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Cristina Fontanarosa

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Se con l’avvicinarsi dei Mondiali riaffiora una certa amarezza per tutta l’Italia che non sarà presente, c’è un giocatore che porterà con sé un pezzetto della nostra bandiera e lo farà con orgoglio.

Si tratta di Alfred Gomis, calciatore di origini senegalesi che vive nel nostro paese dall’età di tre anni. Provvisto di doppia cittadinanza, ha scelto di seguire il Senegal nell’avventura mondiale e difendere la porta di quel paese di cui ha pochi ma importanti ricordi e che conserva le sue radici.

Cruciale è stato il suo ritorno in patria, che lo ha aiutato a ricordare i luoghi della sua infanzia e rivedere i suoi familiari. Un’esperienza forte, soprattutto quando ha visitato la tomba del padre morto di recente, che ha fatto scattare quel qualcosa che ha condizionato la sua decisione.

Ho scelto il Senegal per ricordare papà: quello che ha fatto per me e per i miei fratelli, tutti portieri anche loro, è stato pazzesco. Non eravamo certo benestanti e lui ha fatto sacrifici e rinunce enormi per realizzare il nostro sogno. E dire che io in porta da bambino ci sono finito controvoglia

Ma nel suo cuore c’è anche l’Italia e, durante un intervista per il Corriere della Sera, ecco cosa ha detto in proposito:

Porterò in valigia anche il tricolore, con orgoglio: mi sento italiano, per educazione e formazione, non solo sportiva. E sarò sempre grato all’Italia: sono arrivato quando avevo 3 anni, sono cresciuto prima a Cuneo e poi a Torino, l’ho girata per giocare. E quest’anno, anche se un po’ in ritardo, ho giocato la mia prima stagione in serie A, centrando una storica salvezza: meglio di qualsiasi sogno

Gomis, che milita nella Spal come portiere, nei prossimi giorni volerà in Russia per aiutare la sua nazionale a conquistare la Coppa del Mondo, perché in Senegal il calcio è considerato quasi una religione:

Sono pazzi per il calcio. È una valvola di sfogo fondamentale per tutta la comunità. Quando ci siamo qualificati per la Russia, a 16 anni dall’ultima volta, era impossibile girare per le strade, tutte intasate. Per noi non è un peso, ma una responsabilità verso la gente, quello sì

Le aspettative per la competizione mondiale ci sono ma senza mai perdere di vista l’obiettivo principale: divertirsi e giocare con il cuore. E con un pizzico di competitività che non guasta sperano di ottenere dei buoni risultati sin dalle prime partite, anche per merito dei grandi giocatori che hanno in squadra, come Koulibaly, di cui ha un’enorme stima.

Gomis, che non può non ricordare con amarezza le inquietudini del suo paese senegalese, come la schiavitù, ha sempre lottato contro i pregiudizi anche qui in Italia. Ma, ora che è considerato uno di noi, le cose sono cambiate e il calciatore ci tiene a sottolineare che gli italiani agiscono non per razzismo ma spesso per ignoranza:

Quando entro in un luogo mi guardano in un certo modo, poi quando mi sentono parlare molto bene italiano è diverso. Sicuramente l’Italia non è un Paese razzista, ma la situazione politica attuale può portare una persona comune ad aumentare i propri pregiudizi razzisti

E inevitabile a tal proposito viene affrontata anche la questione Balotelli e la sua fascia di capitano:

Per me il capitano è quello la cui parola pesa. Detto questo sono favorevole a dare la fascia a Mario. Che così sarà consapevole di rappresentare non più soltanto se stesso o un club, ma l’Italia intera

Personalità decisa e idee chiare: ecco cosa risulta evidente di Gomis da questa intervista. Lui, unico italiano che andrà al mondiale, con la voglia di vincere non solo per se stesso ma per gli schiavi neri, per suo padre e anche un po’ per il nostro paese.

È l’8 luglio 2014 e in campo si gioca la semifinale di Coppa del Mondo. Uno contro l’altro si sfidano la squadra del Brasile e quella della Germania. Un match sorprendente dove i tedeschi riescono a primeggiare sugli avversari e dare vita ad un sogno che li porta direttamente in finale, dove poi contro l’Argentina conquisteranno il quarto titolo di campioni del Mondo.

Quel 7-1 dei Mondiali di calcio del 2014, che ha sancito la vittoria della Germania, è un ricordo che ogni tedesco non dimenticherà mai e che fa rivivere momenti di grande emozione. Oggi, grazie ad un dono da parte del Brasile, ogni abitante della Germania può rievocare quell’esperienza mondiale e sognare di tornare indietro nel tempo.

Il museo della federazione tedesca a Dortmund esporrà proprio una delle porte che hanno caratterizzato quella partita. E la decisione viene proprio dal Brasile, che ha fatto questo dono alla Germania per motivi benefici. L’iniziativa, infatti, prevede che con il ricavato delle visite di tifosi e curiosi sarà creato un fondo da usare per realizzare e promuovere progetti sociali in Brasile.

Ludmila Ximenes, responsabile delle relazioni istituzionali dello stadio, ha così motivato questo regalo:

Purtroppo non possiamo cambiare la storia, ma in relazione a quella partita troviamo un modo per avvantaggiare persone provenienti da tutto il Paese con risorse raccolte in Germania che saranno destinate al 100% in progetti sociali in Brasile

Per i brasiliani quella notte del Mineirazo non è affatto uno dei ricordi più belli, ma attraverso questa iniziativa sociale possono almeno trasformare un evento poco piacevole in qualcosa di importante, per dare un senso a quella sconfitta bruciante con un progetto di solidarietà che aiuterà tante persone.

La protagonista in questione è una delle porte del Mineirão, lo stadio che ha messo in scena quella partita storica per tutta la Germania. L’altra, invece, rimarrà al Museo del Calcio di Belo Horizonte. Tutte le maglie della rete, però, saranno divise in pezzi. Per l’esattezza si parla di 8150 frammenti che poi saranno venduti agli appassionati per la cifra di 71 euro. Un prezzo non scelto a caso ma che deriva proprio dal risultato del match!

Attraverso queste vendite e le visite al museo di Dortmund, il Brasile spera di racimolare abbastanza denaro per realizzare le diverse iniziative umanitarie che ha in programma. E, mentre i brasiliani sfruttano la passione per il pallone per dare spazio a progetti sociali, i tedeschi acquistano un cimelio prezioso che rappresenta molto più che una semplice porta di calcio.

I Mondiali di Russia 2018 si fanno sempre più vicini e, ora che le liste dei convocati sono ufficiali e tutto è pronto per dare il via all’evento, è possibile fare un bilancio sui numeri del mondiale, per entrare nel vivo della competizione.

I convocati sono 736. Ben 200 di loro hanno già preso parte ad un mondiale: 186 erano in Brasile 2014, 61 in Sud Africa 2010, 21 in Germania 2006. Solo uno era presente anche in Corea/Giappone nel 2002 e si tratta di Rafa Marquez, ad un passo dalla storia, che registrerà in Russia la sua quinta partecipazione a cinque edizioni della Coppa del Mondo.

Il suo record lo porta a eguagliare due grandi del passato, il messicano Antonio Carbajal (Brasile ’50, Svizzera ’54, Svezia ’58, Chile ’62 e Inghilterra ’66) e Lothar Matthaus (Spagna ’82, Messico ’86, Italia ’90, USA ’94 e Francia ’98).

Lo stesso record è stato sfiorato da Gigi Buffon che ha ricevuto 5 convocazioni per i mondiali (Francia ’98, Giappone e Corea 2002, Germania 2006, Sudafrica 2010 e Brasile 2014), ma realmente ne ha disputati solo 4 perché nel 1998 non ha giocato nemmeno un minuto.

Convocati che giocano nel campionato nazionale

Chi, fra i convocati in Russia, gioca anche nel campionato nazionale del proprio paese? Sono i giocatori inglesi che si conquistano il primato: il 100% infatti gioca in Premiere League.

Delle altre squadre segue la Russia con 21 su 23 e l’Arabia Saudita con 20 su 23.

Solo un giocatore tra i convocati del Belgio, dell’Islanda e della Nigeria milita nel campionato nazionale, mentre nessuno per Svezia e Senegal.

Convocati che hanno già segnato almeno un gol

Nella lista dei convocati figurano alcuni nomi di giocatori che hanno già segnato un gol ai mondiali. Si tratta di 53 calciatori, tra cui spicca il nome di Thomas Muller con 10 reti, seguito da James Rodriguez che ne ha centrate 6 e poi Tim Cahill, Gonzalo Higuain, Lionel Messi e Luis Suarez con 5 gol.

Il giocatore più anziano

In questo excursus di numeri curiosi intorno a Russia 2018 non poteva mancare la categoria per il giocatore più anziano che ha mai preso parte ad un mondiale.

All’età di 45 anni e 5 mesi è il portiere dell’Egitto Essam El-Hadary ad aggiudicarsi la posizione. Un record che fa ancora più scalpore se si pensa che è addirittura più anziano di tre allenatori! Parliamo di Aliou Cisse (Senegal), Mladen Krstajic (Serbia) e Roberto Martinez (Belgio).

Con la sua convocazione è riuscito anche a superare il più anziano di sempre a giocare in Coppa del mondo che fino ad oggi era rimasto Faryd Mondragon, Colombia, con i suoi 43 anni e tre giorni.

Il giocatore più giovane

Classe 1999, Daniel Arzani è il più giovane fra i giocatori che dal 16 giugno si affronteranno ai Mondiali di Russia 2018. Per lui, 19 anni e 5 mesi, è un vero record visto che l’età media della competizione attuale è di 28 anni.

In passato il primato era stato di Femi Opabunmi (17 e due mesi) nel 2002, Theo Walcott (17 anni e tre mesi) nel 2006, Christian Eriksen (18 anni e 4 mesi) nel 2010 e Fabrice Olinga (18 anni e un mese) nel 2014.

L’allenatore più anziano

Per quanto riguarda gli allenatori, il più anziano del 2018 è il ct dell’Uruguay Oscar Tabarez che con i suoi 71 anni si aggiudica la seconda posizione tra i più anziani di sempre. Il primato rimane a Otto Rehhagel.

La squadra più rappresentata ai Mondiali

Con 16 giocatori è il Manchester City che viene eletta la squadra più rappresentata ai Mondiali 2018, seguita dal Real Madrid con 15 giocatori, Barcellona con 14, Chelsea, Paris Saint-Germain e Tottenham Hotspur con 12.

Giocatori con più presenze ai Mondiali

Il maggior numero di presenze in Coppa del Mondo, che equivale a 16, è attribuito a Rafa Marquez e Javier Mascherano.

Subito dopo con 15 presenze troviamo Lionel Messi, seguito da Mesut Ozil (14), Thomas Muller, Manuel Neuer, Sergio Ramos e Cristiano Ronaldo (13).

Giocatori che tornano dopo una lunga assenza

Questo excursus intorno ai numeri di Fifa 2018 si conclude con una curiosità: tra i convocati ci sono due giocatori che tornano a disputare un mondiale dopo ben 12 anni.

Si tratta di Randall Azofeifa (Costarica) e Lukasz Fabianski (Polonia).

È un sogno azzurro che si avvera la vittoria di Marco Cecchinato al Roland Garros contro Novak Djokovic. Non sono né le qualità in campo dell’italiano a stupire e nemmeno il suo ennesimo successo, ma è l’ascesa di questo tennista palermitano che si è fatto strada fra i big e, nel match dei quarti di finale del torneo del grande slam, ha battuto l’ex numero 1 al mondo.

6-3, 7-6, 1-6, 7-6. Questo il punteggio finale di una partita combattuta fino alla fine con l’avversario serbo un po’ sottotono e con qualche dolore al collo. Dopo due set di vantaggio per l’italiano la partita sembrava già conclusa, ma il gioco continua e si fa ancora più avvincente quando Djokovic guadagna il terzo set e rimette tutto in discussione.

Cecchinato non si arrende e al tie break si aggiudica la sua vittoria più importante, che lo porta dritto in semifinale insieme ai 3 più grandi di Parigi.

Il tennista non riesce a trattenere l’emozione a conclusione del match, tra lacrime e parole di grande gioia:

Mi batteva forte il cuore, tutti i match point li avevo giocati bene. Dopo tante chance sprecate iniziavo a crederci meno ma alla fine ho giocato una palla stupenda. Ho iniziato il match convinto di farcela, non avevo niente da perdere. Man mano ci ho creduto, ho tenuto il livello alto tranne che nel terzo set. E’ una vittoria che mi ripaga di tanti sacrifici: palestra, alimentazione, professionalità. Ora la semifinale, è incredibile

E l’Italia esulta insieme a lui per aver riportato il tricolore nuovamente in semifinale, in corsa per il titolo, dopo ben 40 anni. L’ultimo a farcela risale al 1978: si tratta di Corrado Barazzutti, che non riuscì però poi ad andare avanti e perse il match contro Bjorn Borg.

Ma prima ancora c’è stato Adriano Panatta, nel 1976, che a Parigi ha raggiunto non solo la semifinale, ma anche la finale e ha poi conquistato il titolo negli Open di Francia. E proprio lui adesso diventa il primo tifoso di Cecchinato, convinto di poter cedere il testimone all’italiano che ha dimostrato di essere un osso duro:

Mi sembra un ragazzo equilibrato, dovremmo essere felici per quello che ha fatto, ma ogni gara ha la sua storia. Se sono disposto a cedere il mio trono? L’ho ceduto tanti anni fa, poi a me i troni non piacciono, gli auguro tanto fortuna. Se dovesse vincere avrei il vantaggio che nessuno mi chiederebbe più nulla della mia vittoria del 1976. La qualità nel suo tennis Cecchinato evidentemente ce l’aveva già. Poi capita che si trovano momenti favorevoli, scatta qualcosa, si prende fiducia e si capisce che puoi giocartela con tutti e cambi come giocatore. E’ la cosa più bella che possa capitare ad un giocatore, quando capisce di potersela giocare con tutti

La semifinale che attende il palermitano sarà una grande sfida per lui, che dovrà riuscire a battere Dominic Thiem.

Ma Marco Cecchinato è già un vincitore per tutti noi, capace di far rivivere il sogno azzurro dopo anni, senza mai perdere la sua grinta e la voglia di farcela e capace di emozionare con la sua spontaneità.

Ed ora riviviamo insieme alcuni momenti salienti del match e gli ultimi attimi prima della sua impresa storica:

Per la comunità LGBT è cominciato il mese dell’orgoglio. Anche nel mondo calcistico si è deciso di unirsi alla ricorrenza e proclamare a gran voce i colori dell’arcobaleno anche in campo.

Così si è giocata l’amichevole tra l’Irlanda e gli Stati Uniti con un kit completamente nuovo che ha segnato l’aggiunta di una nuova bandiera a colori, per promuovere la diversità. Il match, che si è concluso con la vittoria dell’Irlanda per 2-1, ha fatto parte di un’iniziativa promossa dalla Uefa Equal Game.

La Repubblica d’Irlanda ha voluto anche motivare la sua scelta e lo ha fatto proprio attraverso il canale twitter, dove si legge:

Non solo un numero, questa è una dichiarazione, l’Irlanda, che sostiene i diritti LGBT

E non è la sola. Nel mondo dello sport e dello spettacolo sono in tanti quelli che hanno deciso apertamente di schierarsi con l’associazione a favore e tutela delle differenze culturali legate alle identità di genere.

Il “pride month” esiste proprio per non dimenticare quello che nel 1969 ha scosso l’intera comunità gay e di cui ancora oggi si parla come gli scontri di Stonewell. Da quel 27 giorno, giorno di inizio della rivolta che ha coinvolto gli omosessuali e i poliziotti, è nato il movimento di liberazione gay nel mondo.

La comunità LGBT, per celebrare l’anniversario di quello storico episodio, è stata sostenuta sia dagli Stati Uniti che dall’Irlanda di Martin O’Neill durante l’amichevole giocata il 2 giugno nel campo di Lansdowne Road a Dublino. Le loro maglie, appositamente modificate per l’evento, hanno fatto il giro del mondo, e hanno permesso di catturare l’attenzione su una realtà sempre più diffusa che per molti risulta ancora inaccettabile.

Pian piano emergono anche le testimonianze di alcuni sportivi che, nel passato, hanno dichiarato di non essere concordi con i principi del movimento LGBT e hanno rinunciato a prendere parte al gioco di squadra per non venire meno alle loro idee.

Ma non è stato così per irlandesi e americani che hanno voluto dare in questo modo il loro contributo ai “colori dell’arcobaleno e della diversità”.

Mio figlio è un guerriero!

Queste le prime parole della madre di Paolo Guerrero quando ha appreso la notizia che il figlio potrà partecipare ai Mondiali di Russia 2018.

Doña Peta, la sua prima tifosa, pronta a sostenerlo in qualunque caso, è stata una delle prime a gioire delle notizia giunta inaspettata dal Tribunale Federale della Svizzera. Il capitano del Perù è stato, infatti, graziato e potrà prendere parte alla competizione iridata, per poi scontare i suoi 14 mesi di squalifica per doping subito dopo la conclusione dei mondiali.

È festa in Perù dopo la conferma dell’attendibilità della notizia, che ribalta la sentenza del Tas e permette al giocatore di realizzare il suo più grande sogno.

Il caso Guerrero ha scosso non solo la nazione peruviana, ma anche l’intero mondo calcistico che era concorde nel ritenere ingiusta e troppo severa la decisione di escludere il calciatore dalla sua squadra proprio dopo una qualificazione che arriva dopo 36 anni.

Persino i capitani avversari delle squadre del Girone C, Danimarca, Australia e Francia, avevano espresso la loro opinione in una lettera rivolta proprio alla Fifa per richiedere una sospensione della pena solo in vista dei Mondiali.

Sostenuto da tutti, paese e avversari, Guerrero ha avuto la forza di affrontare questo periodo buio senza mai perdere la speranza e oggi si unisce alla festa in suo onore che lo elegge nuovamente un convocato ufficiale della prossima competizione in Russia.

È anche merito del presidente federale Edwuin Oviedo se finalmente si è data una svolta al suo caso.

El Depredador riaccende le speranze di un paese che non partecipa al Mondiale dal 1982 e, grazie alla presenza del suo capitano in campo, può tornare a sorridere pienamente e cercare il suo momento di gloria.

E per la mamma del calciatore tutta questa vicenda fa parte di un disegno più grande. Dopo aver ringraziato tutti i sostenitori del figlio, da fervente credente non può non ringraziare soprattutto Dio:

Mi congratulo con tutti quelli che hanno aiutato mio figlio. Ho sempre saputo che tutto si sarebbe risolto perché siamo benedetti. Dio ci ha aiutato, ha fatto tutto ciò che credevamo

La sua commozione, palese nelle sue parole espresse in diretta in una rete locale, è l’emblema di una battaglia vinta, che coinvolge non un singolo giocatore e la sua famiglia, ma un intero paese, che si unisce alla felicità di casa Guerrero e attende con ansia di vederlo in campo per la prima sfida del Perù ai Mondiali, che si terrà il 16 giugno alle ore 18.00 contro la Danimarca.

Il triennio che va dal 2018 al 2021 è carico di novità importanti per quanto riguarda la Champions League, l’Europa League e la Supercoppa Europea.

La Uefa, infatti, ha appena reso noti i cambiamenti che entreranno in vigore a partire dalla prossima stagione. Si tratta di 5 punti che riguardano gli orari delle partite, le sostituzioni, i convocabili in finale, le registrazioni dei giocatori e le modalità di accesso alle competizioni.

Orario di inizio dei match

L’orario di inizio dei singoli match subisce una modifica, sia per quanto riguarda la Champions League che l’Europa League. Dagli spareggi alla finale le partite di Champions avranno inizio alle ore 21.00, ma nella fase a gironi, due partite di martedì e due di mercoledì inizieranno alle 18:55. Tutte le partite dell’ultima giornata invece si giocheranno in contemporanea.

Per quanto riguarda l’Europa League, si avranno al solito due turni, uno alle ore 18.55 e un altro alle ore 21.00 fino agli ottavi di finale. Invece, i match di quarti di finale, semifinale e finale saranno tutti alle ore 21.00, salvo cambiamenti decisi dalla Uefa.

Sostituzioni

Viene introdotta la quarta sostituzione. Questo cambiamento vale solo per i match ad eliminazione diretta e deve essere sfruttato nei tempi supplementari, senza avere alcuna influenza sugli altri cambi in campo.

Convocabili in finale

Esclusivamente nella finale, gli allenatori avranno a disposizione ben 23 giocatori invece dei consueti 18. In questo modo si rende più agevole attuare le proprie strategie nella partita più importante, avendo non più solo 7 giocatori in panchina ma addirittura 12.

Questa nuova regola vale sia per la Champions League, che per l’Europa League e la Supercoppa Europea.

Registrazione dei giocatori

Conclusa la fase a gironi, per ogni club è possibile registrare tre nuovi giocatori senza alcuna restrizione, così come avviene già nei campionati nazionali.

Modalità di accesso

Il numero di squadre che possono partecipare alle qualificazioni di Champions League è 26. Tra di esse sono ovviamente comprese le vincitrici in carica sia di Champions che di Europa League.

Le qualificazioni decideranno le sei squadre che prenderanno parte alla fase successiva e chi non riuscirà a superare questo primo step potrà sfruttare la sua seconda chance in Europa League.

Ha fatto scalpore l’assenza di Nainggolan dalla lista dei convocati in nazionale per i prossimi Mondiali di Russia. Il ct del Belgio, infatti, ha preferito lasciarlo a casa, destando non solo le polemiche dei suoi tifosi ma anche l’ira dello stesso giocatore che fatica ancora ad accettare la decisione di Roberto Martinez.

Il centrocampista della Roma non volerà in Russia con i suoi compagni, o almeno non lo farà fisicamente. Sull’aereo che condurrà la nazionale belga verso i Mondiali di calcio 2018 l’immagine di Nainggolan è comunque presente attraverso scene del passato che lo ritraggono esultante con la sua squadra per un gol appena realizzato.

E l’occasione è perfetta per ribadire ancora una volta il suo rammarico per la mancata convocazione e lanciare frecciatine a chi ha deciso di escluderlo. Così, dopo aver visto le immagini dell’aereo dei diavoli rossi, non ha potuto fare a meno di postare sui social delle frasi chiaramente ironiche che dicono:

Indovinate chi ha segnato? Qualcuno dovrà cambiare posto…

Quel “qualcuno”, in questo caso, non è puramente casuale ma mirato proprio al suo ex mister per ricordargli in modo singolare quanto la sua decisione sia stata sbagliata. Nainggolan, che ha deciso di dire addio alla nazionale dopo questo episodio, di sicuro non perderà l’occasione per far sentire ancora la sua voce anche quando la competizione mondiale avrà inizio, perché lui voleva esserci e a modo suo ci sarà. Siamo sicuri che non mancheranno di certo i suoi commenti sarcastici verso l’allenatore della sua ormai ex nazionale.

L’Islanda, nota come terra di ghiaccio, in realtà ha in sé una popolazione molto sentimentale, dove anche rincorrere il proprio idolo in campo rappresenta un gesto di umiltà e rispetto delle proprie passioni.

Un aneddoto che ha fatto il giro il mondo qualche anno fa e che è stato al centro di polemiche, sia nei social che nei rotocalchi, conferma quanto per gli islandesi, fuori o dentro al campo, valori come la lealtà, l’amicizia e la generosità siano alla base di tutto.

La vicenda, che risale al 2016 durante gli Europei di calcio, ha inizio subito dopo la partita tra il Portogallo e l’Islanda, che chiudono il match in pareggio. Ma non è il risultato della partita a destare l’attenzione quanto una scena che si verifica in campo alla fine e che vede protagonisti il calciatore nonché capitano dell’Islanda Aron Gunnarsson e la stella portoghese Cristiano Ronaldo.

Al fischio dell’arbitro che segna la fine del match, il capitano islandese rincorre il suo idolo della squadra avversaria e gli chiede di scambiarsi la maglietta. Ma quello scambio non avvenne affatto, anzi da quel momento cominciarono a girare voci su una presunta frase detta da CR7 che snobbava chiaramente la figura dell’avversario.

Forse per l’atteggiamento di Ronaldo, visibilmente infastidito dal risultato della partita (1-1) o forse perché da più parti si voleva macchiare l’immagine pubblica del calciatore come “presuntuoso e pieno di sé”, ma da allora sono cominciate polemiche su polemiche. A mettere la parola fine alla spiacevole vicenda è stato lo stesso Gunnarsson, che ha voluto dire la sua per smorzare i toni:

È vero che gli ho chiesto la maglia, ma non mi ha risposto chiedendomi chi fossi. Mi ha solo detto che non c’era nessun problema, ma che l’avrebbe scambiata negli spogliatoi

Ma polemiche a parte, ciò che veramente merita di essere valorizzato in questo episodio è quello che avvenne qualche giorno dopo, quando i compagni di squadra fecero al loro capitano un regalo del tutto inaspettato: la maglia di Ronaldo, non originale si intende, ma fatta col cuore da un team che si rispetta a vicenda ed è evidentemente molto unito.

Le foto postate sui social dall’islandese Gylfi Sigurdsson ne sono la testimonianza più evidente:

Questo aneddoto è la dimostrazione che la nazionale islandese è formata da giocatori molto uniti tra loro, che non si limitano a giocare insieme, ma che condividono anche passioni e speranze e si sostengono l’uno con l’altro.

Sentimenti sinceri che fanno la differenza e che li guideranno anche nel percorso verso i Mondiali di Russia 2018, dove presto avrà inizio la loro prima avventura storica nella competizione iridata. Un motivo in più per seguire il loro cammino con il team di Mondiali.it!

In tempi di Mondiali di calcio le attenzioni degli appassionati non sono rivolte esclusivamente in Russia, dove a giugno cominceranno le partite, ma anche a Londra, dove il 31 maggio avrà inizio un’altra competizione mondiale.

Si tratta dei Mondiali di ConIfa, torneo sponsorizzato dall’agenzia di scommesse Paddy Power, che rappresentano l’alter ego dei Mondiali Fifa e sono riservati proprio a tutte quelle squadre che non sono riconosciute ufficialmente dalla Federazione Internazionale di calcio.

Rappresentano delle realtà nazionali a sé che sono state accolte all’interno della Confederation of Independent Football Associations (ConIfa) e ogni due anni si sfidano per il titolo mondiale sin dal 2014.

Detto anche Confederazioni delle nazioni non riconosciute, l’organismo della ConIfa organizza questa Coppa del Mondo alternativa che permette ai club di minoranze, regioni e associazioni calcistiche di stati non affiliati alla Fifa di prendere parte ad un torneo importante.

ConIFA è in fondo un progetto di pace, nato per dare una voce a chi non ce l’ha, a popoli e minoranze che diversamente non hanno a possibilità di affermare il loro senso di identità e appartenenza. Uniamo le bandiere e le portiamo sotto un unico vessillo, quello del calcio. Lo sport è un’occasione di riscatto e ci dà la possibilità di mettere sotto i riflettori e portare all’attenzione del mondo un popolo o l’idea che esso rappresenta. E in più ci divertiamo, il che non guasta

Queste le parole del suo Presidente per spiegare le motivazioni alla base dei Mondiali di Conifa, all’interno dei quali anche l’Italia avrà il suo ruolo attraverso la partecipazione della squadra della Padania.

Padania calcio: un pezzo di Italia ai Mondiali

La Padania calcio, club allenato da Arturo Merlo, si è già fatta notare per le sue performances in campo che le hanno permesso di vincere l’anno scorso il campionato europeo, organizzato sempre dalla ConIfa. Anche quest’anno vuole fare la differenza e regalare il bis sollevando, stavolta, la Coppa del Mondo.

Ecco cosa dice in proposito il presidente Fabio Cerini:

Portare a casa la coppa, nonostante il livello sia notevolmente aumentato in questi anni. La Padania è data tra le favorite visto il titolo europeo conquistato nel 2017, ma non diamo nulla per scontato. L’obiettivo è far crescere la selezione, facendo avvicinare giocatori e brand per essere sempre più competitivi in campo e fuori

E all’interno del team si scorgono volti noti, come quello di Marius Stankevicius, che ha militato in Serie A con Brescia, Sampdoria e Lazio e ora gioca con in Serie D con il Crema. Lui e i suoi compagni appartengono al Girone C insieme alla Terra dei Siculi (Ungheria), Tuvalu (Oceania che sostituisce le isole Kiribati) e gli africani del Matabeleland (Zimbawe).

La Padania partecipa alla rassegna iridata consapevole di essere un avversaria temibile, non solo per il titolo europeo vinto di recente, ma anche perché al momento è seconda nel ranking mondiale ConIfa.

I Paesi partecipanti alla competizione mondiale

Siamo giunti alla terza edizione dell’evento ConIfa che ha eletto vincitore nel 2014 la Contea di Nizza e nel 2016 l’Abcasia, che ha vinto in casa la Coppa del Mondo. L’imminente competizione 2018 è organizzata dal Barawa, che mantiene forti ambizioni al titolo. Le semifinali si giocheranno a Carshalton, mentre le finali saranno a Enfield nello stadio dedicato alla regina Elisabetta II (Queen Elizabeth II Stadium di Enfield).

Oltre alla Padania, ecco chi sono gli altri aspiranti al titolo che dal 31 maggio al 9 giugno si batteranno per diventare campioni del mondo:

Group 1: Barawa, Ellan Vannin, Tamil Eelam, Cascadia
Group 2: Abkhazia, Northern Cyprus, Karpatalya, Tibet
Group 3: Padania, Székely Land, Tuvalu, Matabeleland
Group 4: Panjab, United Koreans in Japan, Western Armenia, Kabylia

Si comincia il 31 maggio e una delle prime squadre ad esordire è proprio la Padania, che alle 15 scenderà in campo contro il Matabeleland nel quartiere londinese di Haringey allo stadio Coles Park. Le sue prossime sfide saranno invece il 2 giugno contro Tuvalu alle 17 e infine contro la Terra dei Siculi (Ungheria) il 3 giugno alle 18.