Martedì 3 luglio 1979 una data storica per il tennis italiano, il tennista Adriano Panatta fa sognare gli italiani dai campi erbosi di Wimbledon. Tuttavia quando si parla di storia, non sempre finisce con un esito positivo. In effetti il destino è beffardo e Panatta esce sciaguratamente di scena ai quarti contro l’americano Pat Dupré.
L’estate italiana è calda (soprattutto dal punto di vista delle cronaca nera per gli anni di piombo) ma, come spesso accade per i grandi eventi sportivi, gli italiani cercano in tutti i modi di sintonizzarsi con le radio e con le tv per ascoltare le cronache della Rai dal campo centrale di Wimbledon.
Il romano Panatta è lì pronto a giocarsi il tutto per tutto all’interno del magico Grande Slam britannico che tutti i tennisti del mondo sognano di vincere almeno una volta.
C’è chi è un veterano di vittorie, come lo è lo svizzero Roger Federer nel presente o come lo è stato nel passato lo svedese Bjorn Borg, e chi come Panatta in quell’anno sentiva di poter far molto bene, dopo le vittorie negli anni sulla terra rossa di Roma, Madrid e soprattutto Parigi al Roland Garros.
Nel 1979 l’Italia è con il tennista azzurro che sta facendo sognare e appassionare proprio tutti. Lui era testa di serie e pertanto aveva possibilità di allenarsi la settimana prima sui campi dove poi avrebbe giocato.
I favori sono tutti dalla sua, a parte uno scatenato Bjorn Borg che dall’altra parte del tabellone sta abbattendo uno ad uno i suoi avversari per raggiungere subito la finalissima.
Le prime apparizioni scivolano senza intoppi.
Lo spagnolo Jimenez al primo turno, battuto senza patemi tre set a zero.
Al secondo la wild card inglese Smith. Vittoria al quinto set con un netto 6-3.
Terzo turno contro il gigantesco svedese Bengston: tre tie break di fila, tutti per Panatta.
Bengston tanto era alto che serviva dal terzo piano, un ragazzo a posto, leale e intelligente. Ora è un top manager di una grande società.
Negli ottavi è faccia a faccia con il rapido americano Sandy Meyer. Panatta gioca bene e con un 6-3 e due tie break porta a casa una vittoria meritata e quarti di finale in saccoccia.
Sulle ali dell’entusiasmo la racchetta italiana sa di essere in forma e poter realmente concretizzare qualcosa di buono sull’erba inglese.
Giunto ai quarti, Panatta sa benissimo che lo statunitense Pat Dupré è solamente un’altra vittima da sconfiggere per raggiungere la finale contro l’altro favorito del torneo, Borg.
Il match parte alla grande grazie ad un agile 6-3 per il romano. Il secondo set inizia ancora meglio: 4-1.
L’urlo molto romano, da Foro Italico “A-dri-a-no, A-dri-a-no”, echeggia a Wimbledon.
Campo velocissimo, palline Slazenger altrettanto. Colpisco bene, ho un perfetto tempo d’impatto, non vedo come Dupre possa reagire.
Tuttavia, forse la presunzione, la maledizione o qualcos’altro rompe l’incantesimo. Adriano Panatta inizia a perder colpi e ad innervosirsi e quel netto 4-1 diventa uno sciagurato 6-3 per l’americano.
Oramai il tennista azzurro perde quella lucidità dimostrata fino a quella parte di gara del torneo inglese. Al terzo set oramai i due contendenti sono alla pari e l’italiano riesce a passare al tie break.
Il quarto set però disegna la parabola discendente del match per Panatta. 6-4 per Dupré che poi si ripete al quinto e ultimo set per 6-3.
Sconfitta amara, forse amarissima che tuttora brucia all’italiano e agli italiani che tanto credevano che Panatta potesse andare in fondo al Grande Slam inglese.
Il rammarico c’è e non solo per la sconfitta ma soprattutto perché in campo ero molto serio e umile ma per la prima volta pensai di avere già vinto.
Dario Sette