Calcio

Ad Amburgo, l’orologio della storia si è fermato

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E’ stato un lungo accanimento terapeutico. L’Amburgo, pressato da quel ticchettio digitale ingombrante, alla fine ha è rimasto schiacciato dal troppo peso storico. E’ stata un’agonia rimandata troppe volte nelle ultime quattro stagioni: salvati per il rotto della cuffia con la speranza di poter ripartire dall’anno nuovo. Una speranza vana.

Dopo 55 anni di partecipazione ininterrotta in Bundesliga, scandita proprio da quell’orologio all’interno Volksparkstadion, la squadra anseatica crolla e per la prima volta e riparte dalla ZweiteLiga, dalla seconda serie. Non era mai successo prima di oggi e, con la retrocessione dell’Hsv, la Germania perde l’ultima squadra a non essere mai retrocessa: nel massimo campionato tedesco, dalla sua nascita, l’Amburgo guardava tutti dall’alto con un tondo 55 partecipazioni su 55 edizioni. Solo il Bayern Monaco (53)  e il Werder Brema (54) hanno provato a tenere il passo.
Nessuno come l’Hamburger Sport-Verein, la società più antica in Germania con 130 anni sulla carta d’identità. Ma è un verbo ormai da declinare all’imperfetto.

Dopo cinquantaquattro anni,  261 giorni e 36 minuti, il timer installato all’inizio del nuovo secolo per esaltare questo primato, viene azzerato. Il 12 maggio 2018 l’orologio ha detto “stop”: nonostante il successo per 2-1 contro il Borussia Monchengladbach, il concomitante successo per 4-1 del Wolfsburg sul Colonia  è una sentenza amara. Finisce così un capitolo importante della storia del calcio tedesco: l’Amburgo ha infatti nel suo palmares una Coppa dei Campioni e tre Meisterschale.

I tedeschi sanno essere poco scaramantici ed è un qualità invidiabile, ma i secondi che progressivamente aumentavano e accrescevano il vanto del club hanno finito per ritorcersi contro come un anatema. E va bene così se si vuole credere nella mitologia e nella fenice che rinasce dalle sue ceneri: dal 2014, infatti, l’essenza “irretrocedibile” dell’Amburgo ha vacillato più e più volte. Due volte graziato agli spareggi contro Greuther Fürth e Karlsruhe che provenivano dalla Zweite, un anno fa vittorioso all’88’ dell’ultima giornata ai danni del Wolfsburg poi riemerso dal playout di fine maggio. E siamo arrivati alla stagione 2017-2018, dove si è ripetuto di fatto il duello che visto trionfare i Lupi mettendo fine alla storia dei veterani di Germania. Un’epopea iniziata all’alba dei tempi, nel lontano 24 agosto 1963.

Un tempo giurassico al punto che, dopo l’orologio all’interno dello stadio, nel 2003 l’Amburgo ha adottato una nuova mascotte, un dinosauro chiamato Hermann, in onore dello storico fisioterapista Hermann Rieger che ha prestato servizio al club per 26 anni prima di lasciare nel 2004. Con il numero 87, che richiama l’anno di fondazione 1887, il dinosauro si rifà all’appellativo “Dino” con il quale il club viene (veniva?) soprannominato.

Cosa ne sarà adesso? Joachim Hilke, direttore marketing del club, qualche anno fa aveva proposto di smantellare l’orologio e di mettere da parte la mascotte:

Dobbiamo concentrarci sul futuro, non sul passato. L’orologio e il dinosauro distolgono l’attenzione dai nuovi simboli. La società deve trasmettere sia all’interno che all’esterno il fatto che si guardi al futuro, certi simboli invece ci incatenano al passato

Ora le catene sono state spezzate. Le pile dell’orologio sono scariche. Il passato, questo sì, insegna: bisogna toccare il fondo, per guardarsi negli occhi e trovare le motivazioni per ripartire. Auf Wiedersehen, Hsv!

Giornalista professionista, cura “Curiosità sportive”, rubrica-memorabilia di aneddoti, storie e miti legati allo sport, riavvolgendo le lancette del tempo perché il suo cuore è ancora fermo sulla traversa dove si è stampato il rigore tirato da Di Biagio nel Mondiale del ’98.

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