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2006

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Mercoledì 15 aprile 1998, il Corriere della Sera intitola:

All’Olimpico i biancocelesti, con una partita meno brillante del solito, passano grazie all’1-0 dell’andata a Madrid. La Lazio soffre ma centra l’euroderby di Parigi. Respinti gli assalti dell’Atletico di Vieri: il 6 maggio la finale tutta italiana contro l’Inter. L’ex bianconero annullato da un Nesta implacabile. Serata negativa per Boksic e per l’estro di Mancini

La sera prima, la Lazio si gioca la semifinale di Coppa Uefa contro l’Atletico Madrid e, nonostante lo 0-0, raggiunge la storica finale grazie alla vittoria pesantissima in trasferta. Elogio negli elogi, la prestazione di Alessandro Nesta, 22 anni da poco compiuti, che giganteggia nelle retrovie e annulla l’insidia Vieri. Nesta-gladiatore, Nesta-implacabile, «Loro hanno Ronaldo, noi abbiamo Nesta», si lascia andare il laziale Diego Fuser pronosticando il duello nella finale contro l’Inter che poi vedrà i neroazzurri smontare 3-0 i biancocelesti.

Due giorni dopo, il 16 aprile, la Repubblica dedica un pezzo intero al ragazzotto romano: “Classe Nesta: la mia forza è l’indifferenza”. E poi l’attacco:

Cosa fa un giovane campione, reduce da una notte trionfale, lanciato a vele spiegate verso il Mondiale, chiamato “immenso” dal suo datore di lavoro Cragnotti e “fuoriclasse ventiduenne” dal suo allenatore Eriksson? Monta sulla sua Golf cabrio nel giorno di riposo e va dalla mamma, in campagna, nella casa che lui stesso ha comprato con i soldi guadagnati come calciatore. Località Collevecchio, provincia di Rieti, rifugio dei Nesta da quando Alessandro ha cominciato a percorrere la sua strada. Quella del predestinato…

Lanciato a vele spiegate verso il Mondiale. Quello di Francia 1998. Già.

Lunedì 8 gennaio 2007. Il giorno in cui, come lo stesso numero 13 ha avuto modo di dire, Nesta si è convinto di aver vinto il Mondiale berlinese.

…Fino a quel momento nella mia testa ne era mancato un pezzettino. E’ squillato il cellulare, ero a Miami, a curarmi la spalla dopo l’ennesimo infortunio della mia carriera. Ancelotti mi aveva concesso il permesso di andare dall’altra parte del mondo e il Milan anche. Non ero proprio carico, anzi, non andava bene niente a livello fisico. Mi sentivo un condannato al dolore, sia in Nazionale che nel club: se guarivo, poco dopo mi rifacevo male. Stancamente, in maniera quasi scocciata, ho risposto:

“Pronto…”

“Ale, sono Lippi”

“Mister, che piacere”

“Il piacere è tutto mio. Ascolta qui, senti cosa sta succedendo”

In sottofondo udivo una voce calda, importante. Era il presidente della Repubblica Napolitano. Al Quirinale stava rendendo omaggio ai Campioni del Mondo.

“Ale, siamo a Roma, ci stanno premiando per il Mondiale vinto. Sei uno di noi. Hai capito? Sei uno di noi, uno dei ventitre, non te lo dimenticare mai”

Nesta e i tre Mondiali sono questo. E questa è l’icona più fedele della sua elegante, mortale e cristallina carriera da difensore. Come le sue scivolate. Pacchetto “all-inclusive”: il migliore difensore al mondo con il rischio di lasciarti sul più bello. Tre volte convocato alla Coppa del mondo da titolare, tre volte infortunato. 

In Francia, terza partita del Gruppo B di qualificazione: Italia – Austria 2-1. Nesta gioca solo tre minuti: duro scontro, lesione del legamento crociato anteriore, sei mesi di stop e addio sogni. Al suo posto entra Bergomi. Un dejà vu quattro anni dopo, anzi, forse anche peggio: ancora Gruppo di qualificazione, è quello G, ma è la seconda partita: Italia – Croazia 1-2. Nesta esce zoppicante dopo 24 minuti, il giorno dopo è un tam-tam di speranze tra infiltrazioni, riposo e preghiere. Riesce a essere in campo nell’ultima partita del girone pareggiata 1-1 contro il Messico, ma guarderà dalla panchina la mattanza beffarda coreana con il golden gol di Ahn. 

E arriva il 2006. Quello della maturità piena di Nesta e Cannavaro come centrali difensivi dopo che Maldini ha abdicato dal trono di leader della Nazionale. Con Buffon, un reparto inespugnabile come effettivamente sarà. Ma per Alessandro il nemico peggiore è quello muscolare. Terza partita del Gruppo E, contro la Repubblica Ceca. Diciassette minuti e il ct. Lippi e il dottor Castellacci si guardano, quasi affranti, mentre Nesta fa cenno che qualcosa non va. Distrazione al muscolo ileo-pettineo, entra Materazzi ed è il momento sliding-doors di quel Mondiale italiano. Marco segna dopo nove minuti, l’Italia vince 2-0 e vincerà il quarto Mondiale.

L’ex difensore di Lazio, Milan, Montreal Impact e Chennaiyin FC, a caldo, dice di non sentire sua questa medaglia. Non c’ha creduto fino a lunedì 8 gennaio 2007. Quel ragazzotto scoperto da uno scout della Roma, ma passato alla Lazio perché il babbo era laziale, che ha fatto il suo esordio in Nazionale prima squadra a 20 anni con Arrigo Sacchi e che ha detto definitivamente “ciao” all’azzurro l’11 ottobre 2006 nel match contro la Georgia,  quel ragazzo che si aggiustava continuamente la sua luccicante acconciatura a ogni colpo di testa, che sì, nonostante gli infortuni, ha vinto tutto. Che ha sollevato timidamente la Coppa assieme ai suoi compagni quasi in difetto e in dovere nei loro confronti. E ha messo tutti d’accordo: Alessandro Nesta, la tempesta perfetta.

Lunedì 7 ottobre allo Sportpark Ronhof di Fürth, in Baviera, si è giocata una partita benefica tra le vecchie glorie del calcio italiano e tedesco. DFB-Allstars contro Azzurri Legends ha visto complessivamente scendere in campo ben 17 campioni del mondo, 13 solo da parte dell’Italia: è finita 3-3 con i gol di Toni, Totti e Damiano Tommasi per l’Italia e le autoreti di Cannavaro e Panucci, più un gol di Philipp Wollscheid allo scadere per la Germania.
Guidati in panchina da due icone come Antonio Cabrini e Berti Vogts, Italia-Germania è una classica del calcio mondiale: 14 finali disputate, 8 titoli mondiali e 4 europei, un vero e proprio gran galà del calcio, nonché una rivalità unica che si rinnova, in un progetto di solidarietà, ma dal sapore amarcord. I precedenti sorridono agli Azzurri con 16 vittorie contro le 9 della Germania e 14 pareggi.

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ITALIA – Portieri: Marco Amelia, Angelo Peruzzi; Difensori: Federico Balzaretti, Fabio Cannavaro, Fabio Grosso, Christian Panucci, Moreno Torricelli, Pietro Vierchowod, Cristian Zaccardo, Gianluca Zambrotta; Centrocampisti: Massimo Ambrosini, Bruno Conti, Luigi Di Biagio, Angelo Di Livio, Stefano Fiore, Gennaro Gattuso, Giuliano Giannichedda, Simone Perrotta, Andrea Pirlo, Damiano Tommasi; Attaccanti: Fabrizio Ravanelli, Salvatore Schillaci, Luca Toni, Francesco Totti.

GERMANIA – Portieri: Perry Bräutigam, Roman Weidenfeller; Difensori: Thomas Berthold, Guido Buchwald, Thomas Helmer, Marko Rehmer, Philipp Wollscheid; Centrocampisti: Torsten Frings, Jens Nowotny, David Odonkor, Piotr Trochowski; Attaccanti: Gerald Asamoah, Maurizio Gaudino, Ulf Kirsten, Jürgen Klinsmann, Oliver Neuville, Alexander Zickler.

 

Nove luglio 2006. In molti ricorderanno dove hanno trascorso quella serata, quando la nazionale di Marcello Lippi batteva la Francia in finale a Berlino e conquistava la quarta Coppa del Mondo della storia. Dopo un’ora e mezza di sofferenza, la lotteria dei rigori per gli Azzurri arrivati in Germania in pieno scandalo Calciopoli, tra le polemiche più feroci.

Nella finalissima, giocata all’Olympiastadion, la Francia passa in vantaggio con il solito Zidane già al 7′ su calcio di rigore, dopo un contatto in area tra Materazzi e Malouda. Zidane calcia il rigore a “cucchiaio”, la palla colpisce prima la traversa e poi rimbalza dentro la linea di porta. L’Italia reagisce pareggiando con Materazzi al 19′ sugli sviluppi di un calcio d’angolo (il secondo gol su calcio d’angolo per lui). Dopo un primo tempo in cui l’Italia gioca meglio (con un colpo di testa di Materazzi salvato sulla linea e un colpo di testa di Toni che finisce sulla traversa), nel secondo tempo gli azzurri soffrono chiudendosi in difesa e lasciando spazio alle giocate transalpine, che però non riescono a produrre importanti azioni da gol, grazie a una difesa italiana ben schierata.

Anche durante i supplementari i francesi continuano ad attaccare creando due grandi pericoli: un tiro di Frank Ribery, di poco fuori, e un colpo di testa di Zidane, sventato grazie a una grande parata di Gianluigi Buffon, eletto miglior portiere del torneo. Al 111’ però Zidane viene espulso dall’arbitro, su segnalazione del quarto uomo, per aver colpito intenzionalmente Materazzi con una testata, che susciterà enormi polemiche. Al termine dei 120 minuti il risultato è ancora fermo sull’1-1 e, per la seconda volta nella storia, la Coppa del Mondo viene decisa ai tiri di rigore, dopo i Mondiali 1994, in cui l’Italia aveva perso contro il Brasile per 3-2.

Dopo 4 rigori a testa l’Italia è a punteggio pieno mentre la Francia è ferma a 3 (Trezeguet ha sbagliato il 2° tiro colpendo la traversa, mentre hanno segnato Pirlo, Materazzi, De Rossi e Del Piero per l’Italia, e Wiltord, Abidal e Sagnol per la Francia). Fabio Grosso, che aveva già deciso le sfide con l’Australia e con la Germania, segna il rigore del definitivo 5-3 e permette all’Italia di vincere il 18° Campionato mondiale di calcio, il quarto della storia azzurra dopo i successi del 1934, 1938 e 1982.

E se è vero che ci ricordiamo con chi eravamo, nella nostra memoria sono impresse anche le frasi celebri di quei Mondiali tedeschi: dai “po-po-po” al “il cielo è azzurro sopra Berlino”. E per questo rivivere le lotterie dei calci di rigore con la radiocronaca di Riccardo Cucchi è un infinito brivido che corre lungo la schiena.

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A luglio scorso aveva cercato lavoro come tanta gente comune che usa il social network LinkedIn, e alla fine c’è riuscito.

Il difensore campione del mondo Cristian Zaccardo, dopo aver cercato occupazione tramite web, ha trovato squadra e giocherà a Malta nella società dell’Hamrun Spartans militante nel massimo campionato maltese.

Per Zaccardo una nuova avventura estera dopo la parentesi al Wolfsburg in Bundesliga tra il 2008 e il 2009. All’epoca la vittoria del campionato del mondo e delle grandi stagioni nel Palermo, ne facilitarono il salto di qualità in quella che sarà la squadra vincitrice del Meisterschale 2009.

Stavolta il curriculum vitae ha fatto il suo dovere come milioni di altri utenti di LinkedIn. Rimasto svincolato dopo la parentesi nel Vicenza in Serie B con addosso la maglia numero 9, il terzino destro ha prontamente preso la decisione di trasferirsi a Malta.

Potrei giocare ancora due anni a livelli alti. Chi mi prende farà un affare. Sono serio, professionale e forte!

Era tra le note presenti nell’annuncio di Zaccardo sul suo profilo e, tuttavia, molta gente nei mesi scorsi ha preso a cuore questo gesto comune.

A 35 anni il difensore non voleva smettere e c’è chi ha creduto in lui e gli ha offerto un contratto. L’Hamrun attualmente è al sesto posto e il campione del mondo si è posto l’obiettivo di cercare di far arrivare la sua squadra tra i primi tre posti che significherebbero i preliminari per l’Europa.

È la prima volta che un campione del mondo va a giocare a Malta.

Durante il calciomercato ha ascoltato varie proposte, da Cipro, dall’Olanda, qualcuna anche dalla Serie C italiana (su tutte il Catanzaro). Discussioni anche con dei club di A e di B, ma niente di concreto. Sostanza che, invece, ha trovato nei dirigenti maltesi.

Mi hanno fatto sentire importante. Hanno un progetto, anche di business e marketing.

Indosserà la maglia numero 81, il suo anno di nascita, stesso numero che ha indossato nella parentesi rossonera a Milano, città dove ha lasciato moglie e figli e che vedrà per due giorni a settimana.

Dario Sette

Il mondo si divide in due categorie: quelli che attraverso LinkedIn sono riusciti ad ottenere colloqui di lavoro e assunzioni e quelli che, al contrario, non se li rifila nessuno se non qualche timido tentativo di spam e pubblicità. LinkedIn, nato nel 2003, è esploso negli ultimi anni come servizio web, simil social network, con l’idea di sviluppare contatti professionali.
Ora, ad aprile 2017, ha toccato quota 500 milioni di utenti e si dimostra sempre più in espansione.

Tra i tanti utenti alla ricerca di un datore di lavoro ce n’è uno dal curriculum da far invidia. Per dire, ecco alcuni titoli: vincitore della Bundesliga nel 2009, vincitore dell’Europeo U-21 nel 2004 e, udite udite, campione del Mondo nel 2006 con la Nazionale italiana. Ebbene sì, Cristian Zaccardo sta cercando una nuova avventura proprio sul famoso portale online.

Il difensore classe 1981, con 381 presenze in Serie A, è attualmente svincolato dopo l’esperienza con il Vicenza, in Serie B, nella stagione 2016-2017. E’ lo stesso giocatore a spiegare, sul suo profilo la decisione:

Ho rescisso il contratto che mi legava al Vicenza fino a giugno 2018. Attualmente sono un calciatore svincolato, sto ancora bene fisicamente, potrei giocare ancora due anni a livelli alti. Chi mi prenderà, secondo me, fa un affare…Calciatore serio professionale e forte!

Zaccardo era tra i 23 convocati da Marcello Lippi nell’indimenticabile spedizione del 2006 in Germania. Per lui tre presenze e l’autorete con cui gli Stati Uniti riuscirono a pareggiare 1-1 nel girone. In Serie A ha vestito le maglie di Bologna, Palermo, Parma e Milan.
Che dire? Buona fortuna a Cristian! In questo mondo lavorativo, pieno di squali e sciacalli, in cui si richiede esperienza, forse lui ha una possibilità in più degli altri. Senz’altro ironia e spirito d’intraprendenza non gli mancano.

 

Ce lo ricordiamo per il suo inserimento pungente con cui si è incuneato nella difesa dell’Italia prima di essere steso da Materazzi, in area di rigore. Quel rigore trasformato da Zidane nella finale del Mondiale 2006 a Berlino. Florent Malouda, puro esterno sinistro, alcune volte impiegato come terzino per la sua capacità di essere duttile e soprattutto rapido ed efficace.
Quel 9 luglio all’Olympiastadion, Florent è uscito dal campo con una medaglia d’argento al collo, ma nella sua carriera ha vinto davvero tanto: con l’Olympique Lione ha conquistato quattro campionati consecutivi, poi, passato al Chelsea, si è confermato pedina indispensabile riuscendo ad alzare al cielo una Champions League e un’Europa League.
Dopo l’esperienza inglese, Malouda ha iniziato un giro strambo tra Trabzonspor, Metz, Wadi Degla in Egitto, e Delhi Dynamos in India.

Per il 37enne francese nato a Caienna, però, le avventure non sono ancora finite. Sì perché 11 anni dopo l’avventura con Francia nel Mondiale giocato in Germania, Malouda ritorna a giocare in Nazionale, ma non indossando la casacca bleu!

Qualche mese fa, infatti, Malouda ha disputato la Coppa dei Caraibi con la maglia della Guyana francese, sua terra d’origine essendo nato, come detto, nel capoluogo Caienna. Ma un momento: non è vietato giocare con due Nazionali differenti? In realtà il paese sudamericano che costituisce una regione della Francia, non è affiliato alla Fifa e, secondo gli standard giuridici, il centrocampista aveva le carte in regola per vestire la maglia della Guyana e così ha fatto aiutando la squadra a ottenere il bronzo nella manifestazione.

Ma la Guyana francese si è qualificata anche per la Gold Cup, una competizione del Nord America e del Centro America, organizzata dalla Concacaf, ogni due anni. E qui le regole sono le stesse della Fifa: niente cambio di Nazionale, dunque.
Ma nonostante questo divieto Malouda è stato confermato, con tanto di fascia di capitano, nella formazione inserita nel gruppo A assieme a Canada, Costa Rica e Honduras. E proprio contro l’Honduras, l’ex francese che ha 80 presenze e nove reti con Les Bleus, è sceso in campo dando una mano per strappare un pareggio storico.
Ovviamente è già partito l’esposto con cui l’Honduras chiede una vittoria a tavolino per 3-0.

Il caso “spinoso” apre scenari interessanti: la Francia, come residui del suo impero coloniale, dispone di dipartimenti e di regioni d’oltremare. Quest’ultime sono collettività territoriali integrate nella Repubblica Francese allo stesso titolo dei dipartimenti o delle regioni della Francia metropolitana, facendo quindi parte integrante dell’Unione europea.
Ciascuno di questi dipartimenti costituisce una regione mono-dipartimentale, che è stata denominata Regione d’oltremare in seguito alla revisione costituzionale del 2003 e sono cinque: Guadalupa, Martinica, Riunione, Mayotte e, appunto, Guyana francese.

Evidentemente Malouda, che tanto ha girato nella sua carriera tra Francia, Inghilterra, Egitto, Turchia e India, forse, a questo giro, ha perso la bussola.

 

Pane per i denti dei collezionisti italiani negli ultimi giorni. Dopo la storia del rarissimo album Panini dei Mondiali del 1970 in Messico, completo di tutte le figurine e con due autografi di Pelé, dalla Germania arriva una fotografia che ha scomposto numerosi tifosi e appassionati di calcio in Italia. Un cimelio, un “must have” dimenticato.

Vi ricordate il podio sul quale Fabio Cannavaro, durante la notte del nove luglio 2006, ha alzato nel cielo di Berlino la Coppa del Mondo? Sì proprio quel podio dove gli azzurri di Marcello Lippi hanno esultato dopo aver battuto la Francia nella finale dell’Olympiastadion.
E’ un simbolo, di certo non da conservare in casa in una vetrinetta, ma quanto meno ci sarebbe piaciuto vederlo a Coverciano o in qualche sede ufficiale della Figc. Invece è ancora in Germania e questo non sarebbe un problema: è all’Olympiastadion, anzi, per meglio dire, è abbandonato come un rifiuto nel parco che circonda lo stadio.

Ci sentiamo un po’ tutti come quando Checco Zalone, nel film “Cado dalla nubi”, scopre che il padre della ragazza che le piace ha buttato tutte le orecchiette nella spazzatura. «Madre, perdonili (verbo volutamente sbagliato) perché loro non sanno quello che fanno». Espn.com, il network che ha denunciato l’episodio, ha contattato Martin Pallegen, portavoce dell’assessorato allo sport del Comune, il quale ha risposto: «Non posso dirvi da quanto tempo sia lì».

Senza giri di parole, invece, Lutz Imhof, event manager dell’Olympiapark, spiega:

E’ un avanzo. Una casa d’aste con sede ad Amburgo, che agisce per conto della Fifa, non è riuscita a venderlo: un paio di italiani si sono interessati, ma nessuno l’ha mai comprato. Adesso, chi lo vuole, lo può prendere

Sebbene stia cadendo a pezzi, il podio, nonostante il deterioramento causato da 11 anni di abbandono, fa ancora gola. Rievoca suggestivi ricordi e c’è chi sembra essere davvero intenzionato a riprenderselo. Uno che proprio in quella finale ha segnato, si è trovato al centro di un episodio controverso che ha segnato il calcio moderno e che ha messo un cappellino, durante la festa, sulla Coppa del Mondo realizzata dallo scultore italiano Gazzaniga.
In quel Mondiale c’è tanto di Marco Materazzi, dal gol contro la Repubblica Ceca a quello nella finale contro la Francia, dall’espulsione contro l’Australia alla testata ricevuta da Zidane. Fino al rigore segnato nella lotteria finale. Così, attraverso la Gazzetta dello Sport, l’ex difensore dell’Inter fa sapere: «Lo voglio io».

«Signori, questa è la nuova campionessa del mondo». Il palazzetto applaude l’esibizione senza sbavatura della ginnasta italiana Vanessa Ferrari, lei abbraccia il suo allenatore Enrico Casella, il punteggio ufficiale ancora non c’è, ma Yuri Chechi, uno che con gli anelli ha vinto cinque titoli mondiali, in telecronaca è certo: la sedicenne Orzinuovi ha vinto la medaglia d’oro al campionato mondiale di ginnastica artistica nel concorso generale individuale. Era il 18 ottobre 2006, nei Mondiali di Aarhus, in Danimarca, e la giovane ginnasta della provincia di Brescia entra nella storia dello sport italiano: prima italiana a conquistare l’oro, le uniche due medaglie mondiali risalgono a 56 anni prima, durante i Mondiali di Basilea nel 1950, quando Wanda Nuti e Licia Macchini conquistarono rispettivamente l’argento ed il bronzo alla trave che garantirono il terzo posto all’Italia.

Mezzo secolo dopo, dunque, un’italiana sale sul podio, questa volta sul gradino più alto con 61.025 punti conquistati nei quattro attrezzi dell’all around (corpo libero, trave, volteggio e parallele asimmetriche) precedendo la statunitense Bieger, con 60.750 punti, e la rumena Izbasa con 60.250. Leggera, elegante, ma determinata e pungente, per Vanessa Ferrari la prova è stata in salita: durante l’esercizio della trave, uscendo da una combinazione, sbilanciata, è scesa dall’attrezzo.
Una sbavatura, una macchia potenzialmente fatale, ma la cannibale di Orzinuovi non si è persa d’animo e alla quarta prova, nel corpo libero, ha compiuto un autentico capolavoro: scesa, momentaneamente al secondo posto, per puntare all’oro, era necessario un punteggio di 15.225. Minuto dopo minuto, dinanzi a un esercizio elegante, difficile, ma sempre limpido e preciso, il pubblico inizia ad accorgersi che è davvero possibile. Sulle note del “Nessun dorma” la 15enne convince i giudici: 15.500 e primo posto irraggiungibile.

Un traguardo storico che le valse il Collare d’oro del Coni, massima onorificenza sportiva, e nel 2007, la nomina a Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. La danza di Vanessa Ferrari rimane e rimarrà il momento più alto e glorioso dell’artistica italiana: qualcosa di eterno, difficilmente emulabile, ma che ha dato ulteriore vitalità e attenzione mediatiche a una disciplina sportiva che sta cullando tante atlete valide. Vanessa Ferrari ha vinto tanto, il quarto posto alle Olimpiadi di Rio 2016 e i vari infortuni (i suoi peggiori nemici ha detto in un’intervista recente) suonano come un dolce e inesorabile principio di addio. Ma a Vanessa Ferrari possiamo solo dire una parola: grazie!