Volare in Indonesia per fare quello che si ama fare deve essere una scelta difficile ma al tempo stesso affascinante. È ciò che è successo alla pallavolista Veronica Angeloni che, dopo anni al centro delle cronache sportive e rosa, ha deciso di trasferirsi dall’altra parte del mondo per fare quello che ha sempre fatto: giocare a pallavolo.
Non è certo la prima esperienza fuori dai confini italiani dato che la schiacciatrice toscana ha vestito la maglia anche dello Zarec’e Odincovo (Russia) e Saint-Raphael (Francia), prima di spostarsi in Asia per giocare nel Gresik Petrokimia.
Con la compagine indonesiana ha subito colto le redini da leader facendo parlare molto di sé, lasciando da parte le voci del gossip. Veronica ha preso la sua squadra in mano. Dinamismo e voglia di fare bene hanno fatto sì che il mister le abbia dato molte responsabilità.
Come valuti questi primi mesi in Indonesia? E qual è il livello del campionato?
L’Indonesia è stata una grande sorpresa, una bella esperienza di vita e sportiva!
Per quanto riguarda il livello, pensavo di ritrovarmi una situazione più deficitaria o forse io non sapevo bene cosa aspettarmi. Tuttavia sono rimasta piacevolmente stupita quando ho visto una grande organizzazione e una grande passione anche da parte del pubblico! Le atlete sono molto tecniche e un pochino più basse di noi europee.
Sei riuscita subito ad ambientarti? Come ti hanno accolta?
Direi che mi sono ambientata benissimo. Qui la gente è dal carattere solare e disponibile. Mi sono sentita subito parte di un gruppo e giorno per giorno le mie compagne si sono legate a me ,come io a loro.
Cosa ti ha spinto a provare un’esperienza altrove?
Posso dire che una serie di eventi mi hanno spinta a prendere questa decisione. Per me è un’opportunità unica poter girare il mondo grazie al mio sport che poi è il mio lavoro.
Com’è vivere in Indonesia? E a Gresik?
Beh diciamo che le differenze con l’Italia dal punti di vista delle vita ce ne sono. Dal cibo alla religione passando per la cultura. Per me è un’esperienza nuova e cerco di coglierla a 360 gradi.
Gresik è una piccolissima città di periferia indonesiana. Diciamo che durante la stagione sportiva la mia vita qui è fatta di allenamenti e tanti film a casa, niente di più.
Come si sviluppa la preparazione alle gare? E com’è il rapporto col mister?
Durante la settimana ci sono molti allenamenti. Dedichiamo molte ore alle sedute in campo e alla cura dell’aspetto tecnico. Tutto molto diverso dall’Italia, qui ci sono più pause a causa del forte caldo.
Con il mister ho un buon rapporto basato su stima e fiducia. In poche settimane sono diventata la capitana della squadra, un motivo in più per dare il massimo e guidare il gruppo.
Ti è mai capitato di trovarti in una situazione goffa?
Tra le tante posso raccontarvi un aneddoto simpatico. Per ottenere il visto cono stata costretta a volare a Singapore. Ovviamente il tutto con la mia traduttrice Putri. Solo che, per prendere il tanto spirato visto, siamo state costrette a prendere 4/5 voli avanti e dietro in meno di 48 ore. Una sfacchinata! (ride, ndr)
Non è la tua prima esperienza estera? Come le valuti?
Tutte le mie esperienze sono state uniche e speciali, alcune più difficili come in Russia, altre che hanno creato legami autentici come quando sono stata in Francia e anche ora in Indonesia. Per rendere qualcosa di unico bisogna che le situazioni si incastrino nel migliore dei modi.
Posso certamente dire che ogni atleta dovrebbe fare esperienze all’estero perché ti arricchisce tecnicamente e soprattutto a livello personale umano.
In Italia dove hai il più bel ricordo?
Il mio periodo migliore è stato sicuramente a Perugia con la Sirio allenata prima da Gianni Caprara e poi da Zoran Terzic. Abbiamo ottenuto un terzo posto in Champions League. Ricordo indelebile il mio primo anno a Chieri con mr Giovanni Guidetti. Lì ho esordito in Serie A.
Hai avuto modo di giocare anche in Nazionale? Cosa si prova avere addosso la maglia azzurra?
La Nazionale è la soddisfazione più grande per me è credo lo sia per ogni atleta.
Dario Sette
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