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“Ta-ta-ta-ta, viva el fútbol”: il gol del Secolo di Maradona contro l’Inghilterra

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Genio! Genio! Genio! ta-ta-ta-ta-ta-ta…Gooool…Goool…Quiero llorar! Dios Santo, viva el fútbol!

Ta-ta-ta-ta. Una mitraglietta onomatopeica perché la lingua, torcigliata, non riusciva a star dietro alla velocità e alla rapidità di Maradona. Il commentatore uruguagio Victor Hugo Morales era allo stadio Azteca il 22 giugno 1986 per seguire Argentina – Inghilterra, quarti di finale della Coppa del Mondo.
Secondo dopo secondo, in un climax vorticoso, si stava rendendo conto di trovarsi a raccontare quello che poi verrà ufficializzato come il Gol del secolo. Aveva davanti a sé il genio e in qualche maniera doveva trasmettere quello che vedeva ai radioascoltatori o agli spettatori. Ma era impossibile: Diego Maradona spostava la palla e il suo baricentro con una velocità di pensiero da rendere ogni voce sospesa. I calciatori inglesi non riuscivano a stargli dietro, figurarsi la telecronaca. Per questo venne fuori quel “Ta-ta-ta-ta” così poetico da sembrare l’unica mossa più genuina e appropriata.

Lo stadio Azteca di Città del Messico già nel 1970 aveva acconto un momento calcistico storico “la partita del secolo” tra Italia e Germania terminata 4 a 3. A questo giro, Diego Armando Maradona, leader di un’Argentina e di un popolo che si aggrappò a lui, segnò due gol leggendari contro l’Inghilterra. Leggendari per due motivi differenti: il primo, segnato al 51’, fu pura scaltrezza con un secco anticipo sul portiere inglese Peter Shilton con un’impercettibile tocco di mano che verrà tramandato di padre in figlio come la “Mano de Dios” perché, al termine della partita, fu lo stesso numero 10 a dire:

Un po’ con la testa di Maradona ed un altro po’ con la mano di Dio

Tre minuti dopo Maradona firmò un’opera d’arte moderna, proiettando il dinamismo tipico dei futuristi, in un’altra dimensione. “Dinamismo di un fenomeno sguinzagliato”, si potrebbe dire parafrasando l’opera di Giacomo Balla. Maradona abbracciò la palla e la Storia di un popolo pronto alla rivalsa. Dodici tocchi tutti col suo imperante sinistro in meno di 10 secondi.  Una corsa a slalom lasciandosi alle spalle cinque inglesi, Hoddle, Reid, Sansom, Butcher e Fenwick. Due a zero che poi diventerà 2-1 finale con la rete di Lineker.

Con la guerra delle Falkland (o guerra de las Malvinas, in spagnolo) terminata appena quattro anni prima a “politicizzare” un palcoscenico unico e inarrivabile come una Coppa del Mondo, la gloriosa partita di Maradona contro l’Inghilterra racchiuse l’essenza del suo calcio tra furbizia e puro genio. Nessuno come lui nei secoli dei secoli.

A Lionel Messi (erede di un’era moderna e non sovrapponibile) gli si può solo riconoscere l’astuzia e la tenacia per aver provato a emularlo con beffarde coincidenze: nel 2007, quando la Pulce aveva ancora la maglia 19 al Barcellona perché la 10 era di proprietà di Ronaldinho, alla penultima giornata della Liga, segnò con la mano nel caldo derby contro l’Espanyol. Impossibile non ritrovare analogie:

Qualche mese prima, il 18 aprile del 2007, nella partita di semifinale di Coppa del Re, tra Barcellona e Getafe, Messi segnò un gol straordinario scartando metà squadra avversaria con una somiglianza, per zona di partenza dell’azione, progressione e dribbling al già citato gol di Diego Armando. E Messi doveva ancora compiere 19 anni:

 

Giornalista professionista, cura “Curiosità sportive”, rubrica-memorabilia di aneddoti, storie e miti legati allo sport, riavvolgendo le lancette del tempo perché il suo cuore è ancora fermo sulla traversa dove si è stampato il rigore tirato da Di Biagio nel Mondiale del ’98.

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