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Si sarebbero dovuti incrociare una serie di fattori e così è stato. Il nuovo decennio – gli anni Venti – della Serie A si è aperto con il lunch-match tra Brescia-Lazio con i laziali che hanno vinto per 2-1 l’ennesima partita in pieno recupero. Con doppietta, tanto per cambiare, di Immobile. In rimonta, per di più, perché ad aprire i giochi c’ha pensato Mario Balotelli che è sgusciato alle spalle del difensore che lo stava smarcando e ha trafitto Strakosha con un sinistro angolato.

 

E questa è senz’altro una coincidenza che fa di Balotelli il primo e unico calciatore nella storia del campionato italiano a segnare per due decenni consecutivi il primo gol. Sì perché SuperMario ha infatti segnato anche il primo gol degli anni Dieci: era mercoledì 6 gennaio 2010 e al Bentegodi di Verona si giocava Chievo-Inter. Partita delle 12.30, inusuale al tempo, ma dalla stagione successiva consuetudine, decisa proprio da Balo che regala alla squadra di Mourinho il titolo di campione d’inverno con una giornata d’anticipo con 42 punti conquistati in 18 gare.

Una bella coincidenza se pensiamo che Balotelli l’anno dopo avrebbe lasciato l’Inter per andare al Manchester City, girovagando per tutto il decennio tra Liverpool, Milan, Nizza e Marsiglia prima di rientrare in Italia, al Brescia, proprio quest’estate.

Roberto Baggio avrà una storia a lui dedicata su Netflix. Non sarà un documentario ma un film vero e proprio, un biopic. Non si sanno ancora durata e data di uscita, si parla del 2020 o 2021, ma per ora basta l’annuncio: la pellicola si chiamerà “Il Divin Codino”, sarà diretto da Letizia Lamartire, regista pugliese classe ’87 che con Netflix ha già lavorato per la serie Baby e a interpretare il delicatissimo ruolo di Baggio sarà il 26enne abruzzese Andrea Arcangeli, capelli biondi, occhi chiari e uno sguardo che ricorda molto quello dell’ex campione azzurro

Il film coprirà i 22 anni di carriera di Baggio, dagli esordi nel Lanerossi Vicenza all’ultimo step della sua immensa carriera a Brescia, senza dimenticare ovviamente le esperienze in maglia azzurra. Non si parlerà però solo di campo ma si analizzerà anche l’uomo che con il suo carattere introverso e la sua semplicità è riuscito a conquistare il cuore di tutti i tifosi. Lo stesso Roberto Baggio seguirà di persona l’intera realizzazione della pellicola e la regista Lamartire ha detto:

E’ la storia di un uomo umile con un talento smisurato che con le sue giocate ha cambiato il calcio italiano. Racconteremo anche il percorso di una persona che attraverso le sofferenze personali ha raggiunto grandi trionfi in campo

La storia sarà tratta dal libro di Raffaele Nappi che parla di “un ragazzino prodigio, con 220 punti interni di sutura e un menisco perforato a 17 anni. La storia di chi davano tutti per spacciato, e si è ritrovato con un Pallone d’oro tra le mani. Questa è la storia di scontri, tafferugli, incendi in nome di un calciatore. È la storia di un’estate italiana, di piazze e di feste, di bandiere e di vespe, di monaci e di cacciatori. Questa è la storia dell’uomo che non ha nemici. Questa è la storia di una generazione. Questa è la storia di un campione. Questa è la storia di Roberto Baggio”.

Il Divin Codino è una delle sette pellicole che nasceranno dall’accordo fra Netflix e Mediaset: non resta che sedersi in poltrona e aspettare con un pizzico di pazienza l’uscita di questi prodotti italiani che andranno prima su Netflix e poi, a distanza di 12 mesi, su Canale 5.

Dopo otto lunghi anni, il Brescia è riuscito a centrare la promozione in Serie A. La squadra di Eugenio Corini ha infatti conquistato matematicamente la massima serie, con due giornate d’anticipo e grazie alla vittoria allo stadio Rigamonti contro l’Ascoli: battuto 1-0 grazie alla rete decisiva di Daniele Dessena. Arrivato nella città lombarda nel gennaio di quest’anno per volere del presidente Cellino, e dopo una lunga serie di infortuni che gli hanno condizionato gli ultimi anni della sua carriera, il 31enne centrocampista emiliano si è tolto lo sfizio di realizzare il suo primo gol con la maglia del Brescia nel giorno più importante: quello della promozione in Serie A.

Al termine della partita, di fronte alle telecamere di Dazn, il giocatore di Corini ha così voluto dedicare la sua importante rete ad un amico speciale, con cui ha condiviso gli anni al Cagliari:

So che sarà contento anche Davide Astori, è stato un mio amico intimo. Gli dedico il mio gol, lo tengo nel cuore sempre. La mia felicità è anche per lui. Sarebbe molto felice per me, guardavo i messaggi ricevuti e mancava il suo ma son sicuro che me lo avrebbe mandato

 

 

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È il terzo dei Donnarumma, ma non è stato raccomandato come Gigio ha fatto con Antonio. Anche perché non ha nessun legame di parentela. Non gioca in porta e la sua carriera, finora, è fatta solo di gavetta. Sta diventando il terrore dei portieri avversari in B con una media gol da serie A e non solo. Nel 2018 è stato il bomber italiano più prolifico dopo Ciro Immobile: 26 gol contro 29, ma Alfredo ha giocato dieci partite in meno del laziale. Ironia della sorte: entrambi provengono da Torre Annunziata, vera e propria fucina di reti per chi sogna un futuro in attacco.


Alfredo Donnarumma non sta tradendo le attese a Brescia. Ha lasciato Empoli dopo averlo guidato alla promozione insieme al gemello del gol Ciccio Caputo. E se il bomber di Altamura sta riscoprendo la massima serie a 31 anni, il suo ex collega di reparto in A non è ancora arrivato. Una vita sui campi di periferia macinando prodezze ed esultanze. Gubbio, Catania, Lanciano, Como, Cittadella, Teramo, Salernitana. Colleghi di reparto prestigiosi come Pavoletti e Lapadula. Poi l’exploit in Toscana al “Castellani”. Donnarumma e Caputo segnano 49 gol in due: 23+26 riportando gli azzurri in A.


La loro media realizzativa è paragonabile a ben altri tandem di successo in Europa. Messi Suarez, Cavani Neymar, Salah Firmino, Bale Ronaldo. Ma non basta a portare Alfredo al grande salto. Resta in B e scommette sul Brescia, nobile decaduta del campionato cadetto. Non sbaglia lui e non sbaglia la società del presidente Cellino. Donnarumma segna a gol grappoli, con numeri da marziano: 19 gol in 18 partite in campionato, 21 in 20 presenze considerando la Coppa Italia. Come un Messi o un CR7 di provincia. Un gol ogni 78 minuti in B, trono ben saldo di capocannoniere. Numeri che stanno facendo volare il Brescia di Eugenio Corini in testa alla classifica. E che magari consacreranno a 28 anni Alfredo Donnarumma anche in serie A.

Per alcuni sembra che venga da un’altra generazione calcistica: capello lungo, sbarbato e sguardo serio, e invece è solo un classe 2000, il primo millienial a essere convocato nella nazionale maggiore.

È Sandro Tonali, centrocampista 18enne del Brescia, fresco di prima chiamata da commissario tecnico Mancini per l’importante partita contro il Portogallo di Nations League in programma domani sera a san Siro.

Sandro Tonali a Coverciano sotto l’attenta guida di Roberto Mancini

Un vero e proprio colpo di scena per questo ragazzo che ben sta figurando in Serie B con la maglia delle rondinelle e che ha già stregato i dirigenti di molte big italiane.

Primo calciatore della nuovo millennio con la maglia della nazionale maggiore, battuto anche il più favorito Moise Kean, attaccante della Juventus: primo italiano classe 2000 a esordire in Serie A e in Champions League.

Si parla tanto bene di lui ed è per questo che il ct Mancini ha voluto prima seguirlo e poi convocarlo. Centrocampista dai piedi buoni, dalla visione di gioco, dal tocco semplice e polmoni da mediano. I paragoni con altri campioni del recente passato, ovviamente, sono già partiti. Lui non ne vuole nemmeno sentir parlare, soprattutto se il nome più chiacchierato è quello di Andrea Pirlo, genio che è partito proprio da Brescia.

Per la maturità dimostrata in campo, il suo ex allenatore Roberto Boscaglia diceva “di aver di fronte un fenomeno con il cervello da 50enne ma col corpo da 18enne”.  

Gli appassionati di calcio e gli addetti ai lavori hanno potuto ammirare la classe di Tonali già nell’Europeo Under 19, dove da playmaker ha trascinato gli azzurri in finale, persa contro il Portogallo; destino ha voluto che la sua prima convocazione “maggiore” sia avvenuta proprio contro i lusitani.
Tuttavia, salvo ulteriori sorprese, il debutto avverrà in amichevole contro gli Stati Uniti a Genk, in Belgio.

Sandro Tonali con la nazionale Under19 durante l’Europeo di categoria

Per Roberto Mancini è un calciatore che ha grande tecnica e qualità e sembra logico che tra il mercato invernale e quello estivo venga fuori una vera e propria asta per chi lo volesse in squadra.

Sa di avere un gioiello il presidente del Brescia, Massimo Cellino, il quale però ha ribadito che non sarà una questione di soldi ma che lo cederà a chi dimostrerà più amore.

Intanto non ci resta che attendere il suo debutto con la maglia azzurra e sperare che sia nata una nuova stella del calcio italiano, che possa offrire qualità al gioco, così come ha fatto un altro campione da Brescia, ma noi non vogliamo fare nomi.

Ben 51 anni fa nasceva, in una cittadina del profondo Veneto a due passi da Vicenza, quello che, a detta di molti, è stato il più cristallino talento che il nostro calcio abbia saputo plasmare nel Dopoguerra, un calciatore che con la sua eleganza di tocco e di movenze sapeva far apparire semplice anche il più complesso esercizio di tecnica, che ha saputo essere decisivo con il proprio club e con la Nazionale, riuscendo a raggiungere nel 1993 il massimo riconoscimento a cui un calciatore possa ambire: il Pallone d’Oro. Nasceva Roberto Baggio.

Le sue gesta sono state capaci di un unire forte un paese, l’Italia, sicuramente più propenso a dividersi nelle opinioni e nei comportamenti, dove si reputa forte chi critica più aspramente, chi si dimostra più sprezzante ed offensivo.Si può facilmente ammettere che Baggio sia stato l’idolo senza maglia.

Con Roberto Baggio tutto questo non era possibile: lui era il calcio, non potevi non amarlo. Al più, potevi sentirti tradito come da una compagna che ti ha lasciato senza apparente motivo ma a cui sei comunque legato, come accadde ai tifosi della Fiorentina quando, nella stagione 90/91, Roby passò alla corte dell’odiata Juventus di Gigi Maifredi per 16 miliardi di lire e il cartellino di un altro dei prospetti più interessanti del calcio di quegli anni, Renato Buso. A Firenze ci furono proteste di piazza contro la Presidenza Pontello e scontri che mai si erano visti per la cessione di un giocatore ma il troppo amore può portare anche a questo, ad andare oltre le righe.

Il suo nome è inscindibilmente legato a due eventi: la vittoria del Pallone d’Oro 1993 e il Mondiale di Usa ’94.

IL PALLONE D’ORO 1993

Il 1993 è un’annata dorata per il fenomeno di Caldogno: Baggio, nonostante la miriade di infortuni già patiti nel corso della sua giovane carriera, riesce infatti ad essere decisivo per la conquista della Coppa Uefa da parte della Juventus con tanto di doppietta nella finale di andata contro il Borussia Dortmund.
Quell’anno non ce n’è per nessuno: Roby vince il Pallone d’Oro davanti a Dennis Bergkamp e Eric Cantona, il Fifa World Player e l’Onze d’Or guadagnandosi un posto indelebile nella storia del calcio.

Ma il suo mito è sicuramente annodato alle sue clamorose prestazioni al mondiale americano dove risollevò dalle proprie ceneri un’intera Nazionale portandola ad un passo dalla più clamorosa delle vittorie Mondiali.

USA ‘94

 I mondiali di calcio, in quel ‘94 sarebbero stati disputati in America. Mossa, riuscita, voluta dalla Fifa per provare ad appassionare al “soccer” un popolo abituato a sport più sedentari come il baseball o il football americano.
La Nazionale di Sacchi arrivava negli States nell’occhio del ciclone della critica e con il morale sotto i tacchi dopo l’indimenticabile sconfitta 2-1 con il Pontedera in un’amichevole di preparazione, che aveva messo sulla graticola l’Arrigo nazionale e tutti i suoi fedelissimi.

E di certo i risultati del primo girone eliminatorio non autorizzavano a pensieri sereni visto che gli Azzurri superarono il turno per il rotto della cuffia come migliore terza grazie ad una sudatissima vittoria con la Norvegia, dopo una sconfitta con l’Eire e prima di un pareggio risicato (1-1 gol di Massaro) con il Messico.
Proprio contro i colossi scandinavi si assisteva al punto più basso della campagna statunitense di Baggio. Gli azzurri iniziano contratti e la Norvegia ci crede. Al 21’ Mussi sbaglia il fuorigioco, Leonhardsen si invola verso la porta e viene steso da Pagliuca: rosso inevitabile. Sacchi, preferendo la corsa di Signori alla creatività di Baggio, lo richiama in panchina.
Fortunatamente in squadra – guarda il caso – c’è un altro Baggio, Dino, che al 69’ trova la giusta incornata e scaccia l’incubo.

Agli ottavi c’è la Nigeria, squadra giovane e dinamica, che ha destato una grande impressione mettendo in mostra alcune perle assolute, come J.J. Okocha, Finidi George e Oliseh. Gli africani partono forte e vanno in vantaggio con Amunike, restiamo in 10 per il protagonismo del pessimo arbitro Brizio Carter e non ci sono scintille di reazione.

La partita sembra finita e sepolta, la Nazionale pronta alla giubilazione, all’esonero cruento Sacchi, alla decapitazione Matarrese. Sembra già tutto deciso, ma nessuno ha fatto i conti con due fattori che hanno poco di terreno: la Regola del 12 e un marziano di nome Roberto Baggio.
Mussi vince un rimpallo e fornisce a Baggio la palla della vita: Pareggio all’ultimo respiro. E’ qui che il “Divin codino” ci fa capire la sua grandezza: riesce a far sbottonare un rigido Sandro Ciotti che, durante la radiocronaca, esclamò un «Santo Dio, era ora!» che mette ancora i brividi.
Nei supplementari, Benarrivo si invola in area e viene steso: Roby insacca dal dischetto e portiamo a casa un’insperata qualificazione ai quarti.

Da quel momento in poi è storia nota: Roby si sblocca e, con prestazioni ai limiti dell’umano con Spagna (gol vittoria) e Bulgaria (doppietta d’autore), ci porta quasi da solo a Pasadena dove purtroppo il finale, al cospetto dell’eterno nemico Brasile, è quello che tutti ricordiamo. Davanti a Taffarel la tensione anestetizza Baresi, Massaro e proprio Baggio e la Coppa del Mondo va a Brasilia.

Ma tant’è: non è certo da un calcio di rigore che si giudica un giocatore. Baggio è stato la delizia degli allenatori che hanno avuto la fortuna di poterlo annoverare tra le fila delle loro squadre grazie al suo talento cristallino e alla sua capacità di determinare nei momenti decisivi. Qui sta la grandezza del calciatore. Certo, come tutti i geni, il suo temperamento era solo apparentemente remissivo, prova ne siano gli screzi avuti con Arrigo Sacchi e, ancor più, con Marcello Lippi, ma la sua professionalità e la sua dedizione alla causa sono sempre rimaste intatte. Qui sta la grandezza dell’uomo.

Roberto Baggio è stato una perla preziosa, una stella del firmamento calcistico.
A questo punto, che si può dire di fronte a un campione di queste dimensioni nel giorno del suo cinquantesimo compleanno? Forse la semplicità è la soluzione migliore: Buon compleanno Divin Codino. E grazie di tutto.

Figlio di una terra complessa, frammentata e ancora oggi solo parzialmente riconosciuta. Përparim Hetemaj calpesta i campi da calcio italiani da diversi anni prima a Brescia e poi con la maglia del Chievo Verona, con cui gioca dal 2011-2012.
Hetemaj è nato a Skënderaj, città del Kosovo, quasi 31 anni fa, ma all’età di sei anni, assieme ai suoi genitori albanesi-kosovari e suo fratello Mehmet, anch’egli giocatore ma un anno più grande, si è rifugiato in Finlandia. Era il 1992. Un percorso che molti kosovari o albanesi hanno fatto durante quegli anni segnati dalle guerre jugoslave.
Troppa insicurezza, troppa paura, così iniziò la diaspora nei paesi scandinavi, in Svizzera, in Italia e in altri paesi europei. L’anno successivo, nel 1993, entrò nelle giovanili dell’HJK di Helsinki, club prestigioso che lo dirottò prima nel Klubi-04, squadra di riserve della stessa società, prima di fare il debutto in prima squadra nel 2005. L’anno prima, invece, Përparim ottenne la cittadinanza finlandese che gli consentì di essere convocato nell’Under-21 del paese scandinavo.

Ha fatto, poi, il suo esordio in Nazionale maggiore il 4 febbraio 2009 nella rotonda vittoria per 5-1 contro il Giappone, ma bisogna aspettare due anni per vederlo convocato con una certa regolarità. Oggi, fa parte regolarmente del team finlandese, ma la terra e gli affetti che l’hanno visto nascere e muovere i suoi primi passi rimangono in un posto segreto del cuore. E nel Gruppo I di Qualificazione ai prossimi Mondiali in Russia, oltre a Turchia, Ucraina, Croazia e Islanda, la Finlandia è stata inserita proprio assieme al Kosovo.
Entrambe ormai lontane dal gruppo, dopo sei giornate hanno un solo punto, in virtù del pareggio 1-1 nel match del 5 settembre 2016.

Per una scelta di cuore e di rispetto, Hetemaj quella volta non c’era. E non ci sarà nemmeno nella prossima sfida di settembre: il selezionatore della Finlandia, Markku Kanerva, ha deciso di esentare Hetemaj come un anno fa aveva fatto Hans Backe, il suo predecessore. Per Përparim, il Kosovo non potrà mai essere una squadra da sfidare. Un’anno fa, infatti, disse:

Scusate, ma contro la mia gente non gioco

Il Kosovo ha visto partire tanti figli, in molti si sono staccati dal cordone ombelicale per non tornare più. Ma Hetemaj porta le sue origini con sè…