Calcio

E quante altre volte, Mondonico, alzerai ancora la sedia in segno di protesta?

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Il mondo del calcio è di nuovo in lutto: dopo la recente quanto sconvolgente morte del calciatore Davide Astori che si è spento nel sonno, ora è la volta di un allenatore, Emiliano Mondonico, amato da tutti per il suo modo schietto e spontaneo di rapportarsi con gli altri. 

L’allenatore “pane e salame”, così chiamato perché cresciuto imparando a giocare a pallone all’interno di un oratorio, era semplice, sincero e molto determinato. Comincia la sua carriera da calciatore quasi in sordina, militando nelle squadre di Cremonese, Torino, Monza e Atalanta. Siamo negli anni ‘70 e le sue qualità in campo si fanno subito notare. Quando decide di smettere di giocare non se la sente di abbandonare il calcio completamente e cambia solamente il ruolo in campo. Da calciatore ad allenatore, e comincia questa sua avventura proprio allenando quella Cremonese con la quale tutto è iniziato.

Da quel momento ha inizio per Mondonico un percorso ricco di successi, che lo vede prima allenare la Cremonese nella stagione dal 1981 al 1985, anno in cui intraprese l’esperienza di ct del Como e poi dell’Atalanta, ripresa poi nel 1994/95. Poi fu la volta di Torino e infine la memorabile panchina con la Fiorentina, nel 2003/2004, riuscendo a riportare in serie A anche la squadra viola.

Quel suo siparietto in Coppa Uefa è l’aneddoto che lo accompagnerà per sempre, tra un sorriso e una lacrima, per aver portato anche in Europa la sua autentica schiettezza, che in quel caso gli costò la squalifica di una settimana. Era la partita Torino-Ajax, la finale del 1992 giocata ad Amsterdam, e verso il termine del match le due squadre stavano a 0-0. Un pareggio che per il Mister non era giusto, per colpa di quell’arbitro che non assegnò il rigore a favore della sua squadra.

Mondonico allora fece quel gesto che tutti oggi ricordano: alzare la sedia in cielo in segno di protesta. 

 

Un episodio che non ha avuto alcun effetto negativo sulla sua carriera di commissario tecnico. Anzi, poco tempo dopo fu osannato per aver accompagnato proprio il Torino alla vittoria della Coppa Italia, che sconfisse in finale la Roma.

Anni di gloria che furono poi bruscamente interrotti da un malore circa sette anni fa, periodo in cui allenava l’Albinoleffe in serie B. Le sue condizioni misero in luce un tumore, contro il quale cominciò la partita più difficile della sua vita.

Ecco cosa diceva del suo male, dopo aver subito un intervento:

Ho conosciuto un avversario particolare in corso d’opera, ma non posso ancora dire di averlo sconfitto.

E queste le sue parole proprio qualche mese fa:

Ci sono trenta possibilità su cento che la Bestia ritorni. Il calcio mi dà la forza di per continuare la sfida

E quella bestia è tornata davvero e se l’è portato via a pochi giorni dal suo 71esimo compleanno. Adesso, con voce univoca, si esprime il cordoglio dei membri del mondo del calcio, dalle squadre che ha allenato e portato alla gloria, ai compagni d’avventura che hanno condiviso con lui gioie e dolori. 

E tra le parole di commiato per la famiglia da parte di amici e colleghi, piace a tutti ricordarlo come colui che si batteva per le ingiustizie in campo, amava il pallone in modo incondizionato e seguiva con passione i Rolling Stones, per ascoltare i quali era anche capace di farsi squalificare quando ancora non aveva appeso le scarpe al chiodo. 

Laureata in materie umanistiche ha fatto della sua passione per la scrittura e il giornalismo un vero lavoro a cui si dedica a tempo pieno. Vive in Sicilia ma gira il mondo coi suoi pezzi che trattano di tutto e di tutti, con particolare attenzione per l'affascinante mondo dello sport.

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