In pochi possono dire “io c’ero” quel pomeriggio di un anonimo 14 luglio 2001, nello stadio di Debrecen, la seconda città più importante in Ungheria. C’erano pochi spettatori ai Mondiali di atletica della categoria Allievi – per intenderci – quelli riservati agli Under 18. E quei pochi che erano presenti videro, ignari, passare davanti ai loro occhi un ragazzotto che segnerà il futuro e la storia dell’atletica leggera mondiale.
Non era Allyson Felix, quattrocentista americana, o il mezzofondista kenyano Brimin Kipruto. Tutti ragazzi forti, fortissimi che avrebbero fatto il salto di qualità. C’era anche il sedicenne Andrew Howe che nel salto in lungo conquistò il bronzo e l’unica medaglia per l’Italia.
E poi c’era un ragazzo di quasi 15 anni, magro e alto, tanto magro e alto quanto inizialmente spaesato e nervoso. Fece un po’ di stretching e si presentò ai blocchi di partenza indossando la maglia della Giamaica. Postazione numero 3, Usain Bolt.
Chiuse i 200m in poco più di 21 secondi, davanti a tutti. Primo a tagliare il traguardo come avverrà successivamente nel 2008 o nel 2009 e poi ancora nel 2012 o nel 2016. Tutto secondo uno spartito che abbiamo imparato a conoscere e ad amare: partenza lenta, poi attimo dopo attimo, al battito di ciglia aumentò la sua progressione e a metà della corsa era davanti a tutti gli avversari. Lui ad ampie falcate, gli altri boccheggiando furiosi. Lui che si invola verso il finish e rallenta la sua falcata ormai sicuro del successo.
Bolt aveva vinto la sua prima gara internazionale. Prima delle medaglie d’oro alle Olimpiadi di Pechino o di Londra e Rio, prima dei successi e dei record ai Mondiali di Berlino o di Mosca. Tutto ha un inizio e per Lightning Bolt, per il fulmine, tutto ebbe inizio il 14 luglio 2001.
Il velocista giamaicano ha spezzato un equilibrio solido e decennale: laddove l’atletica era un’esibizione di muscoli pompati, lui ci ha messo grazia ed eleganza. Con un fisico diverso da tutti gli altri atleti: alto 1,95 metri e con delle gambe esageratamente lunghe. Una storia straordinaria resa speciale non solo per non avere il canonico physique du rôle, ma anche perché è rimasto re delle competizioni per oltre un decennio: in molti hanno provato a detronizzarlo, ma nessuno ci è mai realmente riuscito per 10 anni, quando la media di altri atleti è di 3-4 anni sulla cresta dell’onda.
Una saetta sin dalla nascita, verrebbe da dire. Eppure secondo la madre Jennifer, l’unica volta in cui il figlio sarebbe stato lento è stato il giorno della nascita quando, il 21 agosto 1986, è arrivato con una settimana di ritardo rispetto al previsto.
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