Perché vai forte in salita? Per abbreviare la mia agonia
Marco Pantani era soprattutto questo. Un uomo solo, in fuga da se stesso. In fuga dal gruppo per arrivare primo in salita. Quando muore prematuramente un artista, anche della bicicletta, la retorica celebrativa trasforma la persona in mito. L’uomo in eroe. Pantani ha, invece, compiuto il percorso inverso. Per la prima volta è andato forte in discesa: ha riportato il campione a essere solo un uomo. E un uomo solo.
Marco, in piedi sui pedali da Cesenatico
Il Pirata è stato uno dei miei primi idoli d’infanzia. Amato e odiato. Catalizzatore dei miei pomeriggi di maggio, quando libri e quaderni potevano aspettare. C’era il Giro, c’era Adriano De Zan, c’era un attesa da consumare strenuamente. In attesa di un segnale, di uno scatto. Oggi tappone di montagna, tutti aspettavano lui. In casa con papà o gli appassionati sulle strade. Dice Riccardo Magrini, di Eurosport:
Un po’ come quando gioca l’Italia ai Mondiali di calcio
Il berrettino volato via, lui che si alza sui pedali. «Scatta Pantani», la voce strozzata di De Zan annunciava il momento. E’ partito. E non ce n’era per nessuno. Dall’Aprica del 1994 all’Alpe d’Huez al Galibier in un pomeriggio epico. E poi Oropa, 1999.
Scrive Gianni Mura:
Perché, come i vecchi ciclisti, in corsa faceva di testa sua, non usava il cardiofrequenzimetro e quando s’allenava dalle sue parti beveva alle fontane e mangiava pane e pecorino
Ma lui era un uomo perché il suo viso tradiva i segni del suo calvario, della sua agonia, della sua via crucis. Della sua vita sempre in salita. Dalle cadute a Madonna di Campiglio. Quel giorno la Gazzetta titolò: «Sconquasso Pantani». Io ero appena tornato da un sabato di scuola media, non sapevo manco cosa volesse dire «sconquasso» ma sapevo che il Giro non sarebbe stato lo stesso. Che il ciclismo non sarebbe stato lo stesso.
Da lì è stata una lunga vorticosa discesa. Non era un santo, forse non era il fenomeno che tutti immaginavamo in bicicletta. Non mi interessa oggi saperlo. Marco Pantani è tornato in sella ed è sceso dai pedali. Ha regalato emozioni. E’ morto in preda alla solitudine la sera di San Valentino. E quella è una ferita che non si rimargina. Perché, come Gianni Mura:
avrei preferito vederlo invecchiare, e bere un bicchiere di Sangiovese con lui, da qualche parte sulle sue colline
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