«Questo è il liceo Giacomo Leopardi di Roma e io me chiamo Chicco Lazzaretto e c’ho un bel record: in cinque anni ho preso 24 materie. Sono lo studente più rimandato in Italia, insomma…
Chicco è un guascone che si sente il guru del liceo, ormai veterano il cui ruolo sociale o, meglio, la sua vocazione è fare da “chioccia” alle nuove leve, ma a modo suo: portandoli al bar, dandogli consigli su dove si trovano le classi e quali posti evitare. E quando si apre il portone che inaugura ufficialmente il nuovo anno scolastico è lui a precedere tutti, inginocchiandosi con una preghiera laica, osannando i Duran Duran e Scialpi.
E’ il prologo della fortunata serie televisiva “I ragazzi della 3ª C” , trasmessa da Italia 1 a partire dal 13 gennaio 1987. Per tre stagioni, gli adolescenti degli anni Ottanta hanno seguito le mirabolanti storie di Chicco, del belloccio e sportivo Massimo, del mammone Bruno, di Sharon la bella figlia di una ricca famiglia milanese, e così via. Scuola, amore e sport.
Calcio ovviamente e in particolare. Chicco è un tifoso sfegatato della Magggica Roma, talmente sfegatato che, in un pranzo ampolloso e “regale” con la famiglia di Sharon si ritrova a vedere una partita in televisione (Roma – Fiorentina, per l’esattezza) e a correre in bagno a ogni gol per poter esultare indisturbato senza sembrare fieramente coatto davanti al padre di lei, il commendator Camillo Zampetti interpretato, sempre alla grande, da Guido Nicheli.
Nella seconda puntata della prima serie, il fattaccio: Chicco, grazie alla sua grande cultura calcistica, viene selezionato per partecipare al programma a quiz “Superstrike”, condotto da Marco Columbro. Vince e rivince, poi arriva l’ultima fatidica domanda che lo fa crollare: qual è stata la sequenza dei rigori di Roma-Liverpool, finale di Coppa dei Campioni del 1984?
Quella giocata allo stadio Olimpico, in casa, quella che avrebbe avuto l’epilogo romantico perfetto. La tragedia romanista e dei romanisti, traditi dagli errori dal dischetto di Conti e Graziani, quella dell’arbitraggio un po’ amaro dello svedese Erik Fredriksson (che rivedremo ai Mondiali del 1986 per la “felicità” dell’Urss), ma anche delle parate dello stravagante portiere Reds, Grobbelaar. Cosa rispondere a Marco Columbro? Semplice:
Roma e Liverpool non hanno mai giocato
Via sogni di gloria, al diavolo il ricco montepremi da 120 milioni. La fede giallorossa non ha valore! Rinnega la realtà, ci prova, con amara ironia e con l’inconscia convinzione di poter riscrivere la storia. Non è da un calcio di rigore che si può giudicare un calciatore, diceva Francesco De Gregori, ma questa affermazione ha spesso vacillato. Chicco, non ci sta e rincara la dose:
Per caso questa domanda l’ha inventata lei? Essendo lei notoriamente juventino, mi era venuto il dubbio perché c’è della malizia in questa domanda. Comunque Roma e Liverpool non hanno mai giocato. Forse l’ho sognato, è stato un incubo: è stata la serata più brutta della mia vita
34 anni dopo, la storia può essere davvero riscritta?
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