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È stata definita la generazione d’oro perché non si era mai vista una Colombia così ricca di talento. E così, dopo 28 anni dall’ultima volta nel 1990, i Cafeteros raggiungono la qualificazione alla fase finale di un Mondiale di calcio.

In effetti era proprio a Cile ’62 che la nazionale colombiana si è affacciata nel calcio che conta.

Era la generazione dei campioni come il portiere Rene Higuita, i centrocampisti Carlos “El Pibe” Valderrama e Leonel Alvarez e l’attaccante Fredy Rincon. Una nazionale ricca di “pazzia” che ha espresso un gioco tecnico chiamato “toque-toque sotto l’ex allenatore dell’Atletico Nacional, Francisco Maturana.

Il loro approccio a Italia ’90 non è stato per niente semplice dato che si è ritrovata nel girone dei futuri campioni del mondo della Germania, la Jugoslavia e gli Emirati Arabi Uniti, debuttante nella competizione.

Primo match al Bentegodi di Bologna contro gli arabi. Match vinto per 2-0 dai sudamericani grazie alle reti di Bernardo Redin del Deportivo Cali che ha aperto le marcature al minuto 50, grazie all’assist di Alvarez.

A quattro minuti dalla fine è il turno del capitano Valderrama che chiude i conti regalando così la prima vittoria della “Tricolor” in un Campionato del Mondo.

Festa in Colombia tra le vie di Bogotá, per quella che è stata una vittoria storica per quella che era una nazionale spesso criticata dal fatto che fosse “controllata” dal narcocalcio.

Il secondo match contro la Jugoslavia è un remake di quella che era stata una pesante sconfitta da parte dei colombiani (5-0 a Cile ’62). L’esito è però simile, sconfitta per 1-0 contro i balcanici e tutto rimandato all’ultimo match del girone contro la Germania Ovest di capitan Matthäus.

Contro i tedeschi sarebbe bastato solo un pareggio e così è. I Cafeteros riescono a strappare l’1-1 a pochi minuti dal fischio finale dopo il vantaggio siglato da Pierre Littbarsky. A salvare Higuita e compagni è stato l’attaccante Rincon che ha superato agilmente il portiere tedesco Illgner. Un gol che porta la Colombia direttamente agli ottavi di finale di Italia ’90.

La gioia per aver passato per la prima volta il girone in una fase finale ai Mondiali. Agli ottavi i sudamericani se la vedono contro un’altra rivelazione del Mondiale italiano, il Camerun.
Il match tra le due scoperte è avvincente. Al san Paolo di Napoli si va oltre i minuti regolamentari. A sbloccarla però sono gli africani con il subentrante Roger Milla al 106esimo.
Lo stesso Milla si ripete qualche minuto più tardi su una grave ingenuità del portiere colombiano Higuita.
Quella dell’estremo difensore sudamericano si è rilevata come una vera e propria pazzia. Non era certo la prima volta che il numero 1 dai capelli ricci si è addentrava in avventure rischiose. Quella degli ottavi è stata una scelta sbagliata, quanto sfortunata.

Il gol di Rincon permette solamente di pensare ai rimpianti per un match buttato via con sregolatezza. Quella partita è stata quella della beffa per la generazione d’oro, per quella che è stata considerata come la Colombia più forte di tutti i tempi.

Il Mondiale 2018 si sta avvicinando, il tabellone delle partecipanti è quasi al completo (mancano solamente le squadre che disputeranno i playoff) e l’Adidas ha voluto lanciare le nuove maglie in vista del campionato del mondo in Russia.

Se l’Italia, con Puma, ha lanciato la nuova maglia azzurra con tanto di celebrazione per i 20 anni di Buffon in Nazionale, l’azienda tedesca ha svelato quelle che saranno le prossime divise indossate dalle squadre che hanno Adidas come sponsor tecnico.

A primo acchito, soprattutto per i più nostalgici, le nuove divise disegnate dal colosso teutonico fanno chiari riferimenti alle maglie indossate negli anni ’80-’90. Mancanza di originalità o voluto tributo del vintage?

Un tuffo nel passato dove ci vengono in mente scene sportive indimenticabili di tanti campioni del calibro di Maradona, Matthäus , Valderrama, ecc…

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ARGENTINA

La maglia delle Selección, con la classica alternanza delle bande biancocelesti, si accosta agli anni d’oro con il Pibe de Oro protagonista. Dal Mondiale vinto del 1986, alla vittoria della Copa America di Ecuador 1993, passando per il secondo posto a Italia 1990. Le strisce dell’Albiceleste sono di varie sfumature ma il collo a punta è un particolare indossato dai calciatori argentini durante il torneo sudamericano del 1993 con Gabriel Omar Batistuta protagonista;

 

BELGIO

La formazione dei Diavoli Rossi si è qualificata in piena tranquillità e prenderà così parte al suo 13esimo campionato Mondiale. Lukaku e compagni vestiranno una maglia che ricorda molto quella indossata durante l’Europeo 1984 disputatosi in Francia. Il riferimento è legato soprattutto ai rombi posti sul petto con al centro il logo della federazione della Nazionale calcistica belga;

 

COLOMBIA

La maglia dei Cafeteros è un omaggio al grande Mondiale disputato in Italia nel 1990 in cui la nazionale sudamericana raggiunse una storica qualificazione agli ottavi di finale. Era la Colombia della generazione d’oro con giocatori del calibro di Carlos Valderrama, René Higuita e Faustino Asprilla. La maglia indossata durante la spedizione italiana è molto simile a quella attuale con una grossa presenza del giallo, con il design grafico rosso e blu sui lati per richiamare i colori della bandiera. Sul retro lo slogan “Uniti per un Paese”;

 

GERMANIA

Altrettanto nostalgica è la maglia della Nazionale tedesca, vincitrice dell’ultimo Mondiale in Brasile 2014. Il riferimento però è ad un’altra Coppa del Mondo vinta, quella del 1990. Erano gli anni degli “italiani” Matthäus, Völler e Brehme, della Germania Ovest e della rinascita di un paese, post crollo del Muro, che si sarebbe riunificato ufficialmente di lì a poco. La riproposizione del disegno delle righe orizzontali della bandiera tedesca è chiaramente uguale a quello del Mondiale italiano. La differenza sostanziale nella scelta dei colori: via il rosso e il giallo, per Russia 2018 le righe saranno monocromatiche;

 

GIAPPONE

Per la Nazionale del Sol Levante il tocco delle maglie è più astratto. In effetti non si tratta di una rivisitazione di una maglia calcistica, ma dell’uniforme artigianale del Paese con il punto da ricamo Sashiko e con una tonalità di blu Katsuiro utilizzata dai samurai sotto l’armatura. I particolari sono anche i tocchi di rosso e di bianco della bandiera nipponica;

 

MESSICO

La nazionale del Tricolor è tornata a indossare una maglia quasi del tutto verde, con un collo a punta e un gioco di colori tono su tono nella zona laterale. Il pensiero porta al Mondiale giocato in casa nel 1986, quando vennero eliminati dalla Germania Ovest. Quel Mondiale lo vinse però l’Argentina di Maradona.
Sul retro della maglia una scritta “Io sono il Messico” e i pantaloncini bianchi con calzettoni rossi che completano i colori della bandiera;

 

RUSSIA

La Nazionale ospitante non ha avuto ostacoli di qualificazione dato che parteciperà di diritto al Mondiale 2018. L’Adidas tuttavia ha voluto omaggiare la squadra sovietica, al tempo ancora sotto l’effige Urss, che nel 1988 vinse l’oro ai giochi Olimpici di Seul nel 1988 grazie alla coppia d’attacco Dobrovolski – Mykhaylychenko, entrambi ex Serie A, Genoa il primo, Sampdoria il secondo.
Le linee della nuova maglia partono dalle spalle sino alla parte anteriore con piccoli dettagli che risaltano i colori della bandiera e l’aquila. In più c’è anche una frase: “Insieme per la vittoria”, è stata invece rimossa la sigla CCCP;

 

SPAGNA

Le Furie Rosse, campioni del Mondo 2010, omaggiano il Mondiale americano di Usa ’94. In quell’edizione giunsero ai quarti di finale, battuti dagli azzurri grazie alle reti di Roberto e Dino Baggio. In quella partita si ricorda anche l’episodio della gomitata di Mauro Tassotti a Luis Enrique con tanto di squalifica con la prova tv.
Così come il Belgio, sono presenti anche sulla maglia Roja i rombi, seppur in verticale. Sulla forte base rossa i colori sono sfumati con rosso, giallo e blu. In realtà potrebbe sembrare un effetto ottico il quale fa sì che guardando da lontano la maglia, si abbia l’impressione che invece di un blu si tratti di un colore viola.
Tuttavia la somma di rosso, giallo e viola, ricorda a tutti gli spagnoli il vessillo della Spagna repubblicana, abolito poi dal regime franchista. Oggi quella bandiera non ha valore ufficiale, ma viene sventolata nelle manifestazioni della sinistra, o usata dalle associazioni e dai movimenti repubblicani, che rivendicano il suo utilizzo al posto della attuale Rojigualda, la bandiera ufficiale spagnola. Il tutto in un periodo di forte crisi interna con la questione Catalogna.

I Mondiali di Russia 2018 rappresentano un obiettivo troppo importante per restarne fuori e secondo alcune voci, pare che alcune squadre avrebbero tentato ogni sorta di stratagemma per passare le qualificazioni.

Le polemiche che si stanno diffondendo in questi giorni riguardano il girone del Sudamerica che tra misteriosi biscotti, tentativi di corruzione e anche usando l’arma della seduzione si siano giocati tutte le carte per volare direttamente in Russia.

Ma partiamo da alcune immagini e video che impazzano sul web e immortalano Falcao intento a parlare misteriosamente con gli avversari. In tanti si chiedono quale poteva essere il motivo di questi scambi di parola durante un incontro decisivo! Ecco che comincia ad aleggiare il sospetto di biscotto fra le due squadre in questione: Perù-Colombia.

La partita si conclude 1-1 ed è inevitabile chiedersi se i sospetti siano fondati o meno. Con questo risultato le due squadre hanno ottenuto un obiettivo comune, l’uscita del Cile dal mondiale, e prese singolarmente, il Perù arriva ai play-off mentre per la Colombia è accesso diretto in Russia.

Le motivazioni alla base del biscotto e il poco impegno dei giocatori, soprattutto negli ultimi minuti della partita, sembrano confermare che più di una calunnia di parla di un sospetto fondato.

E non è l’unico stratagemma in atto tra le squadre sudamericane: si parla addirittura di valigette piene di soldi che sono state viste girare intorno al team dell’Ecuador, che si apprestava a confrontarsi con l’Argentina. Sembra che qualcuno volesse far fuori dai Mondiali la squadra di Messi e avrebbe incitato con il denaro i giocatori avversari per spingerli a dare il massimo.

Qualunque sia la verità queste valigette non avrebbero potuto fare molto contro una squadra che già dai primi minuti era in vantaggio e che aveva già prenotato il volo per la Russia.

Ovviamente l’Ecuador smentisce ogni complotto contro la squadra avversaria, anche se ogni eventuale coinvolgimento, alla luce dei fatti, sarebbe ormai una questione inutile da affrontare.

Tra valigette e biscotti si arriva anche a calunniare il Paraguay di tentata prostituzione ai danni del Venezuela. Le due squadre si dovevano affrontare per l’ultima partita decisiva il giorno seguente, ma nella notte, in hotel pare si aggirassero delle belle donne intente a farsi notare per intrattenere i giocatori venezuelani.

Un obiettivo non riuscito, a detta del tecnico della squadra, perché i suoi giocatori sono persone serie, impassibili al fascino delle donne per rimanere concentrati in vista del match.

Calunnie o imbrogli? Accuse e scandali ruotano attorno a questo ultimo giorno di qualificazioni ma non servono a cambiare la formazione dei paesi che nel 2018 si giocheranno il titolo di campioni del mondo.

Il Cile è fuori, l’Argentina, il Brasile, la Colombia e l’Uruguay sono ai Mondiali e per il Perù si attendono i play-off.

Qualsiasi stratagemma, ormai, non serve più a nulla e ci auguriamo che in Russia, nel 2018, ci sia più gioco e meno polemiche, da parte di tutte le squadre. 

A margine della Coppa d’Africa appena conclusa con la sorprendente vittoria dei Leoni Indomabili del Camerun al cospetto dei ben più quotati Faraoni capeggiati dal romanista Salah, si può certamente affermare che uno dei protagonisti della nazionale egiziana, pur sconfitta, sia stato il portiere Essam El-Hadary.

Il portiere, classe 73, alla veneranda età di 44 anni, proiettato alla titolarità “grazie” all’infortunio del collega El Shenawy, ha blindato la porta dei Faraoni per l’intero torneo – con tanto di doppio rigore parato nella lotteria decisiva in semifinale con il Burkina Faso – capitolando solo nella finale di Libreville al cospetto del miracoloso Camerun di Hugo Broos.
Ovviamente diventando il giocatore più anziano, con i suoi 44 anni e 21 giorni, a calcare il campo della massima manifestazione calcistica africana.

Ma quella di El-Hadary è solo l’ultima di una serie di storie sorprendenti, quasi magiche, tutte legate da una matrice comune, un filo sottile che le rende uniche ma inscindibilmente collegate: sono storie di eroi nascosti, giocatori che non rubano l’occhio allo spettatore, che non bucano lo schermo ma che, grazie ad una scintilla che viene da dentro, all’innata professionalità e voglia di arrivare, riescono a raggiungere con i loro guantoni risultati impensabili.

 

GABOR KIRALY

Senza andare troppo lontano nel tempo, merita una citazione Gabor Kiraly. Il portierone, classe ’76, vanta un’onesta carriera in squadre di seconda fascia in Germania, tra Bundesliga (7 anni nell’Hertha Berlino) e Zweite Liga (5 anni nel Monaco 1860) e nelle serie minori inglesi (in Championship tra Crystal Palace e Burnley) senza mai riuscire a fare il definitivo salto nei top teams fino a tornare in patria per chiudere la carriera nella squadra – l’Haladas – che lo lanciò nel lontano 1993.

Tipo stravagante, il magiaro si è guadagnato qualche copertina nel corso degli anni più per il suo particolare look in campo, dove da sempre si presenta con dei discutibili pantaloni della tuta grigi, al posto dei consueti pantaloncini d’ordinanza. La storia narra che Király fosse solito indossare, ai tempi dei suoi esordi in prima squadra nell’Haladas, un pantalone nero imbottito, per attutire i colpi sui campi in fango, pietre e terra che popolavano l’Ungheria di fine anni ’80 e inizio anni ’90.
Un giorno, però, sua madre lava la divisa, ma non fa a tempo ad asciugarla, e quindi Gábor deve scendere in campo con una tuta grigia, diversa dal solito. Ecco come nascono le leggende: con quella tuta grigia fa un’ottima partita, poi un’altra e un’altra ancora. Da quel momento il pantalone grigio diventa il suo portafortuna.

Ma la storia di questo onesto mestierante del pallone ha qualcos’altro di speciale: grazie alla sua affidabilità e alla voglia di continuare a mettersi in gioco, Kiraly viene convocato per gli Europei 2016 in Francia, dove gioca titolare a 40 anni compiuti, diventando il giocatore più vecchio ad aver mai disputato una gara nella fase finale di un campionato Europeo di calcio, prima di dire addio alla Nazionale dopo ben 107 gettoni di presenza.

 

 

FARYD MONDRAGON

E chi si ricorda di Faryd Mondragòn? Il portiere di Cali, classe ’71, sguardo fiero e fisico statuario, sin da giovane si presentava come prospetto di sicuro avvenire, seguendo le orme di Renè Higuita, ed entrando a far parte, a 23 anni, della fortissima (ma sciagurata) selezione colombiana di Maturana ad USA ’94.

Tuttavia, la carriera di Faryd non esplode come da premesse e, dopo le prime non indimenticabili esperienze europee al Saragozza e al Metz, ha un sussulto solo a 30 anni suonati, quando, nel 2001, viene ingaggiato dal Galatasaray.
Nella squadra di Istanbul è titolare inamovibile e diventa una bandiera del club fino al 2007, calcando il palcoscenico della Champions League e vincendo 2 campionati e una coppa nazionale e sfiora anche l’approdo in Italia, quando nell’estate del 2005, il Palermo tenta l’assalto al colombiano, ma i tentennamenti del Galatasaray e l’età considerata “avanzata” (ha già 34 anni) da qualche dirigente rosanero alla fine fanno saltare l’operazione.

Fin qui nulla di trascendentale. E allora perché parlarne? Semplice, perché, anche dopo l’uscita dal calcio di prima fascia, la scintilla non si spegne, “El Turco” non molla, continua ad allenarsi duro e a dare le garanzie necessarie per mantenersi nel giro della Nazionale.
E la sua costanza viene premiata. Convocato per i Mondiali del 2014, Mondragòn, subentrando ad Ospina all’85’ nella partita Giappone-Colombia, diventa, all’età di 43 anni e 3 giorni, il giocatore più anziano ad aver giocato una fase finale di un Mondiale, sverniciando il precedente record che apparteneva non ad un carneade, ma al simbolo del calcio africano Roger Milla, che ad USA ’94 (sì, proprio il Mondiale d’esordio di Faryd) scese in campo a 42 anni e 39 giorni.

Michele De Martin

Russia-Argentina, una delle due alzerà la Coppa del Mondo

La prima volta non si scorda mai. Al Coliseo di Cali il mondo del futsal mondiale festeggia un campione iridato diverso, non brasiliano, nemmeno spagnolo.

Questa sera dalle ore 21.15 su Eurosport (pacchetto Sky e Mediaset Premium).

E’ la finale inedita fra Russia e Argentina (foto: fifa.com). Skorovich contro un allenatore nato sui banchi di Coverciano, una vecchia conoscenza del calcio a 5 del Belpaese: Diego Giustozzi.

5 ITALIANI

Per la stampa sudamericana la Russia è favorita, ma dicevano la stessa cosa per il Portogallo contro l’Argentina.

La Selecciòn dei 5 italiani di serie A, Cuzzolino, Borruto, Battistoni, Taborda e Brandi, otto considerando Stazzone, Rescia e Wilhelm, invece, testimonia un lato positivo del prodotto del Belpaese.

Che avrà pure perso male e chiuso un ciclo cadendo con il modesto Egitto, ma che comunque avrà perfino un commissario tecnico in panchina, che ha preso il patentino a lezione di Menichelli.

L’Argentina è fortissima, ma se la giocherà alla pari contro un’autentica Armata Russa.

EN PLEIN

I vice campioni d’Europa, infatti, sono l’unica ad aver vinto tutte le partite disputate, chiudendo primi nel girone con la Thailandia di Miguel Rodrigo (in Italia con Luparense e Padova) quell’Egitto castigatore dell’Italia negli ottavi, e Cuba; liquidando la pratica Vietnam, sconfiggendo per la prima volta la Spagna entro i 40’ e domando il coriaceo Iran in semi.

Vanno a caccia del settebello (di successi), magari con un gol di Eder Lima, pronto a entrare nei primi tre cannonieri, dove ci sono già Ricardinho e Falcao. Skorovich ritrova Romulo ed è pronto a sfatare il tabù finale.

Chi più ne ha, più ne metta: sarà un partidazo.

Quella tra Argentina e Russia è una finale inedita nella storia dei Mondiali di futsal. Giunto alla ottava edizione, il campionato del mondo di calcio a 5 ha visto precedentemente un incontrastato duopolio con il Brasile vincitore di cinque titoli, spezzettato solamente dalla doppietta 2000 – 2004 della Spagna, in una ciclica sfida tra calcio sudamericano, ideatore e custode dello sport e calcio europeo che via via ha trovato sempre più sostenitori. Il duello Sudamerica – Europa, però, nel futsal ha ben presto abbandonato l’agonismo e si è spostato sulla politica: quelli che si disputano attualmente con cadenza quadriennale sono, infatti, i Mondiali organizzati dalla Fifa, da quando ha preso in mano la gestione del calcio a 5 a livello globale verso la fine degli anni ’80.

Il futsal, sin dalle sue origini com’è evidente il nome neolatino, è nato e si è diffuso principalmente in Sudamerica: padre e ideatore è Juan Carlos Ceriani, giovane insegnante di educazione fisica argentino ma trasferito a Montevideo che, sulla scia della popolarità acquisita dal calcio in Uruguay grazie al Mondiale del 1930, nello stesso anno ideò questa disciplina spinto dall’esigenza di far giocare a pallone i suoi allievi in una palestra chiusa anche quando fuori pioveva o sfruttando i campi da basket già esistenti. Impiegando al meglio le sue conoscenze plurisportive, Ceriani pensò di utilizzare regole prese da differenti sport: non snaturò quella principale del calcio, ovvero, non toccare la sfera con gli arti superiori, pensò al basket per il numero di giocatori da schierare in campo (5 per squadra) e alla pallamano per le dimensioni delle porte.

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Il merito di Ceriani è stato quello di dare una forma a un gioco che già veniva praticato approssimativamente nei vari paesi confinanti tra cui le favelas brasiliane: è proprio in Brasile questa disciplina si è affermata e ha preso quota col passare degli anni. Il fútbol de salón di lingua ispanica diventò futebol de salão (da qui la crasi in futsal) e nel 1971, a San Paolo, venne fondata la Federação Internacional de Futebol de Salão (Fifusa), la prima istituzione a governare il calcio a 5, comprendente 32 paesi e adottando le regole brasiliane. La Fifusa organizzò diverse manifestazioni per diffondere questa nuova disciplina sportiva fino ad arrivare a un embrionale mondiale di calcio (disputando due edizione nel 1982 e 1985), ma verso gli anni ’80 entrò prepotentemente la Fifa decisa a diffondere uno stile di football indoor con le sue proprie regole (per esempio, diversa gestione delle sostituzioni e pallone di dimensione più grande).

Nel 1988 l’organo federale con sede a Zurigo ottenne in toto la gestione del calcio a 5, l’anno dopo, a Rio de Janeiro si tenne una riunione della Fifusa con l’intento di entrare nella Fifa, ma in molti votarono contro. Dopo mancati accordi e tentativi di unificazione, la Fifusa pian piano si dissolse e dalle sue ceneri, nel 2002, è nata in Paraguay, tra i Paesi che più rifiutarono l’omologazione con la Fifa, l’Asociación Mundial de Futsal, l’Amf, che comprende 40 federazioni nazionali e il ripristino delle regole originarie.

La Russia è la prima finalista del Mondiale delle sorprese.

Pronostico rispettato, ma quanta fatica per i vice campioni d’Europa domare 4-3 un coriaceo Iran, che vende la cara la pelle, restando in partita 40’ effettivi prima di arrendersi con l’onore delle armi.

COLPO SU COLPO – Al Coliseo Ivan de Bedout di Medellin match equilibrato, come nelle aspettative. La Russia scappa, l’Iran l’acchiappa. Il solito Esmailspour risponde alla rete iniziale di Lyskov: 1-1 all’intervallo. Abramov s’inventa il 2-1, ma bomber Hassan Zadeh batte Gustavo, ristabilendo la parità per la seconda volta. Il 2-2 dura appena 13”, il tempo che serve a Shayakhmetov per riportare avanti per la terza volta la Russia. L’Iran cade, ma si rialza, si gioca la carta del portiere di movimento, mettendo alle corde Eder Lima e compagnia. A 42”, però, l’ottimo Chishkala mura una conclusione avversaria, guarda la porta e la centra dalla sua area. Gara finita? Più o meno. L’indomita nazionale di Nazemalsherieh trova la forza per realizzare il 4-3 a 11”, con Javid. E ha l’ultimo assalto per siglare un clamoroso pari. Che, però, non arriva. Russia in finale, Iran da applausi.

L’ARGENTINA – Intanto l’Argentina è sbarcata a Cali, per la seconda semifinale contro il Portogallo di Ricardinho. Giustozzi, che recupera Rescia, è su di giri.

“Vediamo se il Portogallo è favorito, lo deve dimostrare in campo. Ricardinho? Impossibile annullare uno come lui, faremo degli accorgimenti difensivi, ma non snatureremo il nostro gioco”.

Portogallo in pole per la qualificazione, da prima, nel girone A, la Colombia rischia. Russia a vele spiegate verso gli ottavi.

E’ la sintesi della quarta giornata del Mondiale. Nella seconda giornata del girone A, il ciclone Ricardinho si abbatte sul malcapitato Panama: O Magico mette a segno un’incredibile sestina di reti nel 9-0 dei lusitani. Nell’altra sfida del Coliseo El Pueblo, la Colombia non risponde al successo portoghese. Tutt’altro. I Cafeteros rischiano il patatrac: sotto 3-1 con l’Uzbekistan a 4’ , ci pensa la stella Angellot Caro, a segnare due reti, acciffuando un pari a 13” dalla fine. Cafeteros, obbligati a battere Panama nell’ultimo match.

Più semplice la situazione nel girone B, dove la Russia stravince 6-1 il big match con l’Egitto, issandosi in vetta in solitaria. In serata si accendono le luci del luna park di Medellin. La Thailandia di Miguel Rodrigo (un passato nel Padova e nella Luparense) va sotto 0-3 con Cuba, rimonta nel primo tempo, se la gioca gol a gol nella ripresa, uscendo fuori alla distanza e imponendosi 8-5. Un successo che vale l’aggancio all’Egitto.

TORNA IN CAMPO L’ITALFUTSAL – Stanotte, all’una, torna in campo la Nazionale di Menichelli per l’inedita sfida con un Guatemala praticamente all’ultima spiaggia. Azzurri al completo con l’unico dubbio riguardante Murilo, alle prese con una contrattura lombare. Leggiero prenota il bis:

“Abbiamo preparato bene l’incontro, puntiamo al primo posto, dobbiamo vincere. Questo gruppo ha ancora tanto da dire”.