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Negli ultimi 10 anni Tom Brady, con i New England Patriors, ha vinto tre Super Bowl in un campionato che rende quasi impossibile rimanere un contendente al titolo per più di qualche anno. Usain Bolt e Michael Phelps hanno vinto rispettivamente sei e nove medaglie d’oro olimpiche. Messi è stato sei volte campione della Liga, due volte vincitore della Champions League e cinque volte vincitore del Pallone d’Oro.

Nessuno dei quattro, tuttavia, ha avuto un impatto sul loro sport come LeBron James. Almeno secondo giudizio dall’agenzia di stampa internazionale Associated Press che l’ha incoronato come atleta maschile del decennio. Accanto a lui, come atleta femminile degli anni Dieci, c’è Serena Williams che ha vinto 22 Slam dal 2000 a oggi e soprattutto è stata per moltissime stagioni la numero uno incontrastata. Una supremazia eccezionale quella della tennista americana, che in questa speciale classifica ha battuto grandissime campionesse come la nuotatrice Katie Ledecky e le sciatrici Lindsay Vonn e Mikaela Shiffrin.

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LeBron James, che il 30 dicembre 2019 ha compiuto 35 anni e che nella vittoria dei Los Angeles Lakers sui Dallas Mavericks, è diventato il nono giocatore di sempre a raggiungere quota 9.000 assist in NBA, ha aperto il decennio firmando con i Miami Heat. La mossa non solo ha aiutato a inaugurare un’era di superteam, ma ha anche accelerato la frequenza dei movimenti offseason per le top star dell’NBA.

 

A partire dal 2010, LeBron ha raggiunto le finali NBA per otto volte consecutivamente, vincendo tre titoli (e altrettanti MVP delle finali). Il suo più grande successo è probabilmente il titolo 2016, quando ha portato ai Cleveland Cavaliers il loro primo anello, battendo i Golden State Warriors, autori della miglior regular season di sempre con 73 vittorie, sotto 3-1 nella serie (nessuno prima di Cleveland aveva mai rimontato un 3-1 nelle finali NBA).

È un’Italia trionfante quella che si sta mettendo in mostra agli Olympic Special World Games di Abu Dhabi, con tante medaglie già intascate dal folto gruppo azzurro presente.

Siamo agli sgoccioli e si stanno tenendo le ultime gare di quella che è stata una manifestazione unica e bellissima da vivere. Gli atleti italiani stanno ben figurando in tantissime delle discipline in corso.

Uno degli ultimi successi in ordine cronologico è stato Federico Badessi, nuotatore 24enne che ha conquistato la medaglia d’argento nei 100m stile libero.
Un grandissimo traguardo per il giovane romano che ha trovato nello sport un ulteriore mezzo di integrazione e di relazione con gli altri. Papà Stefano ha raccontato che:

In piscina è entrato da piccolissimo, ma si è appassionato anche di altri sport come lo sci e la vela!

Emozionante è stato anche il terzo posto nella gara degli 800m piani di Devis D’Arpino. Da Latina è partito con la voglia di dimostrare che avrebbe potuto farcela e così è stato.

La pioggia di medaglie non si è fermata e c’è stato il trionfo anche nel tennis: con l’oro nel doppio unificato di Elia Sumba Mangar e Stefano Barausse, sulla terra rossa.

Sempre nel nuoto, oltre a Badessi, hanno vinto la medaglia d’argento Alessandro Angelotti negli 800m e Marina Vettoretto nei 100m stile (la prima medaglia azzurra di questa edizione), mentre Marco Basso ha chiuso terzo la gara degli 800m.

Successo anche nel calcio a 5 con il bronzo azzurro nella finalina vinta contro il Portorico 5-1; sorrisi anche sulla pista da bowling, nel doppio, Fabio Borgognoni e Adriano Ottaviani che hanno vinto l’argento così come il team unificato bocce.

Per quanto riguarda l’Italia a squadre, hanno ottenuto il secondo posto anche la pallavolo unificata e il basket tradizionale. Invece la pallacanestro unificata ha ottenuto un altro bronzo.

Qualche giorno fa è stato il turno anche della ginnastica. Gli atleti Giacomo Bacelle e Veronica Paccagnella hanno chiuso a medaglia.

Infine da brividi sono stati i successi in atletica leggera da parte di Nicolò Armani,argento nei 10mila metri, e Michael Bertozzi bronzo negli 800m. Gare da brividi che sottolineano l’amore per lo sport.

Non è una trovata pubblicitaria né una bufala: da qualche giorno si parla in maniera sempre più concreta del microchip per atleti.

Questa bizzarra proposta arriva dall’Associazione mondiale olimpionici (World Olympians Association- WOA), che vuole mettere la parola fine alle problematiche legate al doping fra gli atleti.

È lo stesso Mike Miller, direttore generale, che spiega il perché di questa idea di impiantare dei microchip a chi deve gareggiare, con queste parole:

Mettiamo dei chip ai nostri cani e non sono certo nocivi. Allora perché non metterli anche agli uomini? Dobbiamo combattere chi vuole imbrogliare e un modo per eliminare il doping dallo sport è sicuramente quello di utilizzare dei microchip muniti delle tecnologie più avanzate sui nostri atleti

Ma l’iniziativa non ha riscosso molto successo, soprattutto tra i diretti interessati che si sentono in questo modo deprivati della loro privacy.

Il fenomeno del doping nel mondo dello sport è considerato una vera piaga che getta ombre sulla trasparenza di una gara e stravolge in modo ingiusto le sorti di competizioni di grande importanza. Secondo l’Associazione mondiale olimpionici tutti dovrebbero appoggiare questa proposta, perché è un modo per assicurare la correttezza di tutti gli atleti e i risultati e i riconoscimenti ottenuti.

Ecco come replica Miller alle accuse di violare la privacy:

Dobbiamo affrontare i truffatori. Nel tentativo di sradicare il fenomeno doping dovremmo usare microchip dotati delle ultime e più avanzate tecnologie. Alcuni ritengono sia una violazione della privacy, io dico che è un club e coloro che non vogliono essere soggetti alle regole del club non possono farne parte

Attraverso il microchip sottopelle sarebbe possibile scoprire tutte le truffe in atto o passate degli atleti che fanno i furbi e l’obiettivo è non soltanto quello di smascherare gli scorretti ma anche monitorare tutta la categoria.

Gli ex partecipanti ai giochi olimpici che rappresentano i membri di questa associazione ne sono convinti: il doping va fermato con ogni mezzo, anche se si tratta di utilizzare mezzi tanto radicali e per alcuni anche estremi.

Non solo gli atleti, però, hanno reagito male di fronte questa eventualità del microchip. Nemmeno l’amministratore delegato dell’anti-doping britannico, Nicole Sapstead, approva l’idea perché lo ritiene un metodo troppo invasivo.

Ecco la sua replica:

Accogliamo con favore gli sviluppi verificati nella tecnologia che potrebbero aiutare la lotta contro il doping. Tuttavia, non potremmo mai essere sicuri che questo tipo di metodologie non possano essere manomesse. Esiste un equilibrio tra il diritto alla privacy e la dimostrazione che sei pulito. Noi incoraggiamo attivamente ricerche più precise e meno invasive che possano aiutare le organizzazioni anti-doping nei loro sforzi

Si preannuncia una questione scottante che sicuramente non sarà risolta in breve tempo: troppe opinioni discordanti e troppi interessi in gioco ruotano attorno alla lotta contro il doping. Nel frattempo che si decidono le sorti degli atleti, si continuerà con i classici controlli ai quali sono da sempre sottoposti gli sportivi prima e dopo ogni competizione.