Benvenuti allo show di Adam Rippon. Bello da vedere sul ghiaccio, ha dato un senso alle interviste post-esibizione e non la manda a dire a nessuno. Nemmeno a Mike Pence, vicepresidente americano. Perché Rippon è stato il primo atleta dichiaratamente gay a essersi qualificato per i Giochi Olimpici invernali di Pyeongchang 2018, in Corea del Sud, e perché è il primo storico sportivo a stelle e strisce ufficialmente omosessuale a conquistare una medaglia, quella di bronzo conquistata dagli Usa nel Team Event.
Americano e gay, come il connazionale sciatore freestyle Gus Kenworthy, qualificatosi due settimane dopo di lui, ma che a un’Olimpiade c’era già stato, nel 2014 a Sochi, vincendo l’argento. Entrambi, però, hanno fatto coming out nell’ottobre 2015 e, ora, tre anni dopo, lo dicono apertamente: è stato l’atto più liberatorio della loro esistenza. Rippon annuisce:
Dal momento in cui tutti hanno saputo, ho ricominciato a respirare liberamente
Qualcuno gli fa anche notare che a 28 anni, dopo due fallite qualificazioni a Vancouver 2010 e Sochi 2010, è il pattinatore più anziano al debutto nella storia dell’America dal 1936. Nathan Chen, per intenderci, suo collega e connazionale, è del 1999. Ma la saggezza scaltra di Adam è tutta qui:
In passato questa cosa forse mi avrebbe scoraggiato, ma mi ha davvero motivato perché è diverso e io amo essere diverso
Poi sul ghiaccio si lascia andare e nonostante l’etichetta di debuttante ha sorpreso più o meno tutti. Ha abbagliato il ghiaccio, conquistando il punteggio di 172,98 nella prova individuale maschile che inizialmente lo ha portato al secondo posto prima di scendere in terza posizione. Johnny Weir, ex olimpionico e opinionista sul canale americano NBC l’ha definito “magnifico”, “da incantesimo” trovando approvazione anche nell’ex pattinatrice Tara Lipinsky che ha ammesso di aver avuto i brividi. E poi Rippon sa essere spavaldo e sincero anche lontano dalla pista, trasmettendo una genuina empatia anche quando i giornalisti fanno domande di rito e un po’ banali. Lui ricorda la delusione, quattro anni fa, quando mancò la qualificazione, era con la sua amica e collega, Mirai Nagasu, e trangugiavano panini dalla disperazione. Ora sono entrambi sotto i riflettori mondiali, da tirare i pizzicotti per quanto sia fantastico e quasi inimmaginabile:
Quattro anni fa, io e Mirai siamo andati da In-N-Out (catena di fast food americana), abbiamo preso da mangiare, siamo tornati nella sua casa, siamo saliti sul tetto e abbiamo iniziato a mangiare e a mangiare perché eravamo tanto dispiaciuti e amareggiati per non essere alle Olimpiadi. Ma l’Olimpiade sa essere magica perché siamo qui, entrambi, e siamo anche compagni di camera nel ritiro. Le ho detto “eccoci qui, ce l’abbiamo fatta” e ci siamo abbracciati. E’ fantastico
Un post condiviso da Adam Rippon (@adaripp) in data:
Di gesti liberatori, Adam ne ha compiuti parecchi. L’ultimo è uno schiaffo all’istituzione statunitense. Mike Pence è il capo della delegazione degli Stati Uniti in Corea del Sud, come detto è vicepresidente di Trump alla Casa Bianca ed è accusato di posizioni anti-gay, di aver ostacolato la comunità Lgtb e di aver sostenuto la validità della terapia di recupero per gli omosessuali.
Rippon ha rifiutato di incontrarlo e ha detto che non cambierebbe strada per salutare un uomo che si è battuto per sostenere la teoria secondo la quale i gay sono malati.
E se Pence ha scritto un tweet personale rivolto al pattinatore, dicendo di non credere alle fake news, Rippon si dimostra vincente anche lontano dal ghiaccio, glissando e dimostrando tanta, tantissima autoironia:
Un atleta gay non ha nulla di diverso da un atleta eterosessuale. La passione, la dedizione, il sacrificio e gli allenamenti sono esattamente gli stessi. Tutto uguale, insomma, tranne che noi abbiamo le sopracciglia molto più belle
Insomma, il sipario sul Rippon’s show si è appena alzato.
Comments are closed.