estendendo lo sguardo su questi Mondiali cosmopoliti, il 10% dei giocatori della Coppa del Mondo sono nati al di fuori del paese che portano sulla maglia e il Marocco, con il 61%, è stata la capofila. E l’Inghilterra? Della squadra di Gareth Southgate, solo Raheem Sterling, nato a Kingston in Giamaica, è nato fuori dai confini britannici, ma il 47,8% sono figli di migranti. Questo rende la squadra etnicamente più eterogenea nella storia mondiale british. Il che carica di impegno e responsabilità i ragazzi e il ct:

Sarò prima di tutto giudicato per i risultati sul campo, ma abbiamo la possibilità di influenzare altre cose che sono ancora più grandi del calcio

 

Fonte: The Guardian

Col Brasile già qualificato, la sera dell’otto luglio 1998 lo Stade de France ospita l’incontro che designerà l’altra finalista. L’inattesa e larga vittoria ottenuta dalla Croazia di Miro Blažević ai danni della Germania nei quarti ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai tifosi di casa. Non è solo una questione di esperienza che fa preferire i biancorossi come avversari: la Francia ha infatti perso nelle due occasioni in cui nel penultimo atto di una rassegna iridata ha incrociato i tedeschi, o per meglio dire la Germania Ovest.

Il primo tempo sembra rispecchiare perfettamente il copione della partita non giocata ad alti ritmi, equilibrata, ancora sullo 0-0 ma inesorabilmente destinata a veder vincere i favoriti. Guivarc’h, la punta di ruolo dei galletti padroni di casa, non è riuscito a incidere in nessuno dei match precedenti e in semifinale il trend non sembra essere mutato. Così le occasioni più pericolose passano da piedi e testa di Zinedine Zidane, anche se il portiere croato Ladić non è certo costretto agli straordinari.
A inizio ripresa, però, la musica cambia perché, a differenza dei loro avversari, i croati hanno davanti uno di quegli attaccanti in grado di trasformare in oro le poche occasioni a disposizione: Davor Šuker.

Un lancio di Asanović trova il giocatore allora in forza al Real Madrid libero davanti a Barthez, il gol è una formalità. Tra l’incredulità dei presenti è successo che la quasi impenetrabile difesa francese -un solo gol subito fino a quel momento, per di più nell’ininfluente match contro la Danimarca- ha chiamato fuorigioco, ma Lilian Thuram è rimasto attardato. L’errore commesso di certo non può andare giù a uno che non a torto è considerato uno dei più forti difensori del mondo per l’eleganza dei movimenti, il senso del piazzamento e la decisione con cui anticipa gli avversari senza tuttavia risultare falloso.

Il modo con cui Thuram rimedierà a questa sua defaillance è, però, semplicemente inatteso, degno di un vero campione, di uno con una personalità fuori dal comune.

Il racconto completo sulla doppietta di Thuram è su Calcio Romantico

 

Con le due gare odierne si è finalmente concluso il programma dei quarti di finale e martedì inizieranno le semifinali con la sfida tra Francia e Belgio. Oggi, invece, hanno staccato il pass per entrare tra le migliori quattro selezioni al mondo l’Inghilterra e la Croazia. La squadra allenata da Southgate ha superato la Svezia con il punteggio di 2-0, mentre agli uomini di Dalic sono serviti ancora una volta i calci di rigore.

In semifinale ci sarà l’Inghilterra: i Tre Leoni hanno avuto la meglio sulla Svezia ed il risultato finale di 2-0 rappresenta al meglio quanto visto in campo, con gli uomini di Southgate a dominare il gioco e non concedere nulla agli scandinavi. La squadra in maglia rossa ha aperto le marcature poco prima dell’intervallo: sugli sviluppi di un calcio piazzato battuto da Ashley Young, Maguire è stato il più veloce a fiondarsi sul pallone ed impattarlo. Sempre su colpo di testa è arrivato il raddoppio: Lingard ha disegnato una traiettoria pulitissima sulla quale Dele Alli non ha dovuto far altro che appoggiare in rete la sfera. Tra i grandi favoriti di questa competizione ci sono anche gli inglesi che con questa ulteriore iniezione di fiducia possono veramente sognare.

Non bastano né i novanta minuti regolamentari, né i due supplementari a decretare la quarta ed ultima semifinalista di questo mondiale: la Croazia passa ai calci di rigore. La Russia passa in vantaggio nella prima frazione con un meraviglioso tiro a giro di Cheryshev ma i croati riescono a pareggiare in avvio di ripresa con Kramaric. Nei primi quindici minuti dell’extra time è la formazione allenata da Dalic a portarsi in avanti con il gol di Vida ma quando le speranze sembravano ormai perse Fernandes riesce ad inserirsi al meglio nell’area slava e trascina la partita ai calci di rigore, dove è decisivo l’errore di Fernandes che nel giro di 10 minuti passa dall’essere eroe nazionale a capro espiatorio.