La palla che rimbalza nella terra di nessuno, poco lontano dall’area di rigore del Galles, il guizzo di Didì che riesce ad anticipare di testa l’intervento dell’avversario e a servire un ragazzino, tanto piccolo quanto formidabile.
Il ragazzino, spalle alla porta, in meno di due secondi riscrive la sua storia e quella del Brasile: stoppa la palla di petto che rimane incollata lì, la lascia scendere dolcemente per poi la piroetta in aria con un delicato, ma al tempo stesso energico colpo di punta, un archibugio che spiazza il difensore Mel Charles che lo stava marcando. O pensava di marcarlo.
Il ragazzino si gira in un battito di ciglio, lascia rimbalzare a terra la sfera, alza rapidamente lo sguardo per capire in quale angolo del terreno di gioco si trova e schiaffeggia la palla d’istinto. Sempre di destro, quasi storto. Jack Kelsey, il portiere, è immobilizzato: non ha capito nulla di quello che gli è successo davanti.
Può solo voltarsi a guardare la palla avvolta dalla rete e tutti i brasiliani, entusiasti, che abbracciano oltre la linea di porta l’autore del gol, in lacrime. Del suo primo gol in un Mondiale. E’ il primo capitolo della storia infinita di Edson Arantes do Nascimento, o se preferiamo Pelé, con la maglia del Brasile.
E’ il 19 giugno 1958, minuto 66, di Brasile – Galles, quarto di finale del Mondiale in Svezia, paese neutro e non allineato, ideale per ospitare la sesta Coppa Rimet in un clima globale spaccato in due dalla guerra fredda. Quello di Pelé, oltre a essere il primo gol con il Brasile, è anche la sua prima rete nel torneo che lo vedrà, successivamente, esplodere a colpi di giocate e reti: sua la tripletta nel 5-2 in semifinale contro la Francia e analogo risultato in finale coi padroni di casa della Svezia, ma qui la Perla nera segna “solo” una doppietta.
Primo dei tre Mondiali per l’attaccante verdeoro, ma anche un paio di record personali ancora imbattuti: con la rete contro il Galles, a 17 anni e 239 giorni, è diventato e lo è tuttora il marcatore più giovane in una edizione dei Mondiali; mentre a 17 anni e 249 giorni ha sollevato la Coppa Rimet diventando il più giovane vincitore del titolo iridato.
“Un gatto con gli artigli di ferro”, hanno detto i giornali brasiliani vedendo quella rete. Di soprannomi lui ne ha avuti tanti nella sua longeva carriera, da “O’ Rey” alla “Perla nera”, ma ha messo d’accordo tutti. Lui è stato è e sarà l’espressione pura del calcio.