Allora non è una macchina, allora Cristiano Ronaldo è umano. Può cadere in tentazione, può accennare una reazione, può essere vittima di un’ingiustizia, può versare lacrime anche se è l’uomo dei record. L’espulsione di Valencia, la prima in Champions League dopo 153 partite, nella gara d’esordio con la Juventus ci svela il volto da comune mortale di un uomo che fino a ora, soprattutto in questa estate, era stato raccontato come un robot.

Il robot diventa uomo – La dieta di CR7, il corpo di CR7, il business di CR7: il fenomeno di Funchal era quasi finito vittima del personaggio che lui stesso aveva creato. Perché Cristiano non è nato fuoriclasse, come Leo Messi: marziano ci è diventato con il sacrificio, la dedizione, l’abnegazione e un professionismo ossessivo. Eppure, l’uomo dei record, colui che aveva polverizzato qualsiasi primato individuale, il campione che ha vinto tutto quello che poteva vincere, è in lacrime perché sa di essere vittima di un clamoroso abbaglio arbitrale.
Come fosse un ragazzino qualsiasi al debutto in Champions, uno Zaniolo qualsiasi lanciato nella mischia al Bernabeu, Cristiano piange. Sa di non aver fatto nulla che meritasse un cartellino rosso, sa di essere caduto nel tranello ordito da Jeison Murillo, sa di essere assolutamente impotente. Proprio lui, il fenomeno venerato come una divinità da media e fan è sbattuto fuori da quella competizione di cui detiene record su record.

Il sostegno della squadra – Si butta a terra, batte le mani sul prato, impreca, cerca conforto: improvvisamente Ronaldo è solo Cristiano, il ragazzino orfano di un padre alcolizzato, il fratello tossicodipendente, problemi e patemi dell’uomo della strada, lontani anni luce da lustrini e paillette. Lo sollevano i compagni da terra, lo sostengono, lo accoglie Pavel Nedved nel tunnel degli spogliatori mentre il pubblico di Valencia gli rivolge insulti e gestacci con smartphone in mano all’uscita del campo, ruggini del passato Real.
Le lacrime di Cristiano, dopo l’ansia di Cristiano per un gol che non arrivava e per una squalifica che invece arriverà. Una sola giornata, come verità imporrebbe, due o tre, come ingiustizia spesso regna. Perché quando le luci si spengono e l’acrobata cade, CR7 non è più un acronimo ma solo Cristiano. Al pari di tutti noi, assaliti dall’ansia per un esame universitario, per un colloquio di lavoro, per una data fissata nel promemoria del cellulare. Ronaldo, in lacrime, si riscopre solo Cristiano.
