C’è una cosa che rende eterno e immenso Roger Federer: mette tutti d’accordo. Anche se nel tennis, visto al di qua della realtà, possono esserci meno conflitti, anche se non ci sono Maradona o Pelè o Messi a creare faide o estremismi, la storia di uno degli sport più coinvolgenti e affascinanti e ricchi di colpi di classe è fatta di tanti uomini vincenti.
Ogni epoca ha avuto il suo mito, in alcune ere si sono scontrati titani, nel mondo moderno Rafa Nadal – Roger Federer è stata un’autentica dicotomia spezzata da Novak Djokovic o, di tanto in tanto, da Andy Murray. Un posticino tra i grandi, quando veniva concesso. Chi, però, non è mai venuto meno è stato proprio il tennista svizzero.
A lui gli hanno affibbiato l’appellativo di Re, qualcuno lo vorrebbe innalzare a divinità dopo l’ottavo Wimbledon conquistato nella sua carriera, nella terra dove si invoca Dio per salvare la regina. Su questa terra, anzi su questo prato verde, dai formalismi classici, dalle uniformi bianche e dalle fragole con panna, Federer ha compiuto un passo decisivo verso l’eternità.
Ed è un’affermazione che, in loop, ritorna e si aggiorna a ogni suo successo. A ogni sua vincita l’asticella si sposta in avanti, poco alla volta. Ma questa volta, a 35 anni e 342 giorni, ci sono più motivi per poter incoronare la carriera di un tennista che ha cucito una forma d’arte unica, irripetibile.
Il 3-0 rifilato al sofferente Marin Cilic (causa vescica sotto il piede sinistro) nella finale di Wimbledon è il suggello di una prestazione che Federer non aveva ancora compiuto: per la prima volta, ha alzato il trofeo senza concedere nemmeno un set. Lui è riuscito anche in questo paradosso: il suo 19esimo Slam, insperato e con qualche acciacco non da poco lasciatosi alle spalle, è quello con meno games giocati.
E’ anche per questo che lo svizzero mette tutti d’accordo: il 2016 era stato l’anno dello sconforto, quello che preannuncia un declino fisico e sportivo inevitabile. “E’ stato bello, ora è tempo di crescere”, la fine della gioventù sua e di molti appassionati che l’anno visto, strabuzzando gli occhi, per la prima volta nel 2001. Il giovincello dal look da teenager, capello lungo e collanina che prova l’assalto al trono, affrontando il sette volte campione Pete Sampras. E riuscendo a buttarlo fuori con una risposta al servizio da mostro.
Il 2016, dicevamo, quello della maturità e consapevolezza: gli scricchiolii alle ginocchia e alla schiena, molto spesso superati grazie alla sua classe immensa che copriva i gap fisici, i set in cui arrivava stremato e la presa di posizione ovvero la decisione di operarsi al ginocchio e chiudere in anticipo l’anno.
Il recupero, la saggezza di rinunciare a determinati tornei e ricalibrare gli allenamenti. Abnegazione e voglia di dimostrare di essere ancora al centro della sua vita, del suo sport. Il resto è noto: vittoria a Melbourne, Miami, Halle, Wimbledon.
Roger Federer is overcome with emotion after winning a record 8th Wimbledon title. ? pic.twitter.com/6CdRv7dMoJ
— SportsCenter (@SportsCenter) 16 luglio 2017
Ecco perché lo svizzero mette tutti d’accordo: perché è un re senza corona, è mortale nelle sue scelte e nelle sue decisioni. E’ vicino a noi, è la spinta a non mollare mai. Il suo pianto sul Centre Court dopo la vittoria di Wimbledon alla vista dei suoi quattro figli e l’affermazione «E’ la nostra vittoria» chiude il cerchio con le lacrime liberatorie del 2003, quando centrò il suo primo Slam, sconfiggendo Mark Philippoussis.
Oggi, 19 Slam dopo, Federer sfida il tempo, anzi, il tempo è l’unico suo vero avversario. Annienta Cilic finale in 1 ora e 41 minuti con il punteggio di 6-3,6-1,6-4, il secondo punteggio più netto nei 19 suoi vittoriosi Slam dopo la vittoria su Hewitt nel 2004; non ha concesso nemmeno le briciole agli avversari in questo cammino di Championships, come solo quattro altri hanno fatto prima di lui sull’erba verde di Londra: Don Budge nel 1938, Tony Trabert nel 1955, Chuck McKinley nel 1963 e Bjorn Borg nel 1976.
A 36 anni da compiere ad agosto, il suo unico e vero sfidante è, dunque, Kronos, dio del tempo. Nel tennis di oggi ognuno recita la propria parte: tennisti, commentatori, appassionati, ciascuno di loro ha il proprio copione. Ma tutti aspettano la giocata di Federer. Il tifo sarà sempre dalla sua parte. E anche la storia. Si può dire che esiste un tennis prima di Federer e dopo di Federer. Il campione ha spostato oltre l’immaginazione i limiti del tennis, dello sport e della vita.
Ha sfidato Kronos, l’avversario più temuto e, a giudicare il suo 2017 sublime, forse sta vincendo anche quest’altro match.
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