Era il 26 giugno 2016, ottavi di finale dell’Europeo francese. Gli autori del Brexit calcistico, guidati dall’allenatore Lars Lagerback, fecero vivere una notte di festa, una notte indimenticabile ai loro tifosi.
L’Islanda dei miracoli, il piccolo paese definito “l’underdog” del torneo, buttò via l’Inghilterra con le reti di Ragnar Sigurðsson e di Kolbeinn Sigþórsson. Una meta storica che i supporter celebrarono “intimamente” con il proprio partner, con lo spirito più genuino. Tant’è che nove mesi dopo, curiosa statistica, venne segnato un boom di nascite inusuale.
Bene, allora prepariamoci a una nuova ondata perché l’Islanda è riuscita a fare di meglio: accedere alla fase finale del Mondiale in Russia nel 2018. Siamo a un passaggio storico perché l’isola vichinga è la nazione con meno abitanti a essersi mai qualificata per un Mondiale di calcio. Attualmente conta circa 335mila abitanti e se prendete una città italiana vi rendete conto dell’assurda dimensione: Bologna, Firenze o Bari, per esempio, superano questa cifra.
Iceland, population 334,000, become the smallest nation ever to qualify for the World Cup – and the only one with fewer than 1m people. pic.twitter.com/vTZTxl532n
— Nick Harris (@sportingintel) 9 ottobre 2017
L’Islanda ha ottenuto la qualificazione dopo aver vinto 2-0 contro il Kosovo nell’ultima giornata del Gruppo I, chiudendo in testa a 22 punti e lasciandosi alle spalle avversarie come Ucraina, Turchia e Croazia – quest’ultima arrivata seconda e che dunque disputerà lo spareggio.
L’autore del primo gol porta la firma di Gylfi Sigurðsson, il centrocampista più rappresentativo, cresciuto calcisticamente in Inghilterra e tanto apprezzato nelle squadre in cui ha giocato come Tottenham, Swansea e ora Everton. La sua storia è, di fatto, quella degli altri calciatori islandesi: su 23 giocatori convocati per la fase finale degli Europei, nessuno giocava nel campionato islandese e i giocatori più forti giocano ancora in Premier League o in Ligue 1.
Nel 2012 l’Islanda era al 131º posto nel ranking FIFA delle squadre più forti al mondo; ora è al 22º posto, davanti all’Olanda e cinque posizioni dietro l’Italia. Una crescita favorita da investimenti su strutture, formazione e accademie giovanili. L’Islanda, insomma, non rappresenta in questa era calcistica una meteora, ma una un prodotto calcistico ben riuscito dopo attenta e lungimirante programmazione.
E pe noi appassionati va bene così: potremo ascoltare nuovamente il Viking Thunder-Clap, il rito coinvolgente dei tifosi che battono le mani sempre più veloce ed esclamando. Magari fra qualche anno tra gli spalti ci sarà anche qualche ragazzino nato proprio in questo periodo calcistico “fortunato”.
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