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Cristina Fontanarosa

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Delusione in Germania, per un esordio mondiale non proprio brillante. Al suo debutto nell’edizione 2018 di Coppa del Mondo la nazionale tedesca non riesce a realizzare le aspettative dei suoi tifosi e perde contro la squadra messicana.

Un risultato inaspettato per tutti, ma niente di cui stupirsi davvero, dato che in passato altre vincitrici, prima di lei, hanno esordito malamente in un Mondiale. La storia ci dice che ben quattro squadre con il titolo di campioni in carica hanno fallito nella loro prima partita del mondiale successivo.

È successo per primi proprio agli azzurri, che nel 1950 sono costretti ad accettare non solo l’amara sconfitta contro la Svezia ma anche l’eliminazione dal girone. L’Italia, che ha fatto sognare tutto il paese nel 1938 , deve quindi lasciare il posto ad altre squadre e mettersi da parte.

Nel 1982 arriva l’Argentina a siglare l’ennesimo flop di una vincitrice ai Mondiali. Reduce dal successo dell’edizione precedente, viene colta alla sprovvista quando la nazionale belga le rifila un secco 0-1 nella partita di esordio. Fu il Mondiale dove l’Italia riuscì a tornare in vetta, dopo ben 44 anni.

E sempre l’Argentina continua a detenere questo triste record anche nel 1990, quando subisce la sconfitta da parte del Camerun nello stadio di San Siro, deludendo le aspettative dei tifosi. Ma non si perse d’animo e continuò il suo percorso arrivando poi addirittura in finale. Motivo in più per la Germania di non restare ferma al risultato fallimentare contro il Messico e andare avanti senza temere nulla.

Nel 2002 è la volta della Francia, che deve piegarsi al Senegal che la batte per 1-0. Un flop per la squadra francese campione del mondo, nonostante i tentativi di rivalsa di Trezeguet e compagni, ma un vero trionfo per l’avversaria, che alla sua prima avventura mondiale si conquista gli applausi del mondo.

Infine, bisogna volgere uno sguardo all’edizione precedente di Coppa del Mondo per ricordare la steccata della Spagna, battuta dagli olandesi nella loro partita inaugurale. E qui la sconfitta si fa più amara perché si parla di una differenza di reti sostanziale. La squadra olandese vince per 5-1, siglando un successo tanto inaspettato quanto incredibile. Tra colpi di testa e rigori, alla fine del match sono Robben e il suo team a festeggiare la disfatta spagnola.

Ma come dimostrano gli annali del calcio non sempre i giochi si fanno nelle prime partite e tutto può ancora succedere in questi Mondiali di Russia 2018. È anche vero che non è detto che la vincitrice riesce poi a bissare il suo successo nell’edizione successiva, ma questa è un’altra storia!

Può un gol far tremare la terra? In Messico Lozano ci è riuscito! E non si tratta di un modo di dire solo per esaltare la rete del calciatore messicano e la gioia dei suoi tifosi, ma è ciò che è veramente successo in occasione della partita Germania contro Messico.

Un giorno che nessuna delle due squadre dimenticherà facilmente: i tedeschi per una disfatta inaspettata e i messicani per una vittoria che ha scosso un intero paese, e stavolta in tutti i sensi.

Un solo gol, ma decisivo ai fini del risultato finale, che ha visto il Messico battere i campioni in carica e aggiudicarsi la partita di esordio ai Mondiali di Russia 2018. Ma è proprio durante questo gol che succede l’imprevisto a Città del Messico: i sismologi registrano una scossa di terremoto di magnitudo IV della scala Mercalli.

Si è trattato di una scossa lieve e non si è registrato alcun danno o paura per la popolazione, presa dai festeggiamenti per la rete di Lozano. Anzi, il sisma è stato poi definito “artificiale”: pare che si sia formato proprio in seguito all’esultanza e ai salti di gioia dei tifosi messicani.

Per il Messico vincere contro la Germania era un sogno ed è era impossibile per i suoi tifosi riuscire a contenere una gioia che è esplosa a tal punto da far tremare la terra. Davvero un gran bell’inizio per il popolo messicano, capace di scuotere non solo gli animi dei suoi abitanti con un tifo incondizionato, ma anche di provocare un vero terremoto mondiale, sia sul campo che fuori.

Alla sua partita d’esordio in questo Mondiale di Russia 2018, Ronaldo è già da record. Nella partita Portogallo contro Spagna, ha messo la sua firma per ben tre volte, guadagnandosi il primato di quarto giocatore nella storia in grado di segnare in quattro mondiali consecutivi.

La sua tripletta, infatti, lo porta ad eguagliare il grande Pelè, ricordato come marcatore del suo Brasile nelle partite mondiali del 1958, 1962,1966 e 1970.

Ma questo grande risultato storico coinvolge anche altri 2 celebri goleador che hanno reso grandi i Mondiali a cui hanno preso parte.

Si tratta di Uwe Seeler, nazionale tedesca, che ha segnato nelle edizioni di Coppa del mondo del 1958, 1962,1966 e 1970, e Miroslav Klose, che ha lasciato il segno a partire dal 2002, per poi continuare nel 2006, 2010 e 2014. Insieme alla Germania è diventato anche campione del mondo nell’ultimo Mondiale.

Cristiano Ronaldo, dopo una grande stagione che lo ha visto di recente anche trionfare con il Real Madrid nella Champions League, ha finalmente sfatato quel triste mito che lo vedeva segnare poco nelle partite mondiali e ancora meno contro gli spagnoli.

Per lui i Mondiali da gol sono quelli di Germania 2006, Sudafrica 2010, Brasile 2014 e adesso si aggiunge Russia 2018.

Ma c’è anche un altro record che si aggiudica il noto Cr7: pare sia il giocatore più anziano a segnare una tripletta in un Mondiale. All’età di 33 anni e 130 giorni conquista anche questo primato.

E non è finita: con la sua 51esima tripletta di carriera e le 84 reti con la nazionale, raggiunge il bomber Ferenc Puskas, dell’Ungheria, e rimane a 25 gol di differenza dal primo di questa speciale classifica dei goleador nazionali, l’iraniano Ali Daei.

Insomma, un fuoriclasse che per molti è ormai entrato nella leggenda ed è destinato ancora a far parlare di sé, anche in questi Mondiali di calcio 2018.

Anche perché sembra sia riuscito a far fallire il tentativo dell’Adidas di disinnescare i calci di punizione ad effetto con il suo nuovo pallone Telstar 18, progettato direttamente per il mondiale di Russia. L’idea era di agevolare i portieri a parare quei tiri con una traiettoria difficile, proprio come quelle a cui ci ha abituato il calciatore portoghese. Ma la prova sul campo non è esattamente andata come si aspettava l’Adidas e Ronaldo, con le sue punizioni a effetto, fa ancora paura ai suoi avversari.

Segnare un gol ai Mondiali di calcio è già un grande risultato, ma segnarne addirittura tre innalza il giocatore ad un livello superiore che lo fa entrare nella storia. Volgendo uno sguardo al passato, infatti, nel corso delle competizioni mondiali si è assistito solo alla realizzazione di 50 triplette.

Che poi la tripletta nasce con il cricket e il termine viene utilizzato anche in altri sport, soprattutto nell’hockey: una bizzarra consuetudine, per esempio, vede gli spettatori lanciare il proprio cappello sulla pista di gioco quando un giocatore mette a segno tre reti.
Perché il cappello? Già perché nel gergo soprattutto anglosassone, tripletta viene anche chiamata “hat trick”, letteralmente “trucco del cappello”, ovvero il gioco di prestigio di un mago quando dal loro cilindro fanno apparire un coniglio o una colomba.

E a chi spetta il primato di essere (al momento) l’unico calciatore a realizzare una tripletta in due Mondiali diversi? Il nome che salta fuori è quello di Gabriel Omara Batistuta, il centravanti argentino ed ex di Fiorentina, Roman e Inter che conquista un posto d’onore fra i migliori giocatori di sempre.

Batistuta ha segnato la sua prima tripletta proprio alla sua prima partita d’esordio in un Mondiale con la maglia della nazionale. Siamo nel 1994 negli Stati Uniti e l’Argentina sta giocando contro la Grecia. Noi qui in Italia ricordiamo quel mondiale con orgoglio ma anche con amarezza, perché la nazionale azzurra ha sfiorato il titolo in finale contro il Brasile, che poi ha vinto ai rigori per 3-2.

Ma per Batistuta sono stati l’inizio di una brillante carriera in nazionale che gli ha fatto realizzare questa tripletta storica, seguita quattro anni dopo dalla sua seconda tripletta, stavolta in Francia contro la Giamaica.

Per il grande giocatore un altro importante riconoscimento: avere raggiunto tre goleador del passato per aver fatto due triplette a un mondiale: si parla di Sándor Kocsis, calciatore ungherese, secondo marcatore di tutti i tempi della propria nazionale, Just Fontaine, attaccante francese famoso per essere l’unico ad aver fatto più reti in una sola edizione dei Mondiali (1958), e Gerd Müller, secondo miglior goleador della nazionale tedesca dopo Miroslav Klose.

Qui i suoi gol ai Mondiali 

Batistuta è stato il giocatore di punta della nazionale argentina per moltissimo tempo, superando anche Diego Armando Maradona per numero di reti. Un primato che ha mantenuto fino al 2016, quando un altro argentino ha preso il suo posto. Si tratta di Lionel Messi, che proprio di recente ha infranto un altro record.

E così, scherzosamente, Batistuta ha commentato il “sorpasso” di Messi:

Il primato di miglior goleador dell’Argentina era nel mio cuore, sapevo che Lionel lo avrebbe battuto, solo che lo ha fatto troppo presto

La maglia argentina gli ha regalato non poche soddisfazioni, con 56 reti realizzate in 78 presenze. Ed è a lui che si deve il merito del titolo vinto dall’Argentina nella Coppa America del 1993, con uno dei suoi gol realizzati nella finale.

Bati-gol oggi ha ormai abbandonato l’azione in campo per motivi di salute, ma non nasconde di avere dato tutto a questo sport che è stato parte della sua vita e che gli ha permesso di entrare nella storia, non solo come miglior giocatore ma anche come il primo e unico, per ora, a portarsi il pallone a casa in due Mondiali differenti. Un risultato che possono festeggiare solo in pochi!

L’Islanda del calcio, famosa per il suo geyser sound, è una squadra fortemente patriottica, legata indissolubilmente al suo paese e al suo inno.

L’inno nazionale islandese si chiama Lofsöngur ed è un canto di preghiera, conosciuto anche con il nome di Ó Guð Vors Lands, O Dio della nostra terra.

Le sue origini risalgono al 1874, in occasione della commemorazione del millennio dell’insediamento islandese. Nato come simbolo dell’autonomia diventa presto un’ode patriottica.

Il testo, tratto dal Salmo 90, è stato scritto dal reverendo Matthías Jochumsson (1835-1920), poeta islandese molto amato dai suoi connazionali. La musica, invece, è stata composta da Sveinbjörn Sveinbjörnsson (1847-1926), il primo compositore islandese ad avere successo nel campo della musica.

E proprio in Scozia, nella città di Edimburgo dove soggiornava il compositore, prendono vita le note di questo canto di preghiera che viene ricordato con la targa commemorativa proprio presso la casa di Sveinbjörnsson.

Originariamente rappresentava solo un inno locale, data la parziale autonomia concessa dai danesi, ma quando l’Islanda raggiunse la piena indipendenza divenne a tutti gli effetti l’inno nazionale ufficiale.

La particolarità di questo canto è che nonostante sia composto di tre parti, soltanto la prima viene veramente cantata.

Ecco il testo completo in lingua originale, seguito dalla traduzione della parte realmente cantata:

Testo originale

Ó, guð vors lands! Ó, lands vors guð!
Vér lofum þitt heilaga, heilaga nafn!
Úr sólkerfum himnanna hnýta þér krans
þínir herskarar, tímanna safn.
Fyrir þér er einn dagur sem þúsund ár
og þúsund ár dagur, ei meir:
eitt eilífðar smáblóm með titrandi tár,
sem tilbiður guð sinn og deyr.
Íslands þúsund ár!
Íslands þúsund ár!
eitt eilífðar smáblóm með titrandi tár,
sem tilbiður guð sinn og deyr.

Ó, guð, ó, guð! Vér föllum fram
og fórnum þér brennandi, brennandi sál,
guð faðir, vor drottinn frá kyni til kyns,
og vér kvökum vort helgasta mál.
Vér kvökum og þökkum í þúsund ár,
því þú ert vort einasta skjól.
Vér kvökum og þökkum með titrandi tár,
því þú tilbjóst vort forlagahjól.
Íslands þúsund ár,
voru morgunsins húmköldu, hrynjandi tár,
sem hitna við skínandi sól.

Ó, guð vors lands! Ó, lands vors guð!
Vér lifum sem blaktandi, blaktandi strá.,
Vér deyjum, ef þú ert ei ljós það og líf,
sem að lyftir oss duftinu frá.
Ó, vert þú hvern morgun vort ljúfasta líf,
vor leiðtogi í daganna þraut
og á kvöldin vor himneska hvíld og vor hlíf
og vor hertogi á þjóðlífsins braut.
Íslands þúsund ár,
verði gróandi þjóðlíf með þverrandi tár,
sem þroskast á guðsríkis braut.

Traduzione

O Dio della nostra terra! O terra della nostra Dio!
Noi adoriamo il Tuo nome nella sua sublime bellezza.
I soli dei cieli sono posti sulla Sua corona
dalle legioni, che sono le età del tempo.
Con Te ogni giorno è come mille anni,
mille anni, non più d’un giorno:
fiore dell’eternità, che con il suo omaggio di lacrime
con delicatezza muore.
I mille anni dell’Islanda!
I mille anni dell’islanda!
Fiore dell’eternità, che con il suo omaggio di lacrime
con delicatezza muore.

E per quanti non l’hanno mai ascoltato ecco la melodia del Lofsöngur, che a giorni sentiremo cantare dai giocatori della nazionale islandese ai Mondiali di calcio in Russia:

Le partite di calcio oggi sono fortemente caratterizzate dalla presenza dei cartellini, gialli e rossi, che decidono la sorte del giocatore in campo. Ma vi siete mai chiesti come sono nati questi decisivi alleati dell’arbitro?

La loro origine risale al 1970, all’interno proprio di un campionato mondiale. La competizione, nota anche con il nome di Coppa del mondo Jules Rimet del 1970 o Mexico ’70, è stata infatti la prima ad introdurre diverse novità in campo, tra cui quella dei cartellini.

Per la prima volta fece la sua apparizione il pallone bianco e nero firmato Adidas Telstar, formato da 12 pentagoni neri e 20 esagoni bianchi. Andava a sostituire il vecchio pallone di cuoi scuro che si era usato fino a quel momento.
Quel mondiale fu anche il primo ad essere visto nella televisione a colori, grande innovazione di quel tempo, che ha permesso di far seguire le partite anche ad altri stati grazie all’uso del satellite. Ma non è ancora finita: I campionati mondiali del 1970 introdussero anche due sostituzioni a partita.

Ed ecco che in mezzo a tutte questi cambiamenti proiettati nel futuro si assiste anche alla nascita del cartellino giallo per ammonire il giocatore e di quello rosso per la sua espulsione. Un’introduzione, però, che non ebbe la possibilità di essere messa in pratica in quell’occasione!

Nel 1970, infatti, l’arbitro esibì solo cartellini gialli e si dovette aspettare ben 4 anni prima di vederli entrambi pienamente in azione. Il primo giocatore che ricevette il temuto cartellino rosso, dopo averne ricevuti due gialli, fu Carlos Caszely, in squadra con il Cile, nella partita contro la Germania Ovest. La motivazione dell’arbitro fu quella di aver abbattuto Berti Vogts, il malcapitato avversario. 

Ma perché si sentì l’esigenza di introdurre i cartellini? Scopriamo la loro storia andando ancora più indietro nel tempo, al 1966.

Allora, durante le partite, l’arbitro ammoniva verbalmente i giocatori fallosi in campo, ma durante il match fra Inghilterra e Argentina accadde che il giocatore espulso, il capitano albiceleste Rattin, si rifiutò di uscire e continuò a giocare per almeno una decina di minuti ancora. Questa presa di posizione, però, non fu apprezzata dall’arbitro in campo, Kreitlein, e neanche da Ken Aston, ex arbitro inglese diventato responsabile degli arbitri Fifa.  Decise in quel momento di dovere trovare una soluzione al problema per le prossime partite. Così da un’idea nata mentre aspettava al semaforo, nacquero i cartellini gialli e rossi.

Era necessario un gesto preciso che imponesse la volontà dell’arbitro in modo deciso e fosse rispettata da ogni giocatore: cosa meglio di cartellini colorati ben visibili da tutti? Nacquero così il giallo come avvertimento e il rosso come punizione esemplare per comportamenti scorretti durante il gioco.

Non tutti, però, si adattarono pienamente al cambiamento e per ben 5 anni, a partire dal 1971, fu la Spagna a uscire dall’ordinario e presentare i cartellini in campo con una sostanziale differenza di colore, il bianco al posto del giallo. Secondo la ricostruzione del blog sportivo Calcio Romantico il motivo di questa scelta singolare è spiegato dalla rivista cihefe che riporta come segue: “l’assenza delle furie rosse dal Mondiale del ’70 e la sua conseguente fruizione, anche da parte dei dirigenti federali, attraverso la TV a bianco e nero pare abbiano portato a questa differenziazione cromatica“.

Qualunque sia la motivazione, assume un’importanza significativa la data del 24 gennaio 1971, in cui nel match tra Espanyol e Sporting Gijon arriva per la prima volta il cartellino bianco, esclusiva del calcio spagnolo. Il giocatore ammonito fu Enrique Castro ‘Quini’ e l’arbitro precursore di questa novità fu Balaguer Garcia.

Rimasero nella storia calcistica degli spagnoli come i primi ad aver “cambiato le nuove regole”, che però nella stagione 1976/77 dovettero mettere per sempre da parte per uniformarsi alla maggioranza e cominciare a usare anche loro il giallo insieme al cartellino rosso.

Da allora i due cartellini divennero parte integrante delle partite di calcio ed entrarono a far parte anche del linguaggio comune, come monito per quelli che non si comportano come dovrebbero. Un esempio di come le regole del calcio spesso le ritroviamo anche nella vita quotidiana…

Paradossale quanto ingiusto è quello che è successo alla nazionale iraniana poco prima di iniziare la sua quinta partecipazione al mondiale.

Invece di dedicarsi esclusivamente alla preparazione e agli allenamenti per il grande evento ormai prossimo, i giocatori di Carlos Queiroz sono stati costretti a recarsi in un negozio sportivo per comprare gli scarpini.

E inevitabilmente è la politica che influenza la dinamica degli eventi anche quando l’attenzione dovrebbe essere riservata soltanto al gioco e allo sport che i Mondiali vogliono offrire.

Trump contro il medio-oriente, Usa contro Teheran: la diatriba coinvolge anche la Nike, sponsor ufficiale della squadra, costretta a sospendere la fornitura delle calzature ai calciatori iraniani.

Le sanzioni decise dal governo Usa comportano che la Nike, in quanto azienda statunitense, non possa fornire in questo momento le scarpe ai giocatori della nazionale iraniana

Questo è quanto dice il comunicato dell’azienda sportiva per giustificare la sua decisione, che vale solo per le partite che la squadra gioca all’estero. Nulla vieta però ai diretti interessati di acquistare scarpe col noto marchio.

Ma resta comunque il disagio di doversi procurare l’attrezzatura poco prima di debuttare in campo e l’amarezza per un comportamento ingiusto che poteva essere evitato alla vigilia della competizione mondiale.

L’ira e la rabbia del ct iraniano è palese nelle sue parole di accusa:

Decisione ingiusta e dovrebbero scusarsi perché questa condotta arrogante contro 23 ragazzi è assolutamente ridicola e inutile. I giocatori si abituano al loro equipaggiamento sportivo e non è giusto cambiarlo una settimana prima di partite così importanti

Fortunatamente il problema non sussiste per le divise da gioco che, essendo fornite dall’azienda tedesca Adidas, non devono sottostare ad alcun tipo di restrizione.

Per la prima volta, anche nel calcio, gli iraniani devono fare i conti con la politica a causa di un embargo del presidente americano che mina la serenità della squadra e la mette in difficoltà, negandole quei privilegi che altri team possiedono, come la scarpa su misura, modelli diversi a seconda del campo e un cambio da usare dopo l’intervallo.

Accorato e giustificato, quindi, l’appello di Queiroz:

Siamo solo manager e calciatori, e non dovremmo essere coinvolti in queste questioni, stiamo chiedendo alla Fifa di aiutarci

Ma il debutto è ormai agli sgoccioli: l’Iran, con o senza l’aiuto della Fifa, scenderà in campo contro il Marocco venerdì 15 giugno alle ore 17.00.

È un’idea della Fifa e serve a ravvivare l’interesse e la partecipazione dei tifosi di tutto il mondo per i Mondiali di Russia 2018. Ecco Fifa Bracket Challenge: si tratta di un vero e proprio torneo online che permette a ciascuno di pronosticare l’andamento dei gironi, le squadre qualificate per poi passare agli ottavi, i quarti e le fasi finali della competizione.

Un gioco assolutamente gratuito e divertente che mette alla prova l’abilità di ogni appassionato e permette di mettere a confronto previsioni diverse in sfide che coinvolgono anche gli amici.

Ma non è finita qua: la Fifa ha reso ancora più interessante questa sua mini-gara perché l’ha arricchita di premi per chi riuscirà a fornire le indicazioni più precise.

Infatti, il gioco consiste nell’indovinare l’esatto andamento delle squadre e accumulare punti che al termine dei Mondiali decreteranno i vincitori.

Ma cosa si vince?

Pare che il primo premio sia proprio una vacanza! Il vincitore partirà per Madrid, con tanto di volo, soggiorno e la possibilità di partecipare ad una partita della Liga e conoscere i giocatori.

Ma anche per gli altri quattro che rientrano nella top five ci sono premi legati al calcio di tutto rispetto. Si parla di oggetti e foto firmati direttamente dai big del calcio come Cristiano Ronaldo, Marcelo, Sergio Ramos e Tony Kroos.

Queste modalità valgono per quanti hanno già aderito al gioco prima della scadenza fissata poco prima dell’inizio dei mondiali. Ma per tutti gli altri c’è My Knockout Bracket, il mini torneo riservato alla fase finale della competizione. In questo caso non saranno assegnati punti, ma sono comunque previsti dei premi a sorteggio. I fortunati vincitori riceveranno fotografie firmate direttamente da Gabriel Batistuta, David Trezeguet e Antoine Griezmann.

Tra una partita e l’altra è quindi possibile anche divertirsi con gli amici, fare previsioni e vincere premi, creando il proprio campionato personale e mettendo la propria firma in questa nuova avventura mondiale che per un mese circa terrà incollati al televisore milioni e milioni di tifosi.

Se vinciamo realizziamo il sogno di tutti

Erano queste le parole del ct Milena Bertolini poco prima del match decisivo della sua nazionale azzurra contro il Portogallo.

E il sogno adesso è diventato realtà, regalando all’Italia del calcio al femminile la sua grande rivincita dopo ben 20 anni di mancata qualificazione.

È tempo per il nostro paese di smettere di rimpiangere gli azzurri ai Mondiali di Russia 2018 e concentrarsi invece sulla grande vittoria ottenuta dal calcio in rosa. Le ragazze hanno saputo realizzare un’impresa come non succedeva dal 1999 e nei Mondiali di Francia del 2019 lotteranno per conquistare la Coppa del Mondo.

Un risultato eccezionale, ottenuto grazie al 3-0 contro la nazionale portoghese della partita giocata giorno 8 giugno. Determinazione, grinta e voglia di farcela ad ogni costo hanno guidato per tutto il tempo le nostre ragazze che sono esplose nella festa finale a conclusione del match.

Noi abbiamo cercato più che altro di sfruttare le nostre qualità, essere aggressive, cercare di fare la partita. Più trovi una squadra tecnica e rapida, più devi essere aggressivo. Ma stasera c’era anche questa ferocia, che ti deriva dall’anima, perché sai che questa è “la partita”. E questo è sicuramente un fatto positivo

Queste le parole del commissario tecnico dell’Italia, che non ha mai smesso di incitare la squadra a lottare.

Ora è il momento di festeggiare, perché per la nazionale azzurra femminile è un traguardo storico aver raggiunto questa qualificazione, la terza nella storia, sin dalla sua nascita che risale al 1968. Ma nella gioia generale, allenatrice e giocatrici ci tengono a sottolineare che la loro non è una rivalsa contro la squadra maschile e il suo flop in Russia:

Non è una rivincita. Il fatto che la Nazionale maschile non sia andata ai Mondiali è una sconfitta, per tutto il movimento, per noi però c’è solo orgoglio. Questa Nazionale che va ai Mondiali dà soddisfazione a tutti gli addetti ai lavori del calcio femminile, dai miei colleghi ai dirigenti e ai club

Puntare i riflettori su Sara Gama e la sua squadra è dunque inevitabile, come affidare a loro il sogno di vincere quel mondiale mancato e regalare alle donne del calcio l’attenzione che meritano per i loro sforzi e i loro sacrifici come rappresentanti dell’Italia.

Un’Italia leggendaria riscrive la storia a Manila. Stavolta tocca alle donne farsi strada tra i big e conquistarsi un meritatissimo posto in vetta al mondo del basket.

Le nostre azzurre, infatti, hanno vinto la Fiba 3×3 World Cup 2018 battendo squadre fortissime come la Cina, gli Stati Uniti e infine la Russia, campione in carica.

Si tratta di una disciplina nuova che deriva dal basket, ma ha le sue regole e qualche differenza sostanziale. Le origini del basket 3×3 risalgono agli anni ’80 ma solo dal 2007 è diventata ufficialmente uno sport riconosciuto con tanto di Mondiali, Europei e World Tour. Oggi la sua importanza è cresciuta in modo esponenziale e la vedremo presto anche nelle prossime Olimpiadi a Pechino nel 2020.

La sua particolarità riguarda il numero di giocatori, che è ridotto a 3 con la possibilità di un cambio e il fatto di giocare con un solo canestro nella metà di campo.

Protagoniste assolute di questo mondiale giunto al termine sono le italiane Marcella Filippi, Rae Lin D’Alie, Giulia Ciavarella e Giulia Rulli, guidate dalla loro allenatrice Angela Adamoli. Le ragazze, elette neo campionesse del mondo, dopo un percorso eccezionale ai quarti di finale e alle semifinali sono giunte alla fine della corsa a lottare per il titolo contro il paese campione in carica, la Russia, e batterlo per 16-12 è stata una soddisfazione storica.

È un sogno che si è avverato. Le ragazze saranno le prime per il basket a ricevere il Collare d’Oro del Coni, la massima onorificenza dello sport italiano, c’è gioia, c’è soddisfazione. Sono state bravissime. Hanno battuto nazionali come Usa, Cina, Russia che sono le colonne della pallacanestro. Hanno sicuramente meritato il titolo

Ecco a caldo le parole del presidente Fip Giovanni Petrucci, orgoglioso della sua squadra che riceverà anche questa onorificenza davvero prestigiosa.

Altrettanto soddisfatta l’allenatrice delle azzurre mondiali, che data la stima e il rispetto per ognuna di loro, non può che commentare con parole di elogio il lavoro svolto:

È una squadra che si è formata quest’anno e che si è conosciuta giorno dopo con tanto impegno e abnegazione. Abbiamo saputo reagire nei momenti di crisi. Rae è il nostro motorino, Ciavarella e Rulli sembrava che giocassero da sempre a 3×3 mentre erano all’esordio, e Marcella Filippi, la nostra capitana, è stata eccezionale e ci ha portati in finale con i tiri liberi decisivi contro la Cina. Brave tutte

La squadra azzurra femminile si gode il successo conquistato ai Mondiali femminili di Manila, ma si guarda già oltre, verso la prossima competizione olimpica e c’è chi dice che il prossimo obiettivo è già stato fissato. Che sia l’oro olimpico? La grinta e le qualità sul campo non mancano (e nemmeno le ambizioni!) e c’è da credere che le nostre azzurre faranno ancora parlare di sé in questa nuova disciplina sportiva che sta prendendo piede sempre di più, quasi quanto il basket tradizionale.