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Sono trascorsi 18 anni da quella prima volta nel capoluogo lombardo nell’indoor 2001, ma Roger Federer non si è mai fermato e ha tagliato il traguardo dei 100 titoli in bacheca, risultato che lui stesso non si sarebbe mai immaginato di raggiungere.

Ebbene sì, con la vittoria all’Atp di Dubai contro Tsitsipas (che lo aveva eliminato agli Australian Open) lo svizzero ha ottenuto l’ennesima vittoria di una grandissima carriera per colui che è sicuramente tra i primi cinque tennisti più forti della storia di questo sport. Prima di lui solamente a Jimmy Connors era riuscita questa impresa (109 ATP/150 totali). Negli anni ’80, però, era tutto un altro tennis.

Oggi, a quasi 38 anni, è ancora sui campi a dettar legge e a confrontarsi con altri campioni e giovani sicuramente con più fisicità. Ma dalla sua King Roger ha il talento, la classe, l’esperienza e la passione. Caratteristiche che, come spesso gli è accaduto, riescono ancora a essere abbastanza per battere gli avversari.

Amato da tanti, Federer con la vittoria di Dubai ha scritto un’altra pagina storica della sua sontuosa carriera fatta di tante vittorie, di duelli e rivalità che hanno segnato il mondo della racchetta.

Come detto la scalata ai 100 trofei è iniziata in Italia nel 2001 sul cemento di Milano, dopo un brutta e prematura eliminazione a Melbourne; dopodiché non si è più fermato e ne sono arrivati altri 99 in maniera costante. Tra tutti i trofei accaparrati c’è il record personale di 20 Slam. Per il fenomeno di Basilea è anche l’ottavo successo a Dubai e la sua gioia l’ha condivisa sui social:

 

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👋👋

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Tornando a quelli che sono stati i successi, l’elvetico annovera: nove vittorie ad Halle e nel torneo di casa di Basilea, i sette nel Masters 1000 di Cincinnati e, soprattutto, gli otto allori a Wimbledon. Il tutto in 152 finali giocate. Ventisette invece i titoli nella categoria Masters 1000, con 18 titoli sull’erba e 68 sul cemento (record in entrambe le superfici).

 

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All of @rogerfederer’s 100 titles 🙌 . #tennis #tennistv #federer #rogerfederer #atp #atptour #sports #instasport #history #rf100 #dubai #100

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E, scherzandoci su, potremmo immaginare gli scaffali di casa Federer ricca di coppe in cui è difficile trovare spazio per aggiungerne altre.

Ma a noi piace così perché Federer è un atleta completo che non ha intenzione di fermarsi e continuerà a regalarci gioie.

Il nostro countdown procede spedito e mentre il trofeo sta girando letteralmente il mondo per incontrare tifosi e appassionati di tutti i continenti, mancano esattamente 100 giorni all’inizio del Mondiale 2018 in Russia. A ricordarcelo è la stessa organizzazione dell’evento che ha pubblicato, nella giornata, di martedì 6 marzo, un video nel quale si vedono celebri star ancora in attività o del recente passato palleggiare.

Da Maradona a Mehdi Mahdavikia, passando per Ronaldo, Rooney, Nuno Gomes, Okocha, Forlan e tanti altri. Tanti palleggi quanti sono i giorni che mancano al 14 giugno con il match inaugurale tra Russia e Arabia Saudita allo stadio Lužniki che alzerà il sipario alla 21esima edizione iridata, A chiudere gli ultimi 10 palleggi sono Gianni Infantino, presidente Uefa, e Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa.

I RITIRI DELLE 32 NAZIONALI

? I GIRONI 

?LE CURIOSITA’ E LE STORIE DEI MONDIALI

A poco più di tre mesi ogni Nazionale e i rispettivi ct hanno più di un dubbio da sciogliere. In questi giorni si parla dell’infortunio di Neymar: l’asso brasiliano ha subito un intervento chirurgico per la frattura al quinto metatarso del piede destro subita nel match contro il Marsiglia, in Ligue1. A operarlo, nell’ospedale di Belo Horizonte, il medico della Nazionale verdeoro che prevede circa tre mesi per un definitivo recupero. La sua presenza ai Mondiali non sembra, dunque, in pericolo, ma resta da capire se sarà in campo il 17 giugno nel match d’esordio tra Brasile e Svizzera.

Rimanendo in Sudamerica, non mancano gli spunti di discussione nella lista dei convocati di Jorge Sampaoli per le due amichevoli pre-Mondiali che l’Argentina giocherà a fine mese contro Italia, il 23 marzo a Manchester, e Spagna, il 27 a Madrid. Fuori Dybala e Icardi dentro Christian Pavon e Lautaro Martinez, in rapida ascesa. Tra le novità c’è la convocazione del giallorosso Diego Perotti.

 

Gareth Southgate, ct dell’Inghilterra, dovrà capire a chi affidare la porta dei Tre Leoni. Joe Hart, portiere del West Ham, ha giocato metà delle partite in programma questa stagione, ma né Jack Butland o Fraser Forster sembrano attualmente affidabili.

E poi c’è il capitolo Var e la quarta sostituzione. La Fifa deve approvare il Var ed eventualmente la quarta sostituzione alla sua prossima riunione del Consiglio che si terrà il 16 marzo a Bogotà, per poterle impiegare al Mondiale in Russia. Ma dovrebbe trattarsi di una formalità.

Il murale di Tortolì, in provincia di Nuoro, in Sardegna, sarà sicuramente ricordato come una delle icone più rappresentative di questo centesimo storico Giro d’Italia. Ha colpito i cuori degli sportivi e degli appassionati per una speciale dedica a Michele Scarponi che, quasi in disparte sull’uscio, si accomiata, con il suo pappagallo sulla spalla, e saluta tutti. Accanto a lui, una frase che lo lega a Marco Pantani.
Ma, quella apparsa sull’edificio, è un’opera che va ammirata e respirata nella sua interezza perché è legata visceralmente al territorio e alle persone che quotidianamente lo rendono luminoso e vivo.
Così abbiamo parlato con l’autore, Franco Mascia, artista poliedrico nato e cresciuto a Tortolì, che ha vissuto a Londra prima di fermarsi a Cagliari. Usa l’arte nella forma più libera, coi colori, con la voce o con l’ironia girando le piazze della Sardegna con la compagnia comica “A sa parte”, capeggiata da Alverio Cau.

Franco, partiamo dall’atmosfera che si è respirata a Tortolì nei giorni precedenti e durante il Giro d’Italia. Si può dire che, forse assieme ai Mondiali di calcio, è l’unica manifestazione sportiva ancora oggi in grado di legare le persone e portarle a scendere in strada?

Per noi è stato sicuramente un evento a livello mondiale, c’erano 180 televisioni di tutto il mondo! Edizioni precedenti del Giro in rosa erano solo nei lontani meandri della memoria di mio padre. Ci sono state davvero tante iniziative come la “bici umana” realizzata con la Pro Loco: all’aeroporto ho disegnato un’enorme bicicletta e circa 800 persone l’hanno riempita, sedendosi. Abbiamo realizzato anche le panchine d’autore con una firmata dalla maglia rosa e dai ciclisti che hanno fatto tappa

E quindi, tra le varie idee, a te è venuto in mente di realizzare un murale?

Sì, ho visto l’opportunità di vestire a festa il mio paese, così ho proposto l’idea al Comune di Tortolì che ha accettato. Il Giro d’Italia così come l’attenzione di tutti è un’occasione grande, però è tutto concentrato in due giorni, dopodiché il paese torna nella sua normalità. E io volevo far conoscere a tutti la nostra normalità. Quando realizzo un dipinto, uso la fase iniziale per capire le persone, entrare in contatto con loro per realizzare qualcosa che rispecchi chi vive

Il dipinto è ricco di dettagli e sfumature: c’è un movimento attorno con i ciclisti, donne chinate, monumenti. C’è una storia che hai voluto raccontarci, qual è?

Ho dipinto una cornice che racchiude l’opera d’arte, ma la vera opera non è quella che ho fatto io, ma quella che ha fatto la natura, qui a Tortolì, con paesaggi meravigliosi. E ho voluto dare la maglia rosa simbolicamente a si dà da fare, a chi si rimbocca le maniche e continua a lavorare per far splendere il paese che ha meno di 18mila abitanti, ma che in estate accoglie 150mila persone.
Quindi ci sono le infioratrici tortoliesi con ragazze chinate a mettere i fiori; dietro le balle di fieno che rievocano le Tortolimpiadi, una sorta di gara tra i rioni nella quale vince chi riesce a tagliare prima il traguardo spostando le balle stesse. E poi c’è Borgo Marinaro che si svolge ad Arbatax frazione di Tortoli con la degustazione di pesce pescato dai marinari.
Infine ho raffigurato tutti i monumenti come il faro di Arbatax, le Rocce rosse, la torre di San Gemiliano e la chiesa di Sant’Andrea. Il concetto è che i ciclisti si stanno addentrando in quell’opera d’arte che è Tortolì

Sopra la tela appaiono dei tagli, sembra si stia staccando. Cosa vuoi dirci?

Quello che abbiamo vissuto con il Giro d’Italia è solo un foglio e mi auguro che ci siano tanti altri per scrivere e completare un libro. E’ una bella istantanea, un augurio affinché possano seguirne altri

Cosa ha significato per te, per voi, la morte di Scarponi? Perché hai deciso di ricordarlo nella tua opera?

Il capitano dell’Astana doveva essere Fabio Aru, nostro compaesano, e noi ci tenevamo tanto a vederlo in Sardegna. Poi lui si è infortunato al ginocchio e Michele Scarponi l’ha sostituito così noi l’abbiamo “adottato” come figlio di Sardegna, pensavamo di vederlo come figlio accolto dalle nostre terre, ma così non è stato.
Ecco perché ho scritto:  «Ci siamo illusi che passassi da qui ma hai cambiato percorso, ora pedala tra le nuvole, se incontri Marco portagli i nostri saluti». Poi, mia figlia Simona, anche lei pittrice, cantante e pianista, ha realizzato i fiori che, col soffio di vento, partono dalle infioratrici e avvolgono Michele

Infine, hai voluto omaggiare anche Marco Pantani…

Non ho molta cultura ciclistica, mi piace leggere e informarmi e Pantani lo vedo come “l’Enzo Tortora” del 2000, maltrattato dalla gogna mediatica. Per questo ho invitato Michele a portare i nostri saluti a Marco perché noi, da quaggiù, già sapevamo che Pantani non c’entrava nulla in questa brutta storia che gli hanno dipinto addosso

Giovanni Sgobba

Doveva essere un’edizione speciale, un’edizione tonda, la numero 100. Ma il Giro d’Italia 2017 è diventato il giro nel ricordo di Michele Scarponi. A 37 anni, per il rotto della cuffia della sua carriera di ciclista, avrebbe corso il Giro d’Italia da capitano della sua squadra, l’Astana. Avrebbe.
Il 22 aprile è morto in un tragico incidente, investito da un furgone, in sella alla sua bicicletta, mentre si allenava a Filottrano, suo paese, vicino Ancona. Si stava allenando per essere pronto per la Corsa rosa.

Ecco che, il Giro d’Italia, al via nella prima tappa ad Alghero, ha omaggiato Michele Scarponi: un minuto di silenzio osservato tra lacrime, rispetto ed emozione, dai ciclisti, dai suoi compagni e dagli spettatori. Poi applausi e la partenza con l’Astana in testa al gruppo ad aprire la gara davanti a tutti. Rigorosamente in otto, lasciando libero quel posto, da capitano, che spettava al ciclista marchigiano e che non hanno voluto rimpiazzare.

 

Tra le 21 tappe e i 3.572 km complessivi, inoltre, un momento speciale sarà il passaggio sul Mortirolo, previsto il 23 maggio: una delle montagne simbolo del Giro d’Italia sarà la “salita Scarponi” in segno di omaggio al ciclista soprannominato l’Aquila di Filottrano proprio per le sue abilità da scalatore.
Nel 2010, infatti, vinse ad Aprica la sua ultima tappa al Giro d’Italia davanti a Ivan Basso e Vincenzo Nibali, costruendo il suo successo proprio sulla salita e la discesa del Mortirolo.

A Tortolì, in Sardegna, su una delle strade in cui passeranno i ciclisti, l’artista Franco Mascia ha realizzato un murale in cui si vede Scarponi con il pappagallo Frankie e la dedica: «Ci siamo illusi che passassi da qui ma hai cambiato percorso, ora pedala tra le nuvole, se incontri Marco portagli i nostri saluti».
Un chiaro omaggio e riferimento al pirata Pantani.

 

Nel 2011, nelle file del team Lampre, Scarponi salì sul podio finale del Giro, chiudendo al secondo posto alle spalle del vincitore Alberto Contador e davanti a Vincenzo Nibali. In seguito alla squalifica di Contador per positività al clenbuterolo conquistò a tavolino la vittoria finale della Corsa rosa e la Coppa del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

 

Quante pedalate, quante strattonate, quanti ciclisti e quanti chilometri abbiamo visto nella lunga storia del Giro d’Italia. Ora che siamo prossimi al secolo di vita, sommando tutte le 99 precedenti edizioni, si sono percorsi oltre 346mila km. Non sapete quantificare una cifra così spaventosamente enorme? Beh, pensate solo che la luna dista dalla terra, in media, poco più di 384mila km.

Dall’anno della sua fondazione, il 1909, la corsa a tappe maschile su strada più importante dello stivale e tra le più prestigiose al mondo, ha visto battaglie, sfide, cadute e tanto altro ancora.
La maglia rosa si è legata a nomi che il solo ricordo rievocano dolci emozioni: da Girardengo a Binda, passando per Bartali e Coppi, e ancora  Merckx, Pantani, Cunego, Contador, Basso e Nibali. Dieci nomi solo per farceli stare sulle dita di due mani, ma è certo che in tanti meriterebbero onori e allori.

Ma tra le leggende e le istantanee che trasudano passato e gloria del Giro d’Italia, ci sono anche aneddoti, curiosità beffarde che, con oltre un secolo di storia, strappano un sorriso. Alcune le ha raccolte in una simpatica infografica il sito Bikester: scommettiamo che proprio non le conoscete?

Nel 1909, durante la seconda tappa, Guglielmo Lodesani, Vincenzo Granata e Andrea Provinciali trovandosi in ritardo, pensarono di recuperare salendo su un treno. Salirono alla stazione di Ancona e scesero a Grottammare, perché lì era previsto un controllo. Ma, sfortuna per loro, sullo stesso vagone c’erano anche alcuni giudici che si stavano spostando da Bologna a Chieti. Attraverso le fotografie che erano state scattate a tutti i partecipanti prima della partenza, i tre girini vennero riconosciuti e squalificati.
Successivamente anche un altro ciclista, Giuseppe Brambilla, già fuori Giro a causa di una caduta, venne squalificato per lo stesso motivo. Sempre nel primo storico Giro d’Italia, Giovanni Rossignoli, che concluderà terzo in classifica venne investito da un cavallo.

Uno degli slogan più appariscenti del primo storico Giro d’Italia definiva la corsa come la “più ricca del mondo”. Effettivamente il montepremi complessivo ammontava a 25.000 lire (circa 600.000 euro attuali) e il vincitore, Luigi Ganna, guadagnò 5.325 lire (circa 133.000 euro odierni).
Giuseppe Perna, 49° e ultimo accumulò 300 lire (circa 7.000 euro di oggi).
Lo stesso Ganna, appena tagliato il traguardo da vincitore della prima edizione, alla domanda di un giornalista su come si sentisse di fronte alla vittoria raggiunta, rispose, in dialetto lombardo:

Me brüsa tanto el cü!

 

Nel 1914, un altro espediente da “furbetti”, il primo e vero episodio di traino da un’auto: durante la tappa Bari-L’Aquila, e più precisamente sulla Salita delle Svolte, i ciclisti Carlo Durando, Alfonso Calzolari (che poi vincerà quell’edizione) e Clemente Canepari si aggrappano sull’auto dell’inviato dell’Italia Sportiva e vennero penalizzati di 3 ore 8 minuti e 1 secondo.
Nello stesso anno, inoltre, si registrò il numero più basso di corridori che riuscì a tagliare il traguardo: su 81 iscritti e partecipanti, solo in otto conclusero tutte le tappe in programma.

Non solo stratagemmi, ma anche prove di grande cuore e sforzo sovrumano. Tra questi, Fiorenzo Magni, che durante il Giro d’Italia del 1956, nonostante la rottura della clavicola in seguito a una caduta, terminò la gara, piazzandosi al secondo posto, stringendo tra i denti una camera d’aria legata al manubrio, così da poter sia diminuire lo sforzo richiesto alla spalla sinistra infortunata, sia sfogare il dolore affondando i denti nella gomma.
Questo il racconto dello stesso Magni:

Al Giro del ’56 sono caduto nella discesa di Volterra e mi sono fratturato la clavicola. “Non puoi partire”, mi dice il medico. Io lo lascio parlare e faccio di testa mia: metto la gommapiuma sul manubrio e corro la crono. Poi supero gli Appennini. Ma provando la cronoscalata di San Luca mi accorgo di non riuscire nemmeno a stringere il manubrio dal dolore; allora il mio meccanico, il grande Faliero Masi, decide di tagliare una camera d’aria, me la lega al manubrio e io la tengo con i denti, per non forzare le braccia. Il giorno dopo, nella Modena-Rapallo cado di nuovo e mi rompo anche l’omero. Svengo dal dolore. Sono sulla lettiga quando riprendo coscienza e ordino a chi guida l’ambulanza di fermarsi. Mi butto giù, inseguo il gruppo, lo riprendo e arrivo sul Bondone sotto una tormenta di neve. Per questo gesto Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello, che seguivano il Giro, mi ribattezzarono Fiorenzo il Magnifico

 

Fonte: Uscat, Wikipedia

Giovanni Sgobba