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Cristina Fontanarosa

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Nessuno si è dimenticato di lei, la grande ginnasta Simone Biles, che dopo lo scandalo in seguito alle accuse di doping e le successive dichiarazioni circa una sua problematica infantile, è sparita per un po’ dalle platee che l’hanno acclamata campionessa olimpionica del 2016.

Una carriera brillante coronata dal sogno di vincere le Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016. Ma prima di questo momento che segna l’apice del suo successo, Biles ottiene diversi riconoscimenti sul suo stile e sul suo incredibile talento artistico.

I suoi più grandi successi li ottiene quando partecipa al Mondiale di Anversa nel 2013 e la sua fama si diffonde a livello internazionale per la sua prova di esercizio libero che ha delle particolarità che lo rendono unico nel suo genere.

Un doppio salto mortale con mezzo avvitamento in aria, che da quel giorno prende il nome di “the biles” in tutto l’ambiente. E da allora è un crescendo di popolarità e successi, conquistando un totale di 19 medaglie, le ultime delle quali proprio alle Olimpiadi di Rio del 2016.

Qui è premiata con ben 4 medaglie d’oro: a squadre, concorso individuale, volteggio e corpo libero. E nella stessa competizione arriva anche terza alla trave.

Gli Stati Uniti festeggiano insieme a questo grandissimo talento un risultato che non si era mai raggiunto fino a quel momento. Simone Biles riesce, infatti, anche a superare il record della grande Shannon Miller.

Ma, forse per le accuse diffamatorie di doping che l’hanno costretta a svelare un particolare drammatico della sua vita della quale non si sapeva nulla o forse per un’eccessiva stanchezza, Simone Biles ha deciso di prendersi una pausa lunga un anno intero.

Ha preferito dedicarsi a se stessa e al suo volto pubblico.

Così il grande astro ha smesso di brillare nella ginnastica per tutto questo tempo. Ma non si è allontanata dai riflettori e abbiamo avuto modo di vederla partecipare a trasmissioni importanti come “Dancing With The Stars”, ha preso parte a varie interviste e ha addirittura scritto un libro biografico.

Ma, oggi, sembra che questa pausa artistica sia volta al termine e prestissimo la rivedremo allenarsi nuovamente e gareggiare a livello internazionale. L’obiettivo sembrano essere proprio le Olimpiadi di Tokyo del 2020.

La notizia del suo rientro in pista è confermata dalla stessa atleta dopo le voci che nei mesi hanno cominciato a girare sul suo presento ritorno. Ci sono ancora tanti misteri intorno a questo ritorno, come il nome del suo allenatore che non è ancora stato annunciato.

Tra le gioie dei suoi successi e un’infanzia difficile, la ginnasta più premiata di sempre non ha mai perso la grinta e la determinazione che le hanno permesso oggi di tornare ad allenarsi, più decisa che mai di guadagnarsi ancora una volta il titolo di campionessa.

Lo abbiamo visto giocare la sua ultima partita qualche giorno fa, quando la sua nazionale si è scontrata con la Svezia nelle qualificazioni ai Mondiali di Russia 2018.

Oggi, Arjen Robben confessa che non lo vedremo più in campo con l’Olanda a portare la sua squadra del cuore alla gloria, perché ha ufficializzato il suo ritiro. Chissà che non abbia influito anche l’eliminazione dell’Olanda ai Mondiali. Purtroppo, infatti, nonostante la grande doppietta del calciatore, la nazionale olandese rimarrà a casa nel 2018.

Robben giustifica così il suo ritiro:

L’uomo di cristallo è durato a lungo. Ho riflettuto molto su questo momento che adesso è arrivato. Ho 33 anni e gioco in uno dei club più grandi d’Europa, devo prendere certe decisioni per andare avanti, ma credo che sia il momento giusto per passare il testimone

Un’amara decisione che lascia increduli i suoi compagni, il tecnico della squadra e i suoi innumerevoli fan.

Robben ha una carriera da vero fuoriclasse. Campione indiscusso del Bayern Monaco, ha preso parte con la nazionale del suo paese a diverse competizioni per circa 14 anni, dando sempre prova del suo talento e della sua passione per il calcio. 

La carriera dell’Uomo di cristallo

Il suo esordio negli Orange risale al 2003, durante una partita amichevole disputata contro il Portogallo. Ma per vederlo in azione e segnare il suo primo gol con la maglia arancione bisogna aspettare un anno. Nel 2004 agli Europei, ha centrato una delle 5 reti che l’hanno vista trionfare nella partita di qualificazione contro la Moldavia.

Altre importanti reti hanno fatto esultare la sua nazionale durante i Mondiali successivi, a partire dal 2006. La sua partecipazione ha dato una svolta all’Olanda soprattutto nelle competizioni del 2010 e del 2014, gli anni che il calciatore ricorda come “i più belli e indimenticabili”.

Nel 2010 conduce la sua squadra e il suo paese fino alle finali, dove purtroppo la Spagna viene poi incoronata campione del mondo in Sudafrica.

Nel 2014, durante i Mondiali in Brasile, riesce ancora a farsi notare per le sue doppiette proprio contro la squadra spagnola che l’ha battuta nel mondiale precedente, segnando un momento di grande rivincita per tutto il suo paese. Nessuna coppa del mondo neanche in quell’occasione, ma un grande trionfo per l’Olanda che si qualifica al terzo posto.

Da allora “l’uomo di cristallo” ci ha ancora regalato momenti di gioco davvero importanti. Purtroppo però la sua nazionale non può festeggiare l’ingresso né agli europei del 2016 e nemmeno nei prossimi mondiali che avranno luogo in Russia nel 2018.

E così Robben decide che è proprio questo il momento giusto di salutare la sua amata nazionale. Si lascia alle spalle una sfilza di risultati eccezionali coronati da ben 37 reti dal 2003 al 2017, di cui 6 gol messi a segno nei Mondiali dove l’Olanda ha superato le qualificazioni e si fatta largo fra le squadre più forti per vincere il titolo di campione del mondo.

Godiamoci, quindi, la sua ultima doppietta in maglia arancione, realizzata proprio nell’ultima partita di qualificazione conclusa qualche giorno fa contro la Svezia.

https://youtu.be/nSdpSc3gw-U

https://youtu.be/zyvevuQWpUI

Non è passato nemmeno un mese da quando è scoppiato il contrasto aperto tra il presidente americano Donald Trump e i membri di alcuni sport, a causa delle discordanze legate all’inno nazionale.

Tutto è nato quando per difendere delle minoranze etniche i giocatori del basket con l’Nba, del football con la Nfl e del baseball con la Mlb hanno deciso di inginocchiarsi durante l’inno. Uno dei primi a schierarsi era stato un ex giocatore, Colin Kaepernick, ed era appoggiato completamente anche da Roger Goodell, il commissario della Nfl.

Anzi, dalle sue stesse parole si leggeva una nota di rimprovero nei confronti del presidente d’America che tendeva a creare divisioni all’interno dello sport.

Infatti, durissima è stata la reazione del presidente contro queste manifestazioni sovversive che lui stesso ha giudicato irrispettose verso il paese. Le sue parole sono state molto chiare e decise e addirittura è arrivato ad invitare gli allenatori a licenziare i dissidenti.

Una polemica che ha assunto contorni sempre più sgradevoli con botta e risposta tra le autorità americane e alcuni team sportivi, coinvolgendo intere squadre, pronte ad inginocchiarsi ad ogni inizio partita.

Ad oggi cos’è cambiato? La Nfl ha ritrattato la sua posizione a favore dei giocatori che protestavano e ha iniziato ad appoggiare Trump.

Ecco le dichiarazioni di Goodell:

Come molti dei nostri fan, crediamo che tutti dovrebbero stare in piedi per l’inno nazionale. È un momento importante delle nostre partite – Vogliamo onorare la nostra bandiera e il nostro Paese, e i nostri tifosi se lo aspettano da noi

La notizia fa subito scalpore. Nessuno si aspettava questo cambio di rotta repentino, che, invece, è stato accolto da Trump con grande soddisfazione.

Probabilmente il commissario della Nfl ha deciso di sedare le polemiche che stavano diventando sempre più forti raggiungendo il culmine qualche giorno fa, quando il vicepresidente Mike Pence ha deciso di non rimanere nel campo di Indianapolis a causa del comportamento di molti giocatori che ancora una volta si sono messi in ginocchio mentre veniva suonato l’inno nazionale.

Sulla stessa scia, anche Jarry Jones, il proprietario del Dallas, ha minacciato la sua squadra di non fare giocare chi decideva di protestare in quel modo mancando di rispetto all’intera nazione di appartenenza. Comportamento alquanto strano visto che proprio qualche settimana fa era il primo ad inginocchiarsi in mezzo agli altri!

Sembra, quindi, che la questione stia finalmente trovando una soluzione che sicuramente non accontenta tutti ma fa felice il presidente Trump, che si è rasserenato e ha espresso i suoi elogi verso chi lo sta finalmente appoggiando in questo frangente:

Un grande plauso a Jerry Jones, proprietario dei Dallas Cowboys, che metterà in panchina chi non rispetta la nostra bandiera. In piedi all’inno o seduti in partita!

Anche stavolta Trump riesce ad assoggettare al suo volere anche chi, per amore dello sport o per paura di ritorsioni, si era messo contro di lui. Resta il fatto che nonostante sia in parte stato assecondato in questa questione dell’inno nazionale, in molti continuano a pensare che sia comunque giusto far sentire la propria voce contro le ingiustizie, in un modo o nell’altro. 

 

Il danno e la beffa per il Cile, che torna a casa dopo i gironi di qualificazione e deve dire addio ai Mondiali del 2018 in Russia.

Ma cosa rende questa sconfitta ancora più bruciante? Per capirlo dobbiamo tornare indietro di un anno.

Siamo nel 2016 e il Cile si accorge che c’è una scorrettezza in atto da parte della Bolivia, che decide di schierare Nelson Cabrera sia nella partita con il Perù che in quella contro la propria squadra. Ma il giocatore, nato nel Paraguay, non ha tutte le carte in regola per schierarsi con la nazionale boliviana.

Vi ricordate la questione che si è scaturita dopo quella irregolarità? Anche noi della redazione di Mondiali.it ne avevamo parlato, quando ancora non si conoscevano né gli esiti del ricorso né le conseguenze che avrebbe avuto.

(Puoi guardare l’articolo a questo link)

Il Cile decide di fare ricorso, e così anche il Perù: vincono la questione, ottenendo la vittoria a tavolino per 3-0.

Ma a volte il destino è beffardo e adesso la squadra cilena si ritrova a rimpiangere amaramente quel ricorso vinto perché ha decretato la sua fine al Mondiale 2018.

Infatti, guardando la classifica sono propri i punti ottenuti dal Perù in quel ricorso a decidere le sorti del Cile.

Entrambe le nazionali chiudono il girone con 26 punti ma la differenza di reti porta il Perù ai play-off e il Cile direttamente a casa! E come se non bastasse il Cile è costretto anche a dover sentire la replica immediata di Cabrera, oggetto del ricorso, che così si esprime sui social:

Dios sabe lo que hace y sus tiempos son perfectos

…che tradotto in italiano vuol dire: “Dio sa quello che fa e i suoi tempi sono perfetti.”

Insomma, se quel giorno il Cile avesse deciso di chiudere un occhio ed evitare il ricorso, oggi la situazione sarebbe molto diversa. Anche se non avrebbe guadagnato quei due punti avuti grazie alla vittoria a tavolino, non avrebbe aiutato il Perù ad acquistare i tre punti decisivi che lo hanno portato dritto agli spareggi. Ora nel cartellone dei play-off ci sarebbe il nome della sua squadra e non di quella peruviana.

Certo, era difficile da prevedere che la situazione avesse cambiato rotta in questo modo inaspettato e anche danneggiato l’eventuale partecipazione al mondiale. Ma sembra proprio che il Cile non abbia ancora imparato la lezione e ci riprova.

Dopo la sua eliminazione eccolo nuovamente a fare polemica ed accusare le altre nazionali perché ritiene di essere stato danneggiato anche dai complotti contro la sua squadra. Gli imbrogli riguardano le misteriose frasi che Falcao, con la mano davanti alla bocca, ha sussurrato agli avversari nella partita Perù contro Colombia. Si accusano le due nazionali di aver fatto il cosiddetto “biscotto” che, oltre che a garantire dei vantaggi alle due squadre, avrebbe portato all’eliminazione del Cile.

Purtroppo, in un modo o nell’altro, il Cile non esce vincitore da queste polemiche e incrementare sospetti e nuove questioni ormai non può cambiare le sue sorti nel prossimo mondiale.

I Mondiali di Russia 2018 rappresentano un obiettivo troppo importante per restarne fuori e secondo alcune voci, pare che alcune squadre avrebbero tentato ogni sorta di stratagemma per passare le qualificazioni.

Le polemiche che si stanno diffondendo in questi giorni riguardano il girone del Sudamerica che tra misteriosi biscotti, tentativi di corruzione e anche usando l’arma della seduzione si siano giocati tutte le carte per volare direttamente in Russia.

Ma partiamo da alcune immagini e video che impazzano sul web e immortalano Falcao intento a parlare misteriosamente con gli avversari. In tanti si chiedono quale poteva essere il motivo di questi scambi di parola durante un incontro decisivo! Ecco che comincia ad aleggiare il sospetto di biscotto fra le due squadre in questione: Perù-Colombia.

La partita si conclude 1-1 ed è inevitabile chiedersi se i sospetti siano fondati o meno. Con questo risultato le due squadre hanno ottenuto un obiettivo comune, l’uscita del Cile dal mondiale, e prese singolarmente, il Perù arriva ai play-off mentre per la Colombia è accesso diretto in Russia.

Le motivazioni alla base del biscotto e il poco impegno dei giocatori, soprattutto negli ultimi minuti della partita, sembrano confermare che più di una calunnia di parla di un sospetto fondato.

E non è l’unico stratagemma in atto tra le squadre sudamericane: si parla addirittura di valigette piene di soldi che sono state viste girare intorno al team dell’Ecuador, che si apprestava a confrontarsi con l’Argentina. Sembra che qualcuno volesse far fuori dai Mondiali la squadra di Messi e avrebbe incitato con il denaro i giocatori avversari per spingerli a dare il massimo.

Qualunque sia la verità queste valigette non avrebbero potuto fare molto contro una squadra che già dai primi minuti era in vantaggio e che aveva già prenotato il volo per la Russia.

Ovviamente l’Ecuador smentisce ogni complotto contro la squadra avversaria, anche se ogni eventuale coinvolgimento, alla luce dei fatti, sarebbe ormai una questione inutile da affrontare.

Tra valigette e biscotti si arriva anche a calunniare il Paraguay di tentata prostituzione ai danni del Venezuela. Le due squadre si dovevano affrontare per l’ultima partita decisiva il giorno seguente, ma nella notte, in hotel pare si aggirassero delle belle donne intente a farsi notare per intrattenere i giocatori venezuelani.

Un obiettivo non riuscito, a detta del tecnico della squadra, perché i suoi giocatori sono persone serie, impassibili al fascino delle donne per rimanere concentrati in vista del match.

Calunnie o imbrogli? Accuse e scandali ruotano attorno a questo ultimo giorno di qualificazioni ma non servono a cambiare la formazione dei paesi che nel 2018 si giocheranno il titolo di campioni del mondo.

Il Cile è fuori, l’Argentina, il Brasile, la Colombia e l’Uruguay sono ai Mondiali e per il Perù si attendono i play-off.

Qualsiasi stratagemma, ormai, non serve più a nulla e ci auguriamo che in Russia, nel 2018, ci sia più gioco e meno polemiche, da parte di tutte le squadre. 

Massimiliano Rosolino, vincitore alle olimpiadi di Sydney del 2000, torna a far parlare di sé per un’altra sua grande avventura sportiva. Stavolta lo vediamo cimentarsi nella disciplina del triathlon.

Il campione, con la passione dello sport, non riesce proprio a rimanere a casa e da circa un anno ha scoperto di volersi dedicare a questa nuova e complessa attività che lo ha visto per la prima volta gareggiare ieri a livello agonistico.

Il triathlon è uno sport multidisciplinare che comprende un percorso da fare a nuoto, in bici e di corsa. Impegnativo e faticoso, richiede il dispendio di tante energie e un duro allenamento.

Rosolino ci ha dato prova nei suoi anni da nuotatore della sua grande determinazione e grinta e la nuova sfida ne è la prova più evidente. Ancora una volta vuole superare i suoi limiti ed essere il migliore.

La gara di Santa Marinella è un buon inizio. Anche se non riesce a qualificarsi nei primi posti dimostra di essere un grande che ha ancora tanto da offrire allo sport e a se stesso.

Una vita da campione

Massimiliano Rosolino è stato un grandissimo nuotatore: inizia la sua carriera nel 1994 e da allora ha collezionato un successo dopo l’altro.

Vincitore di 14 premi a livello europeo, con 60 medaglie che coronano il suo passato da leader nel nuoto nelle varie specialità, è anche campione olimpico che ha fissato un nuovo record mondiale nel 2000.

Ai giochi olimpici di Sydney (2000) ha vinto un oro nei 200 metri, un argento nei 400 metri, e un bronzo nei 200 metri.

Ma non è finita: Rosolino ha riscosso successo e aggiunto trofei su trofei fino al 2009, e solo nel 2012, annuncia di non partecipare alle successive olimpiadi. Comincia per lui un periodo di pausa che alcuni interpretano come un addio allo sport da parte del grande atleta.

Ma rieccolo oggi, più in forma che mai, a rimettersi in gioco in modo del tutto inaspettato. E così inizia la sua avventura nel triathlon, che ieri lo ha visto percorrere ben 750 metri a nuoto, 19.6 chilometri con la bicicletta e, per finire, correre per 4.8 chilometri.

Si guadagna con la sua performances una posizione al 42esimo posto, facendosi largo tra 280 partecipanti alla gara. Ecco i suoi tempi: 9’30” nel nuoto, 32’03” in bicicletta e 22’28” nella corsa.

Un ottimo risultato visto che per lui il triathlon rappresenta una grande novità. Siamo certi, però, che la strada è tracciata e Massimiliano Rosolino sarà in grado di regalare altre emozioni e altri successi. Lo sport è parte della sua vita e il campione olimpico non è affatto un tipo che si accontenta di risultati accettabili.

Lui ha sempre puntato al massimo e risultare il primo della classe è sempre stato uno dei suoi obiettivi! La sua seconda vita, come alcuni definiscono questa nuova esperienza, è appena cominciata ma nel suo futuro si intravede la speranza e la voglia di partecipare alle olimpiadi di Triathlon, per vincere ancora ed aggiungere un altro tassello alla sua vita da campione.

 

La giornata di qualificazioni al mondiale di ieri, tra uscite clamorose ed esordi sorprendenti, ha segnato un altro passo nella formazione delle squadre che accedono alla competizione.

Ed esulta per la prima volta il Panama, che si guadagna l’accesso ai Mondiali di calcio di Russia 2018 senza nemmeno passare per i play-off. Un sogno che diventa realtà per questo paese del Nord America, che, dopo il flop con gli Usa che l’ha vista perdere 4-0, pensava già di rimanere a casa.

Poi il colpo di scena: gli Stati Uniti escono clamorosamente per aver perso contro il Trinidad&Tobago per 2-1 e regalano la via d’accesso ai mondiali al Panama.

Nel girone di qualificazione, accanto a Messico e Costa Rica, troviamo al suo esordio proprio Panama, che grazie alla vittoria di ieri sera vola direttamente in Russia, diversamente dall’Honduras che si gioca la sua partecipazione agli spareggi.

Una partita, quella appena conclusa, che ha visto trionfare questa squadra su cui nessuno avrebbe puntato. E anche nella prima parte del match l’esito sembrava già stato deciso con il vantaggio della squadra avversaria, la Costa Rica. Ma ecco che a sorpresa il Panama riesce a stravolgere le carte in tavola e fare una rimonta che ha spiazzato tutti, compresi gli avversari.

È il gol di Roman Torres, negli ultimi minuti della partita, che fa esplodere lo stadio e si guadagna il biglietto diretto per i Mondiali del 2018. Tra la sorpresa dei tifosi e la gioia quasi incontenibile del team, Panama si conferma la rivelazione di queste qualificazioni ai Mondiali, insieme all’Islanda.

Il panama entra nella storia

Ma chi è questa squadra che sta realizzando la sua favola? Panama insegue il sogno di partecipare ai Mondiali dal lontano 1930. E adesso finalmente, dopo tanti sacrifici, entra nella storia e gioca accanto alle più grandi potenze calcistiche del mondo.

Un paese scoperto quasi per caso durante uno dei viaggi di Cristoforo Colombo nel 1504. Nel corso della sua storia ha assunto un’importanza decisiva a livello commerciale per la costruzione del canale di Panama. Scosso da sempre dai conflitti legati agli interessi politici e posto al confine tra due continenti, ancora oggi presenta un mix di culture differenti.

L’immigrazione che da sempre la caratterizza ha portato alla formazione di etnie variegate, con una popolazione con origini jamaicane, africane, europee e americane.

Ma la cosa sicuramente più strana e al contempo più affascinante è che il calcio fino a poco tempo fa era addirittura considerato uno sport secondario. Lo sport nazionale era, infatti, il baseball.

Il talento e la determinazione in campo di calciatori come gli attaccanti Rommel Fernández e Julio Dely Valdés hanno destato l’interesse per questo sport che oggi sta regalando la gioia più grande a tutto il paese, con l’accesso al Mondiale di Russia 2018.

Quando si parla di Panama come squadra nazionale si pensa subito all’eroe della partita decisiva di ieri, Roman Torres. Ma brillano anche i nomi di Blas Pérez, Gabriel Torres e Harold Cummings. Sono tutti giocatori che danno il massimo in campo e che vogliono dimostrare a chi nutre delle perplessità sulla loro partecipazione al mondiale, che possono farcela e meritano quel posto tra i big.

Ormai è ufficiale: anche Kakà sta pensando di ritirarsi dal mondo del calcio. Un altro grande che lascia il campo in modo del tutto inaspettato lasciando un po’ di amarezza nei suoi più accaniti sostenitori.

Dopo il recente annuncio di Andrea Pirlo, che da dicembre appenderà le scarpette al chiodo, anche il calciatore brasiliano sembra quindi essere sul punto di mollare. Anche le sue sono motivazioni di carattere fisico che lo spingono ad un ritiro anticipato.

Si esprime così durante un’intervista recente:

Non provo più piacere a giocare a calcio e in più sento dolore ogni volta che finisco una partita. Il mio corpo ne risente molto. Ho 35 anni ed è sempre molto dura recuperare dai problemi fisici e sento che sta arrivando il momento di dire basta

Le sue parole non lasciano alcun dubbio sulle sue intenzioni ma c’è ancora chi spera in un ripensamento per vederlo giocare ancora e regalare al calcio un’altra delle sue celebri doppiette.

una vita da campione

Ricardo Izecson dos Santos Leite, in arte Kakà, non ha bisogno di presentazioni. Nella sua carriera calcistica ha fatto sognare i tifosi con la maglia del Milan conquistando 1 Scudetto, 1 Supercoppa Italiana, 1 Champions League, 1 Mondiale per club e 2 Supercoppe europee.

A partire dal 2009 ha lasciato la squadra rossonera per regalare al Real Madrid la gioia di vincere una Coppa di Spagna, un campionato spagnolo e una Supercoppa spagnola.

Poi il ritorno al Milan e al San Paolo, squadra che l’ha visto esordire come grande calciatore, per stazionare dal 2015 ad oggi nell’Orlando City.

Ma Kakà è riuscito anche a vincere il pallone d’oro nel 2007, riuscendo a battere con i suoi 444 voti anche gli altri pretendenti del calibro di Cristiano Ronaldo e Lionel Messi.

Come dimenticare, poi, la sua partecipazione ai mondiali con la nazionale brasiliana? Ben tre convocazioni lo hanno visto giocare da titolare nei Mondiali del 2002, 2006 e 2010. E proprio nel Mondiale di Corea del Sud-Giappone 2002 ha potuto trionfare coi suoi compagni di squadra e innalzare la coppa del mondo.

Insomma, un calciatore che con le sue innumerevoli reti e il suo carisma in campo è capace di stravolgere le sorti di una partita. Non è facile accettare che un talento come il suo sia costretto a mettersi da parte da una stanchezza fisica che gli ha spento la voglia di giocare.

Ma Kakà non pensa al ritiro come ad un addio al mondo calcistico, ma lascia intendere che forse per lui si apriranno altre strade che lo vedranno ancora protagonista anche se in veste diversa. Il calciatore brasiliano guarda con ammirazione alla scelta di Zidane che ha continuato a dare il suo contributo da allenatore.

Mi piacerebbe fare come ha fatto Zidane, è stata una buona idea: ha smesso di giocare, si è preso del tempo per sé, ha capito che gli piaceva allenare e ha cominciato a fare la gavetta nel settore giovanile. Potrei fare anch’io come lui.

Nel frattempo il proprietario del club statunitense non ha intenzione di lasciarlo andare via senza lottare e proprio in questi giorni lo sta tentando con un’offerta che il calciatore sta valutando. Sapremo presto se lo vedremo ancora sfrecciare sul campo o incitare dalla panchina i futuri campioni del mondo.

Da qualche giorno il mondo dello sport sta assistendo ad uno scontro verbale tra due grandi del nuoto, Federica Pellegrini e Gregorio Paltrinieri.

Al centro della discussione, che ha preso vita con botta e risposta per mezzo dei social, c’è un premio di grande valore che prende il nome di “Premio Alberto Castagnetti 2017”. Si tratta di un tributo rivolto al grande allenatore di nuoto scomparso che premia il miglior tecnico di tutto l’anno.

Quest’anno la giuria ha decretato vincitore Stefano Morini, attuale allenatore di Paltrinieri, che a giorni dovrà riscuotere l’onorificenza.

Ma alla Pellegrini questa decisione non è andata proprio giù! La nuotatrice veneta, che si sente chiamata in causa perché Castagnetti è stato anche il suo allenatore, non ritiene corretta l’assegnazione del premio, non per mancanza di meriti da parte del tecnico ma perché convinta che il suo attuale allenatore Matteo Giunta sia sicuramente più degno. I risultati parlano chiaro e le medaglie d’oro vinte dalla stessa Pellegrini durante l’anno ne sono la testimonianza più evidente.

E si esprime così sui social:

Mi dispiace un sacco che questo premio non vada a te Matteo che sei riuscito in quest’impresa e oltretutto hai fatto migliorare di un secondo e mezzo Luca Pizzini. Ora abbiamo la certezza di come funzionano queste votazioni!! Va bene ci sta!! Ma per me e per il tuo gruppo SEI TU L’ALLENATORE DELL’ANNO!! COMPLIMENTI MATTE!

Il suo pensiero è chiaro e non può passare inosservato nell’ambiente e soprattutto all’interno del team del neo premiato. A replicare alla Pellegrini è proprio un suo eletto, Gregorio Paltrinieri, che prontamente esprime il suo dissenso con una strenua difesa del tecnico. Ecco alcune delle sue frasi:

È un premio federale, non l’Oscar. Capisco il desiderio di sostenere gli indubbi meriti del proprio tecnico, ma non lo si deve fare screditando il lavoro degli altri. Il Moro quest’anno con i suoi atleti ha vinto quattro medaglie mondiali. Punto. Ma di che cosa stiamo a parlare?

Da questo momento la discussione si accende e assume toni anche esagerati, arrivando a toccare livelli piuttosto squallidi. Un post di Tommaso Morini fa, infatti, infuriare la Pellegrini e si arriva alle minacce di querela.

Pare che il giovane sostenitore di Morini, figlio del il tecnico, abbia lanciato offese sessiste alla campionessa mondiale e animato una discussione che poteva facilmente essere chiusa dopo lo scambio d’opinioni.

E adesso come procederà questa disputa? Purtroppo non sono bastate le scuse del ragazzo per placare gli animi e inevitabilmente la questione è arrivata al cospetto della Federnuoto che, insieme a Cesare Butini, direttore tecnico della Nazionale, ha deciso di aprire un’inchiesta.

Queste le parole dure di Butini:

Tommaso Morini ha rivolto offese pesanti a Federica Pellegrini e ne risponderà lui in prima persona. Sia davanti alla giustizia federale, perché lui è un tesserato, sia a quella ordinaria se Federica riterrà di querelarlo. E’ nelle sue facoltà e fa bene. Noi saremo intransigenti e vogliamo salvaguardare il buon nome della Federazione in primis e poi degli atleti.

Nell’interesse dello sport e della buona immagine della Nazionale italiana di nuoto si vuole mettere in questo modo la parola fine ad una discussione sterile, che nasce proprio da un premio volto a esaltare la bellezza e il valore del nuoto e dei suoi rappresentanti e non ad infangarlo.

Cauta, riflessiva e fiduciosa: ecco come si presenta Vanessa Ferrari il giorno dopo il grave infortunio che l’ha vista protagonista nella finale di corpo libero dei Mondiali di ginnastica artistica 2017.

Ormai non ci sono più dubbi circa il suo stato di salute: il tendine d’Achille è rotto, di nuovo. Proprio come un anno fa la ginnasta è costretta a rivivere l’incubo dell’intervento chirurgico e l’attesa di un lento recupero per riprendere le forze e, chissà, forse tornare pure in pista.

Ed è questo di cui si discute in tutto il mondo sin da quel momento in cui è caduta nello stadio di Montreal, vedendo sfumare tutti i suoi sogni.

In molti la danno per “finita” e ritengono che le sue condizioni non gli permetteranno più di gareggiare come ginnasta.

Ma è davvero così? Lei non ci sta e ci tiene a far sapere al mondo che è lei e soltanto lei l’artefice della sua vita e non spetta agli altri decidere se ci sarà un seguito nella sua carriera oppure no.

In un’intervista della FIG (Federazione Ginnastica Italia) lei ribadisce di non sapere cosa succederà. Concentrandosi solo su un passo per volta si appresta a vivere questo nuovo e necessario intervento chirurgico e poi il resto si vedrà.

Sguardo serio e occhi tristi, Vanessa Ferrari non si sbilancia sul futuro, anche se lascia intendere che l’ultimo dei suoi pensieri è lasciare la ginnastica artistica. Forse non tornerà a gareggiare ma si occuperà di allenare le giovani atlete, ma una cosa è certa: sentiremo ancora molto parlare di lei!

Per tutta la durata dell’intervista le è accanto l’altra connazionale protagonista di questi mondiali, Lara Mori, che la sostiene e la accompagna in questa difficile fase che la ginnasta bresciana sta per affrontare.

E a chi le chiede se nella finale ha osato troppo? La leonessa non ha dubbi e risponde di no perché il suo obiettivo era l’oro e quella diagonale impregnata di difficoltà era la chiave per accedere al podio come vincitrice del mondo. Proprio il dt Casella, infatti, le aveva detto che aveva già buone percentuali di vincere almeno il bronzo.

Ma per Vanessa Ferrari, ambiziosa e fiduciosa nelle sue capacità, non era sufficiente e ha tentato il “tutto per tutto” proprio come lei stessa ha affermato subito dopo l’infortunio. Adesso vuole pensare solo a superare questo periodo difficile e godersi una meritata vacanza. Ecco come si esprime in proposito:

Fare l’intervento in fretta: vorrei non dover usare le stampelle. Io e il mio fidanzato Simone avevamo organizzato un viaggio a Cuba per novembre. Poteva essere l’occasione per festeggiare una medaglia, invece… Chiedo solo di poterci andare con le mie gambe. Mi accontento

Non le mancano certo né il sostegno dei fan né delle persone che le vogliono bene e l’aiuteranno a risorgere ancora una volta. Chi lo sa che alle olimpiadi di Tokyo 2020 non si senta ancora risuonare il suo nome tra le ginnaste partecipanti.

L’intervista a Vanessa Ferrari il giorno dopo

Ecco il video della sua intervista condotta dalla Federginnastica: