Il Mondiale regala sempre aneddoti e curiosità capaci di farci sorridere: a partire dalla capriola per la rimessa laterale di Mohammadi, giocatore dell’Iran, che ci ha ripensato all’ultimo scatenando l’ironia del web, fino ad arrivare alla meravigliosa danza post-gol di Niang del Senegal nella sfida contro la Polonia. La Coppa del Mondo, però, ci permette di avvicinarci anche a realtà ‘lontane’ dalla nostra almeno nel pensiero dalla e conoscere i problemi sociali che attanagliano quelle popolazioni: è questo il caso della giornalista iraniana Samira e del movimento delle donne arabe desiderose di andare allo stadio (nei paesi di provenienza è proibito per loro, mentre in Russia possono sedersi sugli spalti esattamente come gli uomini).
Samira è la prima giornalista iraniana della storia al #Mondiale. A Teheran non può entrare allo stadio e guarda le partite in tv, in Russia ovviamente sì. Oggi sulla @Gazzetta_it, per chi vuole leggere un po’ di più sull’Iran. #Mondiale #Russia2018 pic.twitter.com/yUIvZl9JbS
— luca bianchin (@lucabianchin7) 20 giugno 2018
Luca Bianchin, giornalista della Gazzetta dello Sport, mostra su Twitter l’accredito in possesso di Samira, unica giornalista iraniana di sesso femminile ad essere partita alla volta della Russia: è una notizia epocale per il mondo arabo. La donna ha portato avanti il proprio messaggio rivoluzionario posando davanti alle telecamere senza l’usuale velo che è costretta ad indossare nel proprio paese natale. Può essere questo il primo passo verso un sensibile cambiamento per le donne musulmane? Ci auguriamo di sì ma non è stata l’unica iniziativa portata avanti in questa Coppa del Mondo.
I movimenti di protesta sono iniziati lo scorso 30 aprile quando cinque donne iraniane sono entrate allo stadio travestendosi da uomini: per loro è vietato l’accesso a qualunque manifestazione sportiva dalla rivoluzione del 1979. Jafar Panahi, noto regista iraniano, ha raccontato nel suo film ‘Offside‘ cosa significa per il gentil sesso essere estromesso dallo stadio e di come lo sport, e in particolare il calcio, sia visto come attività maschile in molti paesi arabi. La motivazione ufficiale diramata dallo stato riguardo il ban femminile è la seguente: proteggere le donne dalla “natura violenta” di questo genere di manifestazioni intrise di linguaggio offensivo e negare loro la visione di uomini in pantaloncini.

Mentre tutto il mondo si domanda riguardo le possibili ripercussioni che dovranno subire queste cittadine iraniane, augurandosi che tutto si risolva nel migliore dei modi, la protesta va avanti anche in questa edizione dei Mondiali: tantissime le donne di religione musulmana a popolare gli stadi russi durante le partite delle proprie selezioni nazionali e tutte, o quasi, senza indossare il velo. In occasione della sfida contro la Spagna le autorità iraniane per la prima volta nella storia hanno consentito alle donne di assistere alla manifestazione, una vittoria su ogni fronte che potrebbe essere l’inizio di un cambiamento necessario nel mondo arabo, come sottolinea l’avvocato Tayebeh Siavoshi all’agenzia ISNA. Il calcio continua ad essere un mezzo in grado di dare voce a chi ne ha bisogno, di superare le barriere etniche e di genere, un riflesso della società che ci permette di conoscerla e capirla nella sua totalità: smettiamola di avere pregiudizi verso il pallone ed anzi guardiamo questo sport con la consapevolezza che può rappresentare il cambiamento.
Comments are closed.