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“Aaron Ramsey proud of Wales” campeggiava sugli spalti dell’Emirates Stadium. Orgoglio del Galles, ma anche e soprattutto orgoglio dell’Arsenal, il centrocampista che, dopo 369 presenze e 64 gol, 11 stagioni e 5 trofei con la maglia dei Gunners, dall’anno prossimo vestirà quella della Juventus. L’Arsenal e il suo pubblico l’hanno voluto salutare da leggenda, nel suo stadio per l’ultima casalinga, dopo il pareggio contro il Brighton per 1-1 di domenica 5 maggio: una targa speciale, applausi all’unisono e il saluto di tutto lo stadio. Con qualche lacrima.

 

Ramsey si è commosso, non è riuscito a trattenersi, tant’è che Peter Cech l’ha consolato con un abbraccio. Lui che a fine stagione si ritirerà. Dopo aver ricevuto la targa speciale, Ramsey ha effettuato un giro di campo con la famiglia, e l’Arsenal gli ha dedicato un tweet sul proprio profilo:

Per le 369 presenze, i 64 gol, i 62 assist, per tutte le vittorie a Wembley, per essere tornato da quell’infortunio per raggiungere i traguardi conquistati con noi, per tutto quello che hai dato a questo club, vogliamo dirti solo grazie

  Il centrocampista gallese, tra l’altro, ha già anticipatamente archiviato questa stagione – causa infortunio al ginocchio rimediato contro il Napoli – e non può aiutare i compagni in questo finale di Europa League. Potrebbe vincere proprio il suo primo trofeo europeo,  poi sarà Juventus e l’ambiziosa sfida di vincere la Champions League. Su Instagram, qualche giorno prima, lo stesso Ramsey aveva scritto una lunga lettera d’addio ai suoi tifosi:

Mi spiace dire che l’ultima partita contro il Napoli è stata l’ultima anche in maglia Arsenal. Sfortunatamente mi ha lasciato con un infortunio che mi tiene fuori per le restanti partite. Sono davvero deluso di non poter giocare fino alla fine e di non poter dare tutto per il club finché sono ancora qui, finché sono un giocatore dell’Arsenal. Non dipende da me, ma volevo ringraziare i tifosi per il supporto. E’ stato un viaggio, dentro e fuori dal campo, ed è successo così tanto in 11 anni. Ero un giovane ragazzo all’arrivo, me ne vado da uomo, marito, padre di tre bambini e pieno di orgoglio e grandi ricordi che porterò con me, di cui farò tesoro. Sarà emozionante questo weekend – la mia ultima gara in casa. Non vedo l’ora di vedervi lì e di ringraziarvi ancora tutti dal profondo del cuore per tutto

 

 

 

 

 

 

 

 

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It saddens me to say that the game against Napoli was my last game in an Arsenal shirt. Unfortunately it left me with an injury that rules me out of the remaining games. I am really disappointed not to play until the end and give everything for the club while I am still an Arsenal player. Unfortunately it’s out of my hands but I wanted to say thank you to the fans for your support. It has been a journey, on and off the field, and so much has happened in 11 years. I was a spotty young kid coming in and I’m leaving a man, married, father of three boys and full of pride and good memories that I will treasure. It will be emotional this weekend – my last game at home. I Look forward to seeing you there and thank you all again from the bottom of my heart for everything #arsenal #lastgame

 

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Ha calpestato il prato dello stadio che l’ha visto debuttare tra i grandi e, all’HDI-Arena di Hannover, ha salutato i suoi fan, i suoi amici e il calcio giocato. Per Mertesacker, sabato 13 ottobre, ha giocato la sua ultima partita, nella sua città di Hannover e ha anche segnato un gol.

Il difensore centrale tedesco, 34 anni, e campione del mondo con la Germania nel 2014, a marzo aveva annunciato il suo ritiro confessando di non farcela più, così davanti a 40mila spettatori ha organizzato la sua partita d’addio, mentre dagli spalti si cantava “Hy Per, hy Per” sulle note della musica techno di Hp Baxxter.

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Da un lato i suoi “amici” dell’Hannover 96, gli “Mertes 96-Freunde”, dall’altro i “Pers Weltauswahl”, una selezione internazionale fatta da Mertesacker stesso e allenata da Arsene Wenger.  Toni Kross, Jens Lehmann, Christoph Metzelder e Marcell Jansen, ma anche Jörg Sievers, Steven Cherundolo e Christian Schulz, per citarne alcuni. Ah, e l’immortale Claudio Pizarro che ha segnato l’ultima rete dell’incontro.

Ovviamente sono piovuti i gol, ben 19 nel 10-9 finale (5-5 era il parziale) con l’ex di Werder e Arsenal che ha giocato il primo tempo con i suoi compagni ex-Hannover e l’altra metà di gioca con la casacca bianca, trovando anche la rete al 46’. Ci si aspettava il gol di testa, suo marchio di fabbrica vista la stazza e i suoi 198 centimetri, invece è arrivata una rete “delicata” con un pallonetto a scavalcare il portiere Robert Zieler.

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Il gigante buono da 104 presenze in Nazionale si è sciolto nel momento più emozionante dell’intera giornata: al minuto 89 Per ha lasciato il campo sostituito da suo padre Stefan, 67 anni, e suo primo allenatore con l’Hannover 96. Pianti e ovazioni, ovviamente.

I gol e il saluto emozionante con il padre

Cresciuto nelle giovanili del TSV Pattensen, Per Mertesacker è passato all’Hannover 96 dove, nel 2003, ha fatto il suo debutto da professionista. Con la squadra della Bassa Sassonia ha giocato tre stagioni prima di passare al Werder Brema con cui ha vinto una DFB-Pokal e la Supercoppa di Germania. Nel 2011 passa all’Arsenal dove riesce a piazzare tre FA Cup e tre Community Shield, chiudendo la sua carriera con 534 presenze e 35 gol.

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Alberto Contador lascerà l’attività agonistica dopo la prossima Vuelta a Espana. Il 34enne campione madrileno, vincitore in carriera di sette Grandi Giri, ha annunciato oggi, in un video, la sua intenzioni di appendere la bicicletta al chiodo al termine dell’edizione 2017 della Vuelta, corsa che prenderà il via il 19 agosto da Nimes e in cui il ‘pistolero’ del team Trek-Segafredo ha già trionfato tre volte in quattro apparizioni.

“Ciao a tutti. Faccio questo video per informarvi di due cose – è il messaggio di Contador ai suoi tifosi – La prima è che parteciperò, dal 19 agosto, al prossimo Giro di Spagna. La seconda è che sarà la mia ultima gara come ciclista professionista. Lo dico con gioia, senza alcuna tristezza. E’ una decisione che ho maturato con attenzione e non credo ci possa essere una gara di addio migliore”.

L’annuncio di Contador può definirsi una mezza sorpresa, visto che in passato aveva già annunciato, nel 2015, il ritiro alla fine del 2016, un proposito su cui tornò nel giro di pochi mesi e, durante il Delfinato del 2016, assicurò di voler salutare il gruppo nel 2018 anche per il suo rapporto non facile in seno alla Tinkoff.

Con la Trek-Segafredo, da inizio anno, Contador ha avuto segnali incoraggianti nei primi mesi con i secondi posti alla Parigi-Nizza, al Giro di Catalogna e al Giro dei Paesi Baschi, prima di ottenere risultati al di sotto delle aspettative, come la nona piazza al Tour de France. Da qui, la decisione di salutare tifosi e appassionati il 10 settembre a Madrid, data di approdo di una Vuelta che correrà per vincere ancora.

«Mi mancherai», poi la firma. Totti, 10. L’ultimo dieci di un’era calcistica al tramonto. L’ha scritto con un pennarello blu su un pallone da calciare in curva Sud. Un pallone dalle sfumature arancioni e viola, ipermoderno, stiloso, impensabile se immaginiamo il pallone di cuoio tutto bianco scaraventato in rete di sinistro, contro il Foggia, il 4 settembre 1994. Allo stadio Olimpico, fu il primo gol di Francesco Totti con la Roma.
Aveva esordito l’anno prima, nel 1993, e domenica 28 maggio ha concluso la vita sul rettangolo verde. Dopo un quarto di secolo con un’unica maglia.

Toccanti, profondi ed eterni sono stati gli istanti che hanno preceduto il lancio di Totti, sotto la sua curva, della palla da lui firmata: la guardava con occhi lucidi e teneri, l’ultimo tiro nel suo stadio, rivolto a chi tanto l’ha amato, incondizionatamente.
Sono passati allenatori, presidenti, tanti calciatori e tanta fantasia, la Roma ha traversato stagioni negative, altre pessime, altre trionfanti. Tante variabili e una sola certezza: «Entra Totti e ci cambia la partita, ci fa tornare il sorriso».

Quel pallone Totti l’ha calciato senza guardare, stracolmo di sentimenti.
Tra mille anime che all’unisono hanno alzato le braccia la cielo per ricevere il dono, Thomas Lintozzi è stato il più fortunato. E da oggi anche il più invidiato. L’ha afferrato, tenuto stretto con la forza, mentre attorno si creava la tipica ressa. Lui, tifoso giallorosso di curva di 26 anni, ha il compito di conversare quello che diventerà un cimelio storico a tutti gli effetti:

Non lo lascio neanche per dormi’ e non me ne separerò mai, neanche per tutte le offerte che mi stanno arrivando

E’ il commento riportato dalla Gazzetta dello Sport. E’ tra le sue braccia, lo coccola, non se ne separa come Linus con la sua copertina. Arrivano offerte, si sparano prezzi assurdi, ma niente, lui non ci pensa minimamente:

Per me è sacro. Sono un ragazzo di curva, innamorato della Roma e quindi di Totti, sono passato dalle lacrime del giro di campo alla gioia di stringere forte questo pallone. L’ho amato da quando andavo all’asilo, per me il calcio è stato lui, lo ringrazierò tutta la vita per quello che ha dato alla gente e, soprattutto, in questo caso a me

Anche questa è eterna fedeltà come quella dimostrata per oltre 25 anni dal capitano Totti. La stessa che il popolo romanista riserverà nei secoli dei secoli all’ultima bandiera del calcio.

Social network e media spagnoli hanno accusato Gerard Piqué, difensore del Barcellona e della Nazionale iberica, di aver volontariamente rimosso, dai bordi delle maniche, il rosso e il giallo, unici simboli che richiamano la bandiera sulla camiseta da trasferta completamente bianca. La vittoria fuori casa della Spagna di Lopetegui per 2-0 sull’Albania, valevole per la qualificazione ai Mondiali in Russia nel 2018, è passata in secondo piano perché i riflettori erano tutti puntati sulla maglietta di Piqué.

In molti, riconoscendo il forte trasporto politico del difensore blaugrana, sostenitore dell’indipendenza della Catalogna, hanno visto questo gesto come chiara offesa e presa di posizione rispetto alla bandiera spagnola. Sospetti in gran parte ingiustificati, ma che ben fanno capire quando Piqué sia sempre nell’occhio del ciclone quando scende in campo con le Furie Rosse.

Il difensore ex Manchester United ha indossato la maglia numero 3 a maniche corte con sotto una maglia termica, più aderente, a maniche lunghe. Nulla di strano, si è visto già in altri stadi e in altre partite, eppure gli occhi attenti della rete hanno notato un’anomalia rispetto al modello Adidas a maniche corte che prevede il richiamo ai colori spagnoli ai bordi. Giù il putiferio prontamente smorzato dalla Federazione calcistica spagnola e dal calciatore che in un’intervista nel post-gara ha esibito la maglia: Piqué, che è solito giocare con le maniche lunghe, sentendosi accaldato e “imballato” nei movimenti ha deciso di prendere un paio di forbici e tagliare le maniche senza cambiare direttamente divisa.

L’ennesimo episodio controverso che ha fatto definitivamente sbottare Piqué: al termine del match, infatti, ha dichiarato di dire addio dalla Nazionale dopo il Mondiale 2018. Una scelta che avrebbe dell’incredibile considerando la sua età (nel 2018 avrebbe 31 anni e ancora nel pieno della carriera). Piqué ha anche detto che non si ritirerà nei prossimi giorni solo per rispetto all’allenatore Lopetegui e al suo nuovo ciclo in Nazionale.
Quello tra il difensore, la Roja e i tifosi è un rapporto in pieno conflitto: alcuni lo vedono sempre con lo sguardo rivolto verso il basso durante la Marcha Real, l’inno ufficiale della Spagna, come atteggiamento in aperta contestazione, altri ricordano un presunto dito medio, fatto sempre durante l’inno, nella partita tra Croazia e Spagna durante l’ultimo Europeo, mentre ciclicamente torna d’attualità la partecipazione di Piqué alla Diada nel 2014, una festa molto sentita in Catalogna e che ricorda la caduta di Barcellona nelle mani di Madrid nel 1714, ovvero la fine dell’indipendenza e l’inizio del dominio della Castiglia.