Quando la diversità non è vista come un limite ma come una possibilità ecco che si assiste a storie incredibili. Così accade anche che 5 ragazzi con problemi psichiatrici riescano a diventare campioni del mondo in un torneo mondiale di calcio a 5.
Si tratta del Dream World Cup dedicato proprio ai pazienti con patologie mentali che si è disputato a Roma al PalaTiziano dal 13 al 16 maggio.
Italia contro Ucraina, Ungheria, Uruguay, Perù, Francia e infine Cile: ecco il percorso che ha condotto la squadra azzurra alla vittoria finale e alla conquista del titolo di Campioni del mondo.
Un successo che porta alto il tricolore italiano e che oggi viene osannato da più parti, non solo per aver vinto la competizione mondiale ma anche e soprattutto per aver dimostrato che sul campo siamo tutti uguali e abbiamo tutti le stesse possibilità.
Il torneo nasce proprio per questo scopo: usare lo sport come strumento di reinserimento sociale. Un’idea che ha ancora pochi anni di vita ma che ha già riscontrato un enorme consenso e ha anche ispirato iniziative importanti, come la pubblicazione di un libro e di un docufilm dal titolo Crazy for Football. Quest’ultimo ha anche vinto l’anno scorso il premio David di Donatello come “miglior documentario del 2017 e degli Uefa Foundation for Children Awards”.
Quest’anno, poi, ricade anche il 40esimo anniversario della Legge Basaglia che ha abolito i manicomi. Quale miglior modo di festeggiare se non con una vittoria?
Ma chi sono questi ragazzi così speciali che hanno vinto la loro personale lotta contro la diversità? Ognuno di loro ha una triste storia da raccontare legata a depressione, schizofrenia o disturbi bipolari.
Ruben è il capitano. Quando aveva 12 anni, in seguito ad un incidente, suo padre rimane paralizzato e da quel momento la mente del ragazzo si estranea, forse per non affrontare il dolore, causandogli depressione e difficoltà a interagire.
Luis Alberto è il portiere. Depressione e problemi con il contatto fisico sono le sue difficoltà, che però non gli hanno impedito di diventare il difensore della porta della squadra, che protegge anche con il dito lussato (com’è accaduto l’anno scorso al Mondiale!)
Christian, detto re dei palleggi, è riuscito con il suo talento naturale anche ad impressionare il nostro Francesco Totti che ha ammesso di non essere capace di fare altrettanto.
Ruggero è il giocatore che più di altri ha avuto difficoltà nell’approcciarsi al calcio a 5. Ha iniziato quasi da zero ma oggi è forte e determinato come gli altri, spinto da una gran voglia di farcela ad ogni costo.
Enrico, detto il bomber, che è entrato in squadra con la paura di approcciarsi agli altri e la tendenza all’isolamento, ora gioca in maniera disinvolta senza più paure.
Sam, nigeriano, si è integrato bene nel gruppo nonostante al suo arrivo sentiva “una gran confusione in testa”. Lo sport e la squadra lo aiutano molto a concentrarsi sul gioco e dimenticare le voci che gli risuonano dentro.
Antonio, il chiacchierone del gruppo, non ci ha pensato nemmeno per un attimo a partire quando ha sentito in tv che cercavano persone come lui per formare una squadra che avrebbe giocato a livello mondiale.
E infine Silvio, pacato e ordinato, ha deciso di combattere la sua schizofrenia con il calcio a 5 e con risultati davvero sorprendenti.
Ecco chi sono i nostri ragazzi, campioni del mondo, che già dal primo torneo erano riusciti a conquistarsi il podio con un meritato terzo posto in Giappone.
Oggi sono il simbolo di come si può affrontare la paura e le difficoltà con il gioco e lo spirito di gruppo. Ed è anche merito del loro allenatore, Enrico Zanchini, che li sprona, li incoraggia e li spinge a dare sempre il massimo.
Perché la malattia psichiatrica va affrontata con ogni mezzo, come sottolinea il medico che ha in cura i giocatori che afferma:
Nel giocare a calcio sicuramente c’è un beneficio. Questi ragazzi giocando diventano assolutamente normali. Persone che non si possono toccare perché hanno fobie qui si abbracciano, si lanciano nel fango. Un miracolo? No, semplicemente la testa anziché stare chiusa in una fobia sta aperta a fare andare il corpo e a giocare a pallone
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