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Gli eroi nascosti del calcio

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A margine della Coppa d’Africa appena conclusa con la sorprendente vittoria dei Leoni Indomabili del Camerun al cospetto dei ben più quotati Faraoni capeggiati dal romanista Salah, si può certamente affermare che uno dei protagonisti della nazionale egiziana, pur sconfitta, sia stato il portiere Essam El-Hadary.

Il portiere, classe 73, alla veneranda età di 44 anni, proiettato alla titolarità “grazie” all’infortunio del collega El Shenawy, ha blindato la porta dei Faraoni per l’intero torneo – con tanto di doppio rigore parato nella lotteria decisiva in semifinale con il Burkina Faso – capitolando solo nella finale di Libreville al cospetto del miracoloso Camerun di Hugo Broos.
Ovviamente diventando il giocatore più anziano, con i suoi 44 anni e 21 giorni, a calcare il campo della massima manifestazione calcistica africana.

Ma quella di El-Hadary è solo l’ultima di una serie di storie sorprendenti, quasi magiche, tutte legate da una matrice comune, un filo sottile che le rende uniche ma inscindibilmente collegate: sono storie di eroi nascosti, giocatori che non rubano l’occhio allo spettatore, che non bucano lo schermo ma che, grazie ad una scintilla che viene da dentro, all’innata professionalità e voglia di arrivare, riescono a raggiungere con i loro guantoni risultati impensabili.

 

GABOR KIRALY

Senza andare troppo lontano nel tempo, merita una citazione Gabor Kiraly. Il portierone, classe ’76, vanta un’onesta carriera in squadre di seconda fascia in Germania, tra Bundesliga (7 anni nell’Hertha Berlino) e Zweite Liga (5 anni nel Monaco 1860) e nelle serie minori inglesi (in Championship tra Crystal Palace e Burnley) senza mai riuscire a fare il definitivo salto nei top teams fino a tornare in patria per chiudere la carriera nella squadra – l’Haladas – che lo lanciò nel lontano 1993.

Tipo stravagante, il magiaro si è guadagnato qualche copertina nel corso degli anni più per il suo particolare look in campo, dove da sempre si presenta con dei discutibili pantaloni della tuta grigi, al posto dei consueti pantaloncini d’ordinanza. La storia narra che Király fosse solito indossare, ai tempi dei suoi esordi in prima squadra nell’Haladas, un pantalone nero imbottito, per attutire i colpi sui campi in fango, pietre e terra che popolavano l’Ungheria di fine anni ’80 e inizio anni ’90.
Un giorno, però, sua madre lava la divisa, ma non fa a tempo ad asciugarla, e quindi Gábor deve scendere in campo con una tuta grigia, diversa dal solito. Ecco come nascono le leggende: con quella tuta grigia fa un’ottima partita, poi un’altra e un’altra ancora. Da quel momento il pantalone grigio diventa il suo portafortuna.

Ma la storia di questo onesto mestierante del pallone ha qualcos’altro di speciale: grazie alla sua affidabilità e alla voglia di continuare a mettersi in gioco, Kiraly viene convocato per gli Europei 2016 in Francia, dove gioca titolare a 40 anni compiuti, diventando il giocatore più vecchio ad aver mai disputato una gara nella fase finale di un campionato Europeo di calcio, prima di dire addio alla Nazionale dopo ben 107 gettoni di presenza.

 

 

FARYD MONDRAGON

E chi si ricorda di Faryd Mondragòn? Il portiere di Cali, classe ’71, sguardo fiero e fisico statuario, sin da giovane si presentava come prospetto di sicuro avvenire, seguendo le orme di Renè Higuita, ed entrando a far parte, a 23 anni, della fortissima (ma sciagurata) selezione colombiana di Maturana ad USA ’94.

Tuttavia, la carriera di Faryd non esplode come da premesse e, dopo le prime non indimenticabili esperienze europee al Saragozza e al Metz, ha un sussulto solo a 30 anni suonati, quando, nel 2001, viene ingaggiato dal Galatasaray.
Nella squadra di Istanbul è titolare inamovibile e diventa una bandiera del club fino al 2007, calcando il palcoscenico della Champions League e vincendo 2 campionati e una coppa nazionale e sfiora anche l’approdo in Italia, quando nell’estate del 2005, il Palermo tenta l’assalto al colombiano, ma i tentennamenti del Galatasaray e l’età considerata “avanzata” (ha già 34 anni) da qualche dirigente rosanero alla fine fanno saltare l’operazione.

Fin qui nulla di trascendentale. E allora perché parlarne? Semplice, perché, anche dopo l’uscita dal calcio di prima fascia, la scintilla non si spegne, “El Turco” non molla, continua ad allenarsi duro e a dare le garanzie necessarie per mantenersi nel giro della Nazionale.
E la sua costanza viene premiata. Convocato per i Mondiali del 2014, Mondragòn, subentrando ad Ospina all’85’ nella partita Giappone-Colombia, diventa, all’età di 43 anni e 3 giorni, il giocatore più anziano ad aver giocato una fase finale di un Mondiale, sverniciando il precedente record che apparteneva non ad un carneade, ma al simbolo del calcio africano Roger Milla, che ad USA ’94 (sì, proprio il Mondiale d’esordio di Faryd) scese in campo a 42 anni e 39 giorni.

Michele De Martin

Giornalista professionista, cura “Curiosità sportive”, rubrica-memorabilia di aneddoti, storie e miti legati allo sport, riavvolgendo le lancette del tempo perché il suo cuore è ancora fermo sulla traversa dove si è stampato il rigore tirato da Di Biagio nel Mondiale del ’98.

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